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anche per gli Anglo-Sassoni, pei Longobardi, pei Goti, e più in su affermasi da Tacito per tutti quanti i prischi Germani.

« Questa brevemente la tesi, intorno alla quale il Rajna esercita uno spirito fine e metodico, già splendidamente provato in altre indagini di tal maniera. Espositore lucidissimo e attraente, egli maneggia un'erudizione copiosa ed eletta con grande sagacia e con giusta cautela, fecondando sempre e correggendo l'opera altrui e sempre aggiungendoci la creazione sua propria.

«Per quanto è della distribuzione dei prodotti epici della Francia secondo ragion territoriale, l'autore confessa che l'età dalle origini, o delle prime manifestazioni, lo lascia assai dubbioso; ma per le successive, gli appar chiaro che la Gallia va tripartita, anche per questa ragione, in Francia vera e propria, Aquitania e Burgundia, e che il dominio dell'epopea sia costituito dalla Francia e dalla Borgogna, cioè dai paesi, che, anche nell' ordine etnologico e dialettale, vanno più strettamente tra di loro congiunti. In altri termini, francese e franco-provenzale starebbero in antitesi col provenzale anche nell'ordine delle origini poetiche. Per quanto è poi dell'età dei canti a noi pervenuti, le chansons de geste paiono bensì formare un solo ciclo, il carolingio; ma gli è che la gran figura di Carlomagno è un centro assorbente, e le narrazioni poetiche non s'accontentano di arricchire il figliuolo di Pipino il Breve con le spoglie del figliuolo di Pipino d'Heristal, ma intesse anche di fila merovingie la splendida veste del carolingio ch'essa idolatra. Il nostro autore ficca uno sguardo acutissimo in codeste tradizioni poetiche, spettanti alla prima razza, che vengono attratte dalla grandezza dell'eroe della seconda. Son queste altrettante parti dell'epopea merovingia; alle quali più oltre ne aggiunge il molto suo acume. Così le Gesta Regum Francorum ci danno una guerra romanzesca di Clotario II e Dagoberto contro i Sassoni, la quale affatto s'ignora dalla storia, e altro veramente non può essere se non una materia storico-epica delle imprese di Clotario I, trasportata al II. La storia di Fiovo e quella di Fioravante o meglio di Fiovante, si risolvono in una storia sola; tra Floovent e Chlodovech è dimostrata un'identità assoluta; e pur questo poema ci riconduce al primo periodo della conquista franca. Ma la pretesa storia di Childerico I si risolverebbe essa medesima in un poema. Sempre però poesia che si radica nella storia; perchè l'epopea, qui non meno che altrove, resulti essenzialmente storica e umana, come l'autore espone molto egregiamente in una introduzione premessa a questo suo lavoro, la quale flagella in giusto modo i mitomani ed è la più splendida parte del libro.

« Ma i giudici troppo severi potranno trovare, che questa bella introduzione si chiuda come in tronco. Nè parrà loro prudente, che quando il Rajna vede poesia e non più storia in ciò che dagli storici si ripete intorno al primo Clodoveo, non pensi ad attutire l'obbiezione che gli sorge contro pel fatto dell'aver Gregorio di Tours potuto parlare egli medesimo con dei contemporanei di Clodoveo. È egli probabile o possibile, gli diranno, che la leggenda o anzi il poema di Clodoveo già potesse, a così breve distanza, nasconder la storia vera a un uomo tanto capace di trovarla? Nè troverà facilmente il nostro autore chi gli consenta nell'identificazione di Cariberto con Gisberto. E potrà parer debole il capitolo « sul verso epico »; debole e

prolisso quello sulle « Cantilene »; e stentato un po' (non solo per la forma, che è alquanto trasandata in molti luoghi) l'altro capitolo che s'intitola da Flovent e Floovent. Si sente, in generale, che è un libro, il quale non ancora ci dà tutto quanto può l'autore. Ma, così com'è, si può dirlo asseveratamente un libro che molto onori la scuola italiana; e la Commissione, a voti unanimi, gli ha assegnato il primo posto nella serie complessiva dei quattordici lavori venuti alla prova.

<< Spetta dunque, secondo la vostra Commissione, e a parlare ormai anche per via di nomni proprî, il primo posto al Rajna, il secondo al Brofferio e il terzo al Caix, salvo un voto solo, che fa secondo il Caix e terzo il Brofferio. Tradotta in cifre questa sentenza, avrebbe voluto dire, che la metà del premio fosse conferita al Rajna, e dell'altra si facessero due diverse parti pei due che proxime accesserant. E tale è stata in effetto la proposta, con la quale la Commissione s'è primamente presentata dinanzi al Corpo accademico.

