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<< In questa Nota molto compendiosa non posso trattenermi nella descrizione nè dei tentativi fatti, nè del procedimento di estrazione a cui do la preferenza, come pure non posso estendermi nel riferire specificatamente, quali le indagini che venni istituendo e con quali risultati. Mi restringo ad accennare che operai sulle urine, sul sangue, sui fegati, sui cervelli, sulle reni ed una volta sulla milza di altri quattro cavalli, oltre il ricordato nella Nota precedente, morti tutti per tifo; che mi occupai pure dei materiali derivanti da un sesto cavallo morto in conseguenza di averne introdotto per via ipodermica e per la bocca il liquido della cultura dei microbi ricavati dagli altri cavalli; che esaminai quelli di due cani, ai quali pure era stata amministrata una cultura somigliante; e che mi occupai dell'urina di una seconda ammalata di febbre migliare e dell'urina di uno scorbutico.

« I risultati generali furono che tutti gli umori ed i visceri che ebbi occasione di sottoporre alle ricerche, fornirono basi volatili, il numero maggiore delle quali possedeva odore somigliante a quello di conina, altre a quello di pesce fracido, e taluno a quello di ammoniaca. Formarono cloridrati cristallizzabili, deliquescenti tutti, ma per la deliquescenza diversi assai, essendone stato di deliquescentissimi, e di poco deliquescenti.

« N'ebbi dei cloroplatinati, cloraurati, cloromercurati e picrati cristallizzabili, e precipitarono per lo più in giallo chiaro col reattivo di Nessler. Pel maggior numero produssero effetti venefici sulle rane; taluna in dose di 30 a 32 milligrammi di cloridrato, e tal'altra nella proporzione assai minore di 6 ad 8 milligrammi.

<< Col mezzo dei loro sali cristallizzati potei riconoscere che per consueto si trattava di due basi commiste, essendochè una di esse ingenerava un precipitato immediato cristallino, e l'altra cristallizzava più tardi con forma, od, almeno, con aspetto assai differente.

<< Trovai spesse volte o identità, o stretta somiglianza tra le basi ricavate dalle urine, dal sangue e dal fegato; non così dal cervello, dalle reni e dalla milza; come pure trovai non conformi le quantità ad esempio pei cavalli (su cui mi si porse l'opportunità di sperimentare più ampiamente) confrontando a pesi uguali della sostanza trattata, i pesi dei cloridrati ottenuti. Verificai inoltre che durante il susseguire della malattia, e questo fu per le urine raccolte quotidianamente, le basi variavano, tanto da dare nascimento a cloridrati di forma cristallina differente e di proprietà chimiche pure differenti. Aggiungo un altro particolare. Da animale ad animale, colpiti dalla stessa malattia, non fu uguale la sede in cui si erano accumulate maggiormente le basi; abbondanza in taluno nel fegato e scarsezza nel cervello; in tale altro, scarsezza nel primo dei due visceri e più copia nel secondo, ciò relativamente alle proporzioni che vi si sogliono riscontrare.

«Se non che, nel corso delle indagini, il campo mi si allargò al di là dei confini che mi era assegnato in principio. Quando la prima volta mi vi accinsi, era stato mio proposito di verificare se nel vivente, in certe malattie, si possono ingenerare basi conformi alle ptomaine, e se talvolta d'indole venefica; aggiungendo più tardi, che, data la supposta verificazione, si potesse trarre utile partito per discernere le malattie reali dalle simulate, e principalmente le pazzie, essendo questo un problema che si offre di frequente alle osservazioni e discussioni della medicina forense: in

