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XIII. [1]

Ibis Liburnis inter alta nauium,
Amice, propugnacula,

Paratus omne Caesaris periculum
Subire, Maecenas, tuo.

Quid nos, quibus te uita si superstite
Iucunda, si contra, grauis?

Vtrumne iussi persequemur otium
Non dulce, ni tecum simul,

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An hunc laborem mente laturi, decet
Qua ferre non mollis uiros?
Feremus, et te uel per Alpium iuga
Inhospitalem et Caucasum,

XIII. ALLA GUERRA. Questo che nel libro è il primo, fu composto forse per ultimo. Lo pose primo Orazio perchè, oltre esser diretto a Mecenate, contiene il ricordo de' benefizi di lui e la

dichiarazione della sua gratitudine. È anche questo della primavera del 723, quando Cesare dopo aver tentato una sorpresa su Actio e aver incontrato nei paraggi di Kerkyra una tempesta, ritornò a Brindisi ivi raccolse (Dio Cass. L, 11, 5) tutti quelli che potevano dei senatori e dei cavalieri, alcuni per averli cooperatori, altri, perchè, lasciati soli, non facessero novità, e sopra tutto per mostrare agli uomini, che il più e il meglio dei Romani aveva d'una sola mente con lui. Tra questi chiamati era certo Mecenate, che tuttavia rimandò a Roma, ad amministrare la cosa pubblica nella sua assenza. Ma alla sua partenza da Roma, nè Orazio nè forse Mecenate sapevano che egli non sarebbe andato alla guerra; anzi, tutto doveva far credere che ci andrebbe. In tale pensiero, Orazio dice: Andrai dunque a dividere i pericoli di Cesare. E noi, che viviamo della tua vita? dobbiamo continuare, senza te, questa vita pacifica? o da forti venire alla guerra? Verremo, dovunque tu andrai. A che fare io (tu domanderai) così inetto alla guerra? Vicino a te avrei meno timore: sono come un uccello che vuol stare presso la sua covata, perchè lontano temerebbe dei serpenti: eppure aiuto contro quelli non potrebbe darne. Verrò alla guerra, ora e sempre, con te, per aver il tuo affetto, non campi e pascoli e ville. Tu mi bai fatto ricco assai: non voglio tesori da sotterrare o da sparnazzare'.

1 e 2 Ibis: seguendo Porph. il K. pone

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l'interrogativo dopo i primi quattro versi. In verità il Quid nos, con quel che segue dà tono di domanda anche a questi primi versi. Liburnis; chiamano Libyrnidi (dice Appiano, Illyr. 3) navigli leggieri e celeri, biremi. Furono queste che dettero la vittoria a Cesare. inter ⚫tra mezzo alta nauium - propugnacula: le navi d'Antonio, grandi, con grandi torri, simili a castella e città, dice Floro 4, 11, 5; reuolsas Cycladas, dice Verg. Aen. 8, 691. 3 e 4 Caesaris periculum Subire - tuo (sott. periculo); e così è frase insolita, onde alcuno propose tui. Vale sottentrare col tuo ad ogni pericolo di Cesare'. 5 e 6 Quid nose noi?': intende tutti gli amici, che si trovano nominati nella Satura decima del primo. te superstite con te in vita'. uita si (sott, est) se la vita scorre '. Iucunda (sott. est) è gioconda'. si contra se no': non osa dire la parola triste che si oppone a superstite. Il K. cui la vita, se è lieta con te vivo, sarà grave in caso di sventura '. 7 iussi: non come vuoi ' ma se vorrai '. otium la vita tranquilla'. 9 e 10 hunc laborem: opposto a otium. mente Qua con l'animo con cui'. laturi (sott. sumus) opposto a persequemur, con gradazione (da fut. semplice a fut. perifrastico) naturalissima poichè col primo si domanda se si continuerà uno stato presente, col secondo se si è per cominciare uno stato nuovo. L'ellissi, qui e sopra, denota nella domanda l'ansiosa aspettazione della risposta. Il K. fondandosi su Porph. costruisce: an feremus (opposto a persequemur) h. l. laturi mente qua decet ferre; e pone l'interrogativo solo dopo pectore. decet - ferre uiros, si conviene sopportarlo a uomini'. non mollis: litotes. 11 e 12 Fere

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Vel Occidentis usque ad ultimum sinum Forti sequemur pectore.