<< Ben sentiva essa però le varie difficoltà che il Corpo accademico avrebbe potuto muovere contro la proposta di una ripartizione del premio la quale non dipendesse dal fatto dell'aver due concorrenti ugualmente meritato il premio intero. Ma ragioni particolari la indussero a insistere, perchè in questo caso si stabilisse come una concorrenza tra i numeri 2 e 3, considerati nel loro merito complessivo, dall'una parte, e il numero 1 dall'altra, che appunto venivano ad essere due quantità di merito le quali si bilanciavan tra di loro e potevano dirsi tutte e due abbastanza meritevoli del premio intiero.

« Le ragioni particolari, messe innanzi dalla Commissione, non bastarono però a convincere il Corpo accademico dell'opportunità o pur della legalità di una tal ripartizione; e la Commissione altro più non poteva se non proporre il num. 1 per l'intiero premio, come avrebbe sicuramente fatto sin dalle prime, se il num. 2 e il num. 3 non fossero stati nel concorso.

Propone essa perciò definitivamente: che il premio del Re per la Filologia e Linguistica sia conferito a Pio Rajna, per le Origini dell'epopea francese; e si decretino inoltre un primo accessit a Angelo Brofferio, per la Psicomitologia, e un secondo accessit a Napoleone Caix, per le Origini della lingua poetica italiana.

«Ma intanto è stato inevitabile che la Commissione presentasse, una dopo l'altra, due conclusioni diverse, e questo non potè avvenire senza che molti ragionamenti s'incrociassero e ne sorgessero dei dubbî circa il grado di soddisfazione in cui l'esito di questa prova ci dovesse lasciare. Ora alla Commissione importa e par giusto di mostrare, conchiudendo, che per lei è ben alto questo grado, poichè essa non solo ha la coscienza che il premio si possa molto giustamente conferire, ma vede ancora, nel complesso della prova, argomenti generali di soddisfazione assai viva. Noi vi avemmo, in effetto, sei lavori, che meritarono, in diverso grado, una lode cospicua, e tre, che tutti e tre son degni di premio, se tutti pur nol sono di questo nostro premio eccezionale. Non è poco di certo, chi consideri in quanto tribolate condizioni la filologia in generale, e la storica in ispecie, si trovassero, or non è molto, in Italia. Questo, di cui oggi i Lincei proclamano le resultanze, è il primo gruppo di concorsi in cui una vera scuola italiana ben s'affermi anche per quant'è di una

parte almeno delle discipline filologiche. Ci appar chiaro ormai, che è estinto o sta per estinguersi, anche in questo campo, il gran vizio del mettersi a un'indagine senza saper bene quel che già gli altri vi abbiano conseguito o tentato; com'è chiaro, che gl'Italiani pur qui non corrano per ciò pericolo di perdersi nella mera imitazione. Già la scuola italiana ha orme sue proprie; e l'attitudine sua si spiega con singolarissima felicità nella così ardua esplorazione, per la quale si vien faticosamente riconoscendo, come tutto quanto è, pur negli ordini della storia universa, altro non sia se non una trasformazione di quello ch'è stato, e la prima invenzione par davvero negata alla stessa fantasia. Si farà, di certo, sempre meglio nell'avvenire; ma intanto sia lecito che la vostra Commissione affermi, come, pur nell'odierna solennità del sapere italiano, la filologia storica ha sicuramente mostrato di non demeritare delle sollecitudini che il paese le consente ».

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Socî presenti: AMARI, BERTI, BETOCCHI, BONGHI, CANNIZZARO, CARUTTI, FERRI, FIORELLI, GEFFROY, GUIDI, HELBIG, HENZEN, LOVATELLI, MESSEDAGLIA, MINGHETTI, SELLA, VALENZIANI. Ed i Soci corrispondenti: BARNABEI, LANCIANI, LUMBROSO, NARDUCCI e SCHUPFER.

1. Affari diversi.

Il Segretario CARUTTI legge il verbale dell'ultima seduta, che viene approvato. Dà quindi conto del carteggio relativo allo scambio degli Atti.

Ringraziano:

Il Gran Mastro della Casa di S. A. R. il Duca di Genova; la Società italiana delle scienze (detta dei XL) in Roma; la Società storica lombarda in Milano; la r. Scuola d'applicazione per gl'ingegneri in Roma; l'insigne Accademia romana delle belle arti denominata di s. Luca; l'Osservatorio di marina di San Fernando; il Collegio degli ingegneri ed architetti in Roma; la r. Biblioteca di Parma; il preside del Liceo-ginnasio Ximenes di Trapani.

2. Personale accademico.

Il Segretario CARUTTI legge la seguente Commemorazione del Socio CARLO BON-COMPAGNI.

Quando ricordo con mestizia alla Classe che uno degli onorandi nostri Colleghi più non è fra noi, ufficio mio, voi lo sapete, non è di narrarne la vita, e le benemerenze; ma sì di registrarne modestamente il cursus honorum e dare l'elenco delle opere che fecero chiaro il suo nome nelle discipline letterarie, e per le quali sedette in quest'Accademia. Così oggi debbo fare verso Carlo Bon-Compagni, insigne come uomo di Stato, scrittore e cittadino, che morte repentina addì 14 dicembre 1880 ha rapito alla patria da lui in così varie prove onorata, alla patria che egli contribuì a fare libera ed una.

