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112-113. Tasso, Gerusal., XIX, 109, quando Erminia trova Tancredi ferito:

Cosí parla gemendo e si disface

Quasi per gli occhi e par conversa in rio.

Rinvenne quegli a quell'amor vivace
E le languide labbra alquanto aprio;
Aprí le labbra e con le luci chiuse.

Un suo sospir con que' di lei confuse.

E, viceversa, nel XX, 129 di Rinaldo e d'Armida:

E' bel volto e 'l bel seno a la meschina
Bagnò d'alcuna lagrima pietosa.

Qual a pioggia d'argento e mattutina

Si rabbellisce scolorita rosa,

Tal ella, rivenendo, alzò la china

Faccia, del non suo pianto or lagrimosa.

128. PETRARCA, son. Qual mio destin:

Amor con tal dolcezza m'unge e punge
Ch'i' no 'I so ripensar non che ridire;

e nella canz. Poiché per mio destino:
I' non poria giammai

Imaginar non che narrar gli effetti,
Che nel mio cor gli occhi soavi fanno';

e Trionfo d. Morte, I, 160:

Or qual fusse il dolore indi si stima,
Ch'a pena oso pensarne, non ch'io sia
Ardito di parlarne in versi o in rima.

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132. E in una lettera dello stesso Tasso (II, n.o 456) dove narra de' suoi mali e delle sue allucinazioni: < e poi mi son sentito alquanto dirotto >, cioè spossato, abbattuto, indolenzito.

CORO.

Non so se il molto amaro

Che provato ha costui servendo, amando,
Piangendo e disperando,

Raddolcito puot' esser pienamente
D'alcun dolce presente:

Ma, se piú caro viene

E piú si gusta dopo 'l male il bene,

Io non ti cheggio, Amore,

Questa beatitudine maggiore:

Bea pur gli altri in tal guisa;

Me la mia ninfa accoglia

Dopo brevi preghiere e servir breve:

E siano i condimenti

De le nostre dolcezze

Non sí gravi tormenti,

Ma soavi disdegni
E soavi repulse,

15-16. PETRARCA, son.:

Dolci durezze e placide repulse
Piene di casto amore e di pietate,
Leggiadri sdegni, ecc.

E il TASSO, Gerusal., XVI, 25:

Teneri sdegni, e placide e tranquille
Repulse e cari vezzi e liete paci

17-18. TERENZIO nell'Eunuco, I, 1, 14:

In amore haec omnia insunt vitia: iniuriae,
Suspiciones, inimicitiae, indutiae,

Bellum, pax rursum;

e nell'Andria, III, 3, 23:

Amantium irae, amoris reintegratio est.

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1) < Finalmente il dramma ha un epilogo, che rallegandosi al prologo riprende e leggiadramente amplifica il motivo del già ricordato primo idillio di Mosco: Venere viene a ricercare il figliuolo tra le belle spettatrici e i cavalieri amorosi. Cosí la favola dei poveri amori campagnoli è incerchiata, come un episodio, tra la fuga e l'inseguimento de' due piú belli e splendidi numi dell'olimpo naturale >. (CARDUCCI, Op. cit., p. 84).

19 SOLERTI.

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