Roges, tuum labore quid iuuem meo,
Inbellis ac firmus parum?

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Comes minore sum futurus in metu,
Qui maior absentis habet:

Vt adsidens inplumibus pullis auis
Serpentium adlapsus timet
Magis relictis, non uti sit auxili
Latura plus praesentibus.
Libenter hoc et omne militabitur
Bellum in tuae spem gratiae,
Non ut iuuencis inligata pluribus
Aratra nitantur mea,

Pecusue Calabris ante sidus feruidum
Lucana mutet pascuis,

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mus: solenne dopo laturi e ferre. uel anche', non vuoi'. Con ciò che segue Orazio non mostra già dubbio (sarebbe anzi abbaglio) sulla direzione che prenderà Mecenate, ma vuol dire ti seguiremo per tutto cioè per terra e per mare come a pag. 71 [XI]: vedi nota al v. 1. 13 Vel: anaphora. ultimum sinum: dell'Oceano. 14 Forti pectore: riprende non mollis. 15 Roges c'è il caso cho tu mi domandi '. Costrutto simile a pag. 141, v. 38. tuum labore (i codd. hanno erratamente laborem) — meo: frase simile più sopra, C. periculum tuo. 16 Inbellis ac firmus parum: imbelle come poeta e poco robusto di corpo'. Riconoscendo nel Roges un tono, almeno leggiero, d'indignazione, come negli altri due esempi oraziani citati, questi due agg. sono più in bocca di Mecenato che d'Orazio. 17 Comes nendo con te': vedi pag. 71, v. 1, comites. 18 Qui maior: è una ripetizione, con altre parole, del v. prec., naturale in tale carezzevole stile, testimonio d'una amicizia tenera e forte, che ebbe virtù di congiungere i due amici anche nel transito supremo. Non si parli di adulazione: si amavano. 19 Vt: paragone pieno di grazia quasi infantile: suggerito forse dall'idea di poeta che è in inbellis? Poeta avrebbe suggerito uccello, chè l'uno e l'altro hanno ali. adsidens i. p. che ha i nidiacei senza penne ancora ', e perciò li cova tuttavia. 20 Serpentium adlapsuslo strisciar delle serpi' ossia che le serpi vi striscino 21 e 22 Magis con timet teme più relictis (per altri abl. ass.) dat. da unirsi

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a pullis che dipende sì da adsidens e sì da timet: quando li ha lasciati '. uti sit (il cod. Vat. Reg. citato a pag. 121, v. 4, ha ut sit con altri: altri citati dal Bent. uti sit: i più ut adsit per quanto sia presente che, oltre essere ripetuto da praesentibus, è sospetto con ut adsidens del v. 19) non che sia per Latura portare. auxili - plus più d'aiuto praesentibus quando li abbia avanti sé, sotto sé. 23 e 24 hoc et omne questa e qualunque altra'. I più intendono: et libenter hoc omne; ma l'hyperbaton di et dopo due parole non è oraziano, nonostante l'esempio Etrusca praeter et uolate (pag. 124, v. 40) dove è forse, o senza forse, tmesis. militabitur: più grave che militabimus. in spem: così Tac. Agr. 24 copias instruxit in spem magis quam ob formidinem. tuae - gratiae di esserti grato'. 25 Non ut non al fine che '. inligata attaccati '. pluribus più di quelli che ho '. 26 nitantur si sforzino' a solcar la terra: lo sforzo è veramente dell'aratore e non dell'aratro. meis: Bent. preferisce mea di pochissimi codd.; ma con mea Orazio direbbe: non perchè i miei aratri abbiano più giovenchi'; mentre vuol dire non perchè siano miei, mi appartengano in numero maggiore, giovenchi per arare'; cioè abbia maggior estensione di terreno da arare. Insomma meis è predicativo ed ha singolar forza messo all'ultimo, come feris a pag. 127, v. 11. 27 e 28 Calabris-pascuis dai pascoli della Calabria' presso la quale egli era nato. ante sidus feruidum avanti la canicola'. Lucana mutet passi a quelli della Lucania regione

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Nec ut superni uilla candens Tusculi
Circaea tangat moenia.