breve, il mio lavoro venne incominciato ad iscopo chimico-legale ed in aiuto di quel ramo di scienza, alla quale mi dedicai in modo particolare. Se non che, mi avvidi in breve che non m'era concesso di mantenermi nei limiti primitivi; ciò non convenendo per quegli schiarimenti che si potessero ricavare in soccorso del medico legale, del clinico e del patologo. Perciò oltre alla pura ricerca delle basi, mi trasportai a determinare la quantità dell' ammoniaca, ed operando sulle urine, a riconoscerne il grado di acidità o di alcalinità, la proporzione dell'urea e l'investigazione di altri possibili elementi non per anco indicati da altri e corrispondenti alle condizioni morbide degl'infermi da cui erano espulse. E fu, in concordanza con tali intendimenti, che mi dedicai alla disamina dell'urina di uno scorbutico, somministratami dal mio chiar.mo collega il prof. Augusto Murri. Su ciò credo opportuno d'intrattenermi un po' specificatamente a cagione di qualche nuovo fatto che mi accadde di osservare. « L'urina nei primi giorni era limpidissima, di colore un po' più carico del naturale, della densità di 1,029 all' urometro, scarsa di urea, dacchè non ne conteneva che dal 10 al 12 per %. Misuratone il grado di acidità, e messone una parte a putrefare, affine di eseguire uno studio comparativo fra la non putrefatta e la putrefatta, in cambio di mostrarsi via via meno acida, vidi che per quattro giorni lo divenne sempre più. Osservata col microscopio non appena recata nel mio laboratorio, yi si scorgevano varî bacterii, per lo più a rosario, e di due e di due o tre granellini uniti, taluno vivace, tal'altro immobile; nel dì vegnente erano divenuti numerosi e vivaci.

<< Conteneva ammoniaca, ma non potei fino ad ora determinarne la quantità precisa, essendomi avvisto che valendomi dei metodi conosciuti tornava difficile riuscire a dati sicuri. Tentai qualche nuovo mezzo di cui mi potessi giovare, ma fino ad ora non raggiunsi l'intento: sto ora provandone un altro, che spero mi conduca allo scopo.

<<< Ne ricercai le basi patologiche volatili, e dalle urine dei primi quattro giorni, ne estrassi una di odore coninico, con tutti i contrassegni di essere pura, che mi diede un cloroplatinato in cristalli di apparenza ottaedrica, ma che constavano di due piramidi esagonali, una contrapposta all'altra per la base. Dopo l'ottenimento di questa base, che fu in proporzione di milligr. 14 per 1190 di urina, ne ricava altre due commiste, nella proporzione complessiva di milligr. 70; una delle quali diversa assolutamente dalla prima, e l'altra che sospetto identica con questa, ma sulla quale non ardisco di pronunciare un'affermazione assoluta. Non ne feci fino al presente la prova fisiologica. Sul residuo dei trattamenti per le basi deliberai di operare per estrarne l'acido e gli acidi, congetturando che vi dovessi riscontrare il lattico ed il butirrico, e ciò, perchè durante l'aumento dell'acidità, i fermenti figurati che vi si svilupparono somigliavano strettamente ai micrabi butirrici parte a bacilli, parte a rosario: ma è ricerca non per anco eseguita.

« L'acidità crescente dell'urina lasciata a sè cunduceva a sperimentare se contenesse glucoso, inosite o destrina, o qualche altro corpo di natura somigliante. Del glucoso qualche incerto indizio; nulla di destrina; nemmeno d'inosite. E sì che per questa specialmente replicai due volte le indagini, con quantità dell'umore da 115 a 130 c. c. Ritornerò ad investigare con quantità più cospicue affine di rimanere più tranquillo. Sopra altra quantità della stessa tentai una nuova esplorazione, mossa dal pensiero che sto per dire.