<< Dai Compagni di Firenze, e propriamente dal ramo dello storico Dino, discendono i Compagni piemontesi, uno dei quali venne nel secolo XVII al servizio militare dei Reali di Savoja, da cui, per l'acquisto del feudo di Mombello, conseguirono la dignità comitale. Nello scorso secolo aggiunsero il Bon all'antico cognome. Carlo Bon-Compagni nacque il 25 gennaio del 1804 in Saluggia; nel 1824 si addottorò in leggi nella università di Torino; nel 1830 venne nominato sostituto Avvocato dei

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poveri, e nel 1833 Avvocato fiscale a Pallanza; indi fu sostituto dell'Avvocato generale; e nel 1845 senatore del Senato di Torino. Intanto, essendo già noto per cultore egregio dei buoni studî, la r. Accademia delle scienze di Torino lo elesse tra i suoi Socî, e altrettanto fece nel 1845 la r. Deputazione di storia patria. Promosse la istruzione popolare, e fu tutto alla istituzione degli asili infantili, caldeggiando i nuovi metodi d'insegnamento, che l'abate Ferrante Aporti, rifuggitosi di Lombardia in Piemonte, divulgava e raccomandava. La mente fervea, il cuore batteva per la libertà e per l'Italia risorgente.

<< Nel tempo delle Riforme di Carlo Alberto fu Segretario generale, o come allora dicevasi, Primo uffiziale del Ministero della Pubblica Istruzione, in quell'amministrazione che sottoscrisse lo Statuto. Nel primo ministero costituzionale di Cesare Balbo tenne il portafoglio del dicastero stesso, e così pure nel ministero del marchese Cesare Alfieri nell'agosto 1848. In appresso ebbe l'altro di Grazia e Giustizia nel ministero di Massimo d'Azeglio. Entrò deputato al parlamento nazionale in ogni legislatura, ma conobbe i mutabili amori degli elettori. Fu per più anni presidente della Camera dei deputati; andò ministro presso la corte Granducale di Toscana; e quindi sostenne l'ufficio di r. commissario presso il Governo provvisorio toscano. Il gentiluomo piemontese, discendente dall'antico Gonfaloniere del secolo XIII, fu parte non piccola nell'avviare e condurre l'unione dell'antica patria fiorentina alla novella patria italiana. Nel 1874 il re lo nominò senatore del regno. Verso quel tempo e fino al termine della sua vita di 76 anni, volle professare nella università di Torino il Diritto costituzionale. Parlavano in lui l'esempio e la dottrina.

<< Il cavaliere Carlo Bon-Compagni di Mombello, poi conte di Lamporo, fu insignito degli Ordini cavallereschi del regno: ebbe quello del Merito civile di Savoia il 21 giugno 1860. La r. Accademia dei Lincei lo ascrisse fra i Socî il 2 luglio 1875. << Carlo Bon-Compagni onorò l' Italia col senno e coll'opera. Chi scriverà la sua vita potrà, servendo al vero, dire che esercitò degnamente e con rara modestia le virtù pubbliche e le private, le religiose e le civili. Della sua mente, della natura del suo ingegno che congiungeva temperanza a forza, e sopra tutto intendea al buono, rendono testimonianza i libri che ci ha lasciati ».

Elenco delle Opere del Socio CARLO BON-COMPAGNI

Delle scuole infantili. Torino 1839. 1 vol. in 8°. piccolo.

Introduzione alla scienza del diritto. Lugano 1848. 1 vol. in 8°.

Saggio di lezioni per l'infanzia. Torino 1853. 1 vol. in 12o.

Sulla potenza temporale del Papa. Torino 1861. 1 vol. in 8°.

De la puissance temporelle du Pape. Paris 1863. 8°. (Traduzione dell'opera precedente del sig. Armand Levy, con molte aggiunte dell' autore).

La Chiesa e lo Stato in Italia. Firenze 1866. 1 vol. in 12°.

Corso di diritto costituzionale. Torino 1867 (non terminato).

Della tradizione liberale piemontese. Torino 1867 in 8° (non terminata).

Francia e Italia. Torino 1872 in 8°.

I Francesi dopo il 24 maggio 1873. Torino 1875
in 8°.

Corso di diritto costituzionale. Torino 1875. 1 vol.
(diverso da quello dianzi accennato).
Corso di diritto costituzionale. Torino 1876. 2o vol.
(nè il 1° nè il 2° volume sono terminati).
Notizie sulla vita e sui tempi di Severino Boezio.
Nelle Memorie dell'Accademia delle scienze
di Torino del 1842.

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