Satis superque me benignitas tua
Ditauit: haud parauero,

Quod aut auarus ut Chremes terra premam,
Discinctus aut perdam ut nepos.

Carmina [Lib. I-III].

[I-1]

Maecenas atauis edite regibus,

O et praesidium et dulce decus meum

montuosa: così facevano e fanno: greges ouium longe abiguntur ex Apulia in Samnium aestiuatum: Varro RR. 2, 1, 16; e d'inverno si riconducevano a svernare in pianura. Per la costruzione di mutare vedi il prec. v. 27 e 28. 29 superni Tusculi (Tusculum era posto più su dell'odierno Frascati) dipende da moenia. uilla candens una villa biancheggiante di marmi'. 30 Circaea: perchè Tusculum era stato edificato, secondo la favola, da Telegono figlio di Ulisse da Circe. tangat tocchi' cioè sia presso". 31 benignitaslarghezza'. 32 Ditauit: ne aveva avuto in dono, due anni, o poco più, prima, il Sabinum. haud: si trova solo qui degl' iambi e carmi d'Orazio. 33 auarus ut Chremes (ut a. Ch.): personaggio delle comedie. terra premam

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sotterri'. 34 Discinctus dalla veste allentata, segno di mollezza e scioperataggine. perdam sperperi'. ut: è nel Vat. Reg. e in altri: in molti manca. nepos prodigo': poichè chi ha solo i nonni presto impara a spendere e spandere, essendo viziato dalla loro tenerezza e meno sorvegliato per la loro vecchiaia.

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poesia che ha l'accompagnamento delle tibie e della lira, la poesia alla quale, come egli dirà (AP. 83) la Musa concesse diuos puerosque deorum Et pugilem uictorem et equum certamine primum Et iuuenum curas et libera uina referre. La poesia iambica, la rabbia d'Archiloco non faceva per lui: ciò che di strano, ridicolo, irragionevole, brutto vedeva nella vita, suscitava nel suo animo mite più il desiderio di correggere che la furia di vituperare: per questo dal 714 al 724 aveva scritto i due libri di Sermones, dove è più sorriso che rabbia, e più compassione che sdegno. Ora nemmeno a questi si sente tratto, e per i migliori anni della sua vita dal 724 al 730, dai suoi trentacinque ai suoi quarantuno anni, canterà di ciò che è più nobile e buono e dolce nella vita con l'animo commosso d'amore. Sono ottantotto canti, carmina, che egli divise in tre libri, dedicandoli a Mecenate con questa poesia; la quale non è necessario credere fosse l'ultima composta, e nulla impedisce di supporre composta delle prime: anzi una certa esitazione tra il distico e il tetrastico, e piccole altre particolarità che vedremo, ci possono incoraggiare ad affermarlo. L'argomento è questo: O Mecenate, o mia difesa e onore; sono al mondo gusti diversi: c'è chi aspira a una felicità quasi divina, alla gloria, agli onori, alle ricchezze; c'è gente più modesta che lavora e traffica attaccata al suo campicello o errante pei mari. C'è poi chi intende altrimenti la vita e si allontana dagli altri, pensando più che ad altro, al proprio corpo, oziando nella campagna, militando, cacciando: a me non la palma dell'Olimpio

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Sunt quos curriculo puluerem Olympicum Collegisse iuuat, metaque feruidis Euitata rotis palmaque nobilis

Terrarum dominos euehit ad deos; Hunc, si mobilium turba Quiritium Certat tergeminis tollere honoribus; Illum, si proprio condidit horreo, Quidquid de Libycis uerritur areis.

nice, ma l'edera del poeta dà la quasi divina felicità; a me piace la solitudine, la campagna, l'aria aperta, ma col suono delle tibie e della lira (non dei litui e delle trombe), ossia con la poesia lirica. Dimmi poeta lirico e io toccherò il cielo '. I due primi ed ultimi versi stanno a sé: in sedici versi si parla di quelli che vogliono salire ad deos secondo il gusto greco e secondo il romano, di quelli che sono occupati dalla necessità della vita, per terra e per mare: in altri sedici di quelli che vivono appartati: gaudenti, guerrieri, cacciatori e il poeta. Difficile è trovar la chiave dello svolgimento del pensiero in questo proemio, nè io credo averla trovata. Ma anche quella offerta dal Dill. dal K. dal Nauk non serve, mi pare, ad aprire.