<< Come avvertii nella Nota presentata il 6 del marzo, le basi patologiche sussistono, non solo nelle urine da malattie d'infezione, ma ben anco in quelle in cui non potrebbero supporsi e non furono trovati i microbi: rammento l'urina del tetano reumatico, e quella della paralisi progressiva. Per ispiegare d'onde la genesi in tali casi, esternai alcune congetture in un mio scritto (pubblicato in sulla fine dell'anno scorso in Bologna presso il tipografo Zanichelli) e tra di esse accennai alla formazione probabile, durante certi processi patologici, di fermenti non figurati, agenti sui principî plasmatici ed istologici a somiglianza dei fermenti figurati. Siccome nello scorbuto vi ha chi ammette la trasmissibilità per infezione, chi la nega, e siccome non poteva annettere troppa importanza a bacteri visti in urina non estratta dalla vescica colle cautele indispensabili, perciò mi volsi ad esplorare se nell' urina in discorso vi fosse qualche elemento operante come un fermento. Erami già assicurato che non conteneva albumina, nè glucoso in quantità apprezzabile coi mezzi consueti, nè altra sostanza glucosabile col mezzo degli acidi diluiti e della bollitura protatta a lungo. Scelto un modo semplice di operare e da cui non potessi temere alterazioni, riuscii ad ottenere una sostanza bianca, la cui soluzione spumeggiava alquanto collo sbatterla, neutra alle carte reattive. Nella congettura che fosse un fermento, procedetti subito a tentare in qual modo si comporterebbe coi varî fermentibili, e provai il latte, l'amigdalina, la colla d'amido, lo zuccaro di canna. Digerii in bagno a 40°, per un'ora e mezza. Nè il latte si coagulò, nè l'amigdalina svolse odore cianico; la colla d'amido erasi schiarita, onde vi aggiunsi il reattivo cupropotassico e scaldai a bolliture. Successe una riduzione gagliarda, con posatura di protossido di rame giallo. Anche la soluzione di zucchero diede reazione, ma fu assai più leggera. << La glucosazione dell'amido avviene tanto a caldo quanto a freddo; più lentamente nel secondo caso. A temp. di 40°, bastarono 5 minuti, perchè ottenessi un contrassegno manifesto di reazione; dopo 15 minuti, la reazione fu maggiore; cospicua dopo 30 minuti. A freddo occorse più di un'ora. Esaminati nel giorno dopo i due recipienti, quello stato in bagno a 40° e l'altro a temperatura ordinaria, produssero ambedue un copioso precipitato di protossido di rame.

<< Era naturale che mi facessi a sperimentare anche l'urina per riconoscere se possedesse in modo uguale le proprietà di saccarificare l'amido, e perciò misuratine 10 c. c. la neutralizzai accuratamente dalla sua acidità, e vi aggiunsi 5 c. c. di lunga colla di amido. Collocai il recipiente che la conteneva in bagno maria a 40°. Scorsa un'ora ne feci l'assaggio col reattivo cupropotassico, ma n'ebbi contrassegni troppo deboli di riduzione. Attesi altre due ore, continuando lo scaldamento allo stesso grado, e dopo essermi assicurato colla carta azzurra che non si era svolta acidità, replicai col reattivo. Questo venne decolorato in copia, con ingiallimento della mescolanza; ne affusi un'altra quantità e tornai a bollire. Si formò in allora un ingiallimento cedrino intenso con forte intorbidamento, e dopo pochi minuti si depose in abbondanza il protossido di rame. Dunque l'urina conteneva il principio attivo, identico a quello già estratto e di cui aveva verificata la facoltà saccarificante.

<< Tale sostanza era riducibile in polvere bianca, solubile per intero nell'acqua, formando una soluzione limpida e neutra alle carte di tornasole. Scaldatone un poco su lamina di platino, s'incarbonì alquanto, svolgendo odore di pane bruciato, e lasciò

un residuo cinereo bianco e copioso. La soluzione acquosa spumava alquanto dibattendola e precipitava coll'alcole. Col reattivo di Millon diede un precipitato immediato giallo cedrino. Precipitò col tannino, col cloruro di platino, cogli acetati di piombo, e lievemente col bicloruro di mercurio. Il precipitato platinico cristallizzò coll'apparenza di ottaedri; se non che i cristalli meglio formati, mostravano di risultare da due piramidi esagonali sovrapposte per la base. Colla soda ed un sale di rame non formò la soluzione violacea.

<< Scaldandone con sodio, riprendendo il residuo con acqua, indi versandovi qualche goccia di solfato ferroso-ferrico, diede un precipitato quasi nero, d'onde l'acido cloridrico sviluppò idrogeno solfurato; si formarono anche scarsi fiocchi azzurrastri. Con liscivia concentrata di soda e scaldando blandemente svolse un po' di ammoniaca, come principalmente si vide col mezzo della carta di tornasole sospesavi sopra; fiutando, non altro sentivasi che odore lisciviale. Bollito con reattivo cupropotassico non diede indizio di riduzione.

