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O DE II.

A C. SALLUSTIO CRISPO.

Caisro, avverso a metal , cui serbi chiuso

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RISPO

a ,
L'avara terra , non d'alcun colore
Fulge l'argento, se da provid' uso

Non trae splendore.
Chiaro per cor verso i german paterno
Vivrà lung'anni Proculéo : su l' ale
Suo nome agiterà con volo eterno

Fama immortale.
Dómando l'alma ebra d'avare immagini ,
Più regnerai , che unendo a l'afro suolo
I Gadi estremi, e se le due Cartagini

Servan te solo.
Gonfia indulgendo a sè crudel, e asseta
L'idrope ognor , se da la vizza pelle
L'umor pigro, e dal sangue la segreta

Cagion non svelle.
Virtute esclude da lo stuol felice
Fraate, che di Ciro il tron risalse :
Distà dal vulgo, e al popolo disdice

Voci usar false; Sol concedendo il meritato lauro Securo il regno e 'l serto ad uom , che puote Fissar su' mucchi torreggianti d'auro

Pupille immote.

ODE III.

AD Q. DE LLIV M.

Agora

EQVAM memento rebus in arduis Servare mentem , non secus in bonis Ab insolenti temperatam

Laetitia , moriture Delli ;

Seu maestus omni tempore vixeris
Seu te in remoto gramine per dies
Festos reclinatum bearis

Interiore nota Falerni ;

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Qua pinus ingens , albaque populus
Vmbram hospitalem consociare amart
Ramis, et obliquo laborat

Lympha fugax trepidare rivo:

Huc vina, et unguenta , et nimium brevis Flores amoenos ferre iube rosae,

et aetas , et sororum Fila trium patiuntur atro.

Dum res,

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Cedes coemptis saltibus , et domo
Villaque , flavus quam Tiberis lavit :
Cedes ; et extructis in altum

Divitiis potietur heres.

ODB III.

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A Q. DE LLI O.
Ne

E l' uman corso imperturbabil alma ,
O Dellio a morir nato, ognor sovvienti
Serbar costante

o sia tempesta , o calma: O tutti gli anni a te scorran dolenti

O chino il fianco su l' erboso prato ,

Lontano da l' accorger de le genti , Ne' di festivi fàcciati beato

Il buon falerno, e che tel rechin brami

Del più antico millesimo segnato , Dove a l'amica ombra ospital ti chiami

Pioppo albeggiante , e smisurato pino ,

Tetto facendo d'intrecciati rami, E la fuggevol onda un cristallino

Ruscel diffonde , e mormora e s' affretta

Obliqua gorgogliando in suo cammino. Sinchè tempo, e fortuna tel permetta

E ancor la terza de le tristi suore

L'adunca force a l'atro fil non metta Di amene rose il troppo fragil fiore

Fa recar ivi, e'l cecubo , ed il chio,

E 'l grato de' Sabei liquido odore. Addio selye , che aggiunsi al poder mio,

Innaffiato dal Tebro, con languente

Voce alfin dir dovrai , magione addio. E come veltro , che la preda addente , L'erede a 1

oro

che da te si abbica, Stenderà l'ayid' uoghia impaziente.

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2

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Divesne, prisco natus ab Inacho, Nil interest , an pauper , et infima De gente sub dio moreris ,

Victima nil miserantis Orci.

Omnes eodem cogimur : omnium
Versatur urna serius ocius
Sors exitura , et nos in aeternum

Exsilium impositura cymbae.

O ricco yanti di tua stirpe antica
Inaco autor

o i giorni miserabile Trai , di vil sangue nato, a l'aria aprica , Se' vittima a Plutone inesorabile.

Tutti spigne tal forza ad egual mcta ,

Che a pugnar seco è mortal forza inabile. Tutte da la grand' urna irrequieta

Le sorti estrae, qual pria, qual poi, la Parca,

E da quel lido , ove tornar ne vieta , Indi cincalza entro la stigia barca.

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