1 atauis regibus: dai Cilnii che furono Lucumoni Etruschi di Arretium: atauis (più di abauus che è più di proauus) è predicativo. 2 0 et: hiatus solito con le interiezioni. praesidium difesa e tutela contro i nemici, nelle avversità. dulce: si riferisce sì a praesidium e sì a decus, e per tutti e due a Maecenas. decus onore e gloria'. Questi due versi, come i due ultimi, sono da alcuni considerati come strofe distiche a sé, e come tali segnate e divise. Il che è poco legittimo; ma fa poi che le strofe tetrastiche contengano nettamente ognu na il loro o i loro due quadretti. È da sospettarsi che Orazio desse a questa poesia un andare distico che poi ridusse a tetrastico (aggiungendo i v. 27 e 28?). Però anche l'ode d'epilogo, ultima del terzo libro, non cura di conchiudere il senso nelle singole strofe. 3 Sunt quos introduce la prima parte dell'esposizione, come Est qui la seconda. curriculo (da curriculus, deminutiuum a curru come afferma Paul. p. 149) col cocchio". Se venisse da curriculum (stadio, ippodromo) avremmo poi Olympico; ossia l'agg. accordato, con una parola tra mezzo, come tante volte in questa poesia. 4 Collegisse, per alcuni aver sollevato". perfetto; per altri sollevare, adunare ao

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risto; per altri ancora soler sollevare", perf. consuet. iuuat: più comune sarebbe iuuet. metaque: che era così difficile radere nel corso senza infrangervi il cocchio. feruidis in fuoco per l'aggirarsi rapidissimo. 5 Euitata scansata: la parola sembra poco pittoresca al Peerl. che ricorda i vocaboli che avevano i latini per esprimere efficacemente questo pensiero: stringere, radere, terere etc. Ma non bisogna staccare il verbo dall'agg. feruidis, che ha quasi valore concessivo. palmaque: oltre la corona d'oleastro, di lauro, di pino, d'appio, secondo i luoghi, si dava al vincitore anche un ramo di palma: Pausanias, 8, 48. nobilis che dà gloria'. 6 dominos: si riferisce a deos. euehit: il suo soggetto è sì meta e sì palma. L'aver vinto ai giuochi olimpici, dice Cic. pro Fl. 13, 31 est apud Graecos prope maius et gloriosius quam Romae triumphasse. 7 Hunc: dipende non dal solo iuuat ma da iuuat et euehit ad deos; poichè le propp. si certat e si condidit anch'esse non richiamano solo collegisse cioè l'azione del correre, ma indicano il successo, come meta e palma. mobilium dei volubili '. 8 tergeminis honoribus (abl.) questura, pretura e consolato, tollere inalzare', come in Tac. Ann. 1, 3 Augustus Marcellum pontificatu -extulit. 9 Illum opposto a Hunc. proprio (accentuato) di sua proprietà': egli è un possidente, non un procurator. 10 de Libycisareis dalle aie della Libya' specialmente dell'agro d'Utica e Adrumeto, che era allora il granaio di Roma. uerritur si scopa e ventila '. A me pare che tra hunc e illum vi sia, come diversità, così somiglianza: tutti e due sono ambiziosi, ma il primo gode del favor popolare acquistandolo con altri mezzi, il secondo lo cerca con le ricchezze. Così nel 3, 1, 9: Est ut uiro uir latius ordinet Arbusta sulcis, hic generosior Descendat in campum petitor, e via dicendo, un altro goda miglior fama, un quarto abbia più clienti. Anche qui alla menzione della ricchezza del primo, non è aggiunta espressamente l'idea che egli se ne serve per la