«Ne scaldai la soluzione da sola sino a bollitura senza che si formasse intorbidamento; indi la mescolai alla colla d'amido, e la posi in bagno a 40°, assaggiandola col reattivo, di tratto in tratto, ad intervalli piuttosto lunghi fra l'uno e l'altro, con che mi accertai che bollendo aveva prodotto la proprietà di convertire l'amido in glucoso.

« Evaporata una goccia della soluzione acquosa della sostanza, e poi esaminato il dischetto sotto il microscopio, era per così dire tutta cristallizzata. Vi si scorgevano lamine ovoidi lunghe e sottili simili a quelle della creatinina, altre disposte in bella arborescenza, ed a gruppi rosacei, oltre ad una moltitudine di granellini, che furono gli ultimi a deporsi, e circa ai quali non potei verificare con ingrandimento di 650 diametri se avessero forma regolare. Manifestamente risultava di più materie commiste.

<< Polverizzatine finamente due centigrammi della secca, le bollii tre volte con alcole forte e filtrai bollente affine di toglierne la creatinina, caso che fosse quella dai cristalli ovoidi, ed altro capace di sciogliersi nel detto liquido. La sostanza si sciolse in parte e fu la minore; quella che era rimasta indisciolta, si sciolse poi prontamente nell'acqua; l'altra rimasta dall'evaporazione dell' alcole si sciolse pure nell'acqua. Delle due soluzioni si deponevano, evaporando, cristalli che non esaminai per anco colla debita attenzione. Tra le due materie separate col mezzo dell'alcole si mostrò inefficace sull'amido, quella che non vi si era sciolta; efficace per l'opposto, e non senza mia meraviglia, quella che vi si era sciolta e poi era stata recuperata per evaporazione e ridisciolta in acqua.

« Mi mancò il tempo per ispingere più innanzi le mie indagini; avrei desiderato di provare se si comportasse col glicogene come coll'amido; ma non possedendo di quell' amilaceo, nè potendosi, preparare in un giorno, mi riservai di studiare più tardi questa parte dell'argomento.

«Ora ricevo, l'urina di un altro scorbutico; la esaminerò per conoscere se mi fornisca le sostanze riscontrate in quella del primo; studierò l'una e l'altra nelle varie fasi, se mutino o si mantengano conformi a quanto ebbi nelle prime ricerche;

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e se le mie speranze saranno coronate di buon successo, potrò forse raccogliere tanto del fermento da studiarne più a profondo le proprietà ed i componenti.

Apertami questa via, investigherò se nelle urine sane, e nelle varie urine patologiche, vi sia qualche cosa d'identico o di somigliante al nuovo prodotto di cui diedi cenno nella Nota presente ».

Litologia

tellina.

Cossa A. Sopra la composizione d'alcune roccie della Val

L'autore ha esaminato Gneis micacei e Graniti, Dioriti, Gneiss amfibolici, Amfiboliti, Eclogiti, Amianto, Seisti cloritici e talcosi, Roccie serpentinose, Eufotide, Diabase, Calcari e Dolomiti. Queste roccie provengono dalla sponda destra del Lario; dai dintorni di Chiavenna, Morbegno, Sondrio; dalle valli Malenco o del Mallen. Perosina, e di Poschiavo; dai dintorni di Grosseto, Sondalo, Bormio.

Litologia- SCACCHI A. Presenta alcuni saggi di proietti vulcanici che si trovano cosparsi nel tufo delle vicinanze di Nocera e Sarno senza che siano aderenti alla roccia. Essi sono formati d'ordinario all'esterno di una crosta costituita da laminette di mica allogate in direzione perpendicolare alla superficie, e tra loro aderenti con forte coesione. Internamente poi sono composti per la maggior parte di fluorina clorofana alla quale si associano altre specie minerali. Su queste straordinarie produzioni vulcaniche il Socio Scacchi promette presentare una Memoria all'Accademia in una delle prossime adunanze.

La Classe adunatasi all'una pomeridiana si sciolse dopo due ore di seduta.

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