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Gaudentem patrios findere sarculo
Agros Attalicis condicionibus
Numquam demoueas, ut trabe Cypria
Myrtoum pauidus nauta secet mare;
Luctantem Icariis fluctibus Africum
Mercator metuens otium et oppidi
Laudat rura sui: mox reficit ratis
Quassas, indocilis pauperiem pati.
Est qui nec ueteris pocula Massici
Nec partem solido demere de die.
Spernit, nunc uiridi membra sub arbuto
Stratus, nunc ad aquae lene caput sacrae.
Multos castra iuuant et lituo tubae
Permixtus sonitus bellaque matribus

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sua ambizione. 11 e 12 Gaudentem a cui è opposto Luctantem. patrios Agros: non accresciuti dalla sua avidità. Vedi a pag. 144, v. 3 e nota. findere spezzare meglio grattare, raspare'. Attalicis condicionibus cioè, con Porph., regiis opibus: dandogli il tesoro d'un re'. 13 demoueas puoi allontanare'. ut (consecu tivo) in modo che '. trabe con nave ma la metonymia fa sentire il pericolo. Cypria: è un epitheton, come i seguenti, usato al modo Alessandrino per fissar l'idea e colorir l'imagine con un ricordo vivo. 14 Myrtoum mare: il mare dall'Eubea all' Egeo, così detto da una piccola isola non lontana da Carysto; mare pericoloso. 15 Icariis fluctibus (dat. come a pag. 145, v. 20) coi marosi del mare Icario tra Samo e Mycono. 16 Mercator: si è ricordato della S. 1, 1, 6: lì il mercante, nell'agonia lunga della tempesta, preferisce la milizia, dove, se mai, tutto si decide horae momento. metuens

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quando teme'. otium la vita tranquilla. 17 Laudat (sott. quidem) loda bensì. mox ma di lì a poco. reficit restaura'. 18 indocilis non sapendo, non potendo. pauperiem: ecco quella che sveglia τὰς τέχνας, come dice il Greco, e che governa la vita sì del contadino, che la porta in pace, e sì del mercante, che non la può tollerare. 19 Est qui: comincia la seconda parte. pocula: dipende da spernit. È uno zeugma della specie osservata a pag. 122, v. 15, dove quaeritis regge prima una prop. ogg. equivalente a un ogg. come remedium, e poi un infinito carere. Massici: vino dei colli Massici della Campania, 20 solido de die: le ore del giorno destinate agli affari. demere togliere': dif

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findere (dice Varr. RR. 1, 2) insititio somno die. Qui bere e dormire è detto in particolare per il generico corpora curare. Leggi questi versi di Lucr. 2, 29: inter se prostrati in gramine molli Propter aquae riuum sub ramis arboris altae Non magnis opibus iucunde corpora curant. Questi in tanto cercano che Corpore seiunctus dolor absit (1. 1. v. 18); se potessero ancora esser liberi cura metuque (ib. 19) e aver la serenità dell'anima, sarebbero felici e sapienti. Felici e sapienti essi, non quelli dei prec. 16 versi che abbiamo veduto Errare atque uiam palantis quaerere uitae, Certare ingenio, contendere nobilitate, Noctes atque dies niti praestante labore Ad summas emergere opes rerumque potiri: Lucr. 2, 10-14. A questo ha pensato Orazio, anima Epicurea. Per la sapienza di Lucrezio, egli pone la poesia. Ma come tra quelli che intendono meglio la vita, cercando almeno che corpore dolor absit, pone i guerrieri? Vedremo. 21 sub arbuto all'ombra del corbezzolo '. 22 ad - lene caput alla sorgente che fruscia soave aquae -sacrae di una fontana sacra perchè abitata da una nympha. 23 Multos-castra iuuant: i guerrieri e i cacciatori hanno col buon Epicureo dei quattro precedenti versi qualche cosa di diverso e qualche cosa di comune: gli uni amano la guerra e il pericolo, gli altri la pace e il sonno; ma gli uni e l'altro vivono preferibilmente sub dino (Vitamque sub diuo agat: C. 3, 2, 5), e se il primo curat corpus, i secondi exercent, ottenendo il medesimo effetto che absit dolor. E tutti e tre hanno in mente non il guadagno o la supremazia o la gloria, ma il diletto; perchè qui il sol.

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