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tenuto presenti così i più antichi interpreti, i quali, più spesso che non si creda, sono più autorevoli e degni di maggior fede; come le memorie, gli opuscoli, gli opuscoletti, gli articoli da giornale più recenti. Ond'è che a Giacomo Della Lana e al Poletto, per esempio, egli ricorre con la stessa imparzialità diligente; lo stesso desiderio di recar la dichiarazione migliore d'un verso, d'una allusione, d'una parola lo guida, sia quando svolge i ponderosi volumi del Ferrazzi e vi coglie il più bel fiore, sia quando chiede lume a una memoria stampata nella cronaca del liceo di Bologna, o a una dissertazioncella del giornale Il Borghini. I tanti luoghi oscuri, i tanti passi dubbi del poema sono da lui più o men lungamente discussi: quando ha un'opinione sua, la dice dopo riassunta la storia della questione; se no, dichiara schiettamente quale delle opinioni altrui gli sembri accettabile, oppure lascia la contesa sub judice. Per le allusioni storiche si giova delle testimonianze contemporanee, riferendole per lo più testualmente, e delle indagini più recenti. Spiega i vocaboli o i modi di dire men comuni, quando può, con l'aiuto delle etimologie scientificamente dimostrate, altrimenti, affidandosi ai commentatori più antichi. Ha sempre colto nel segno? Io non posso affermarlo; egli, modesto com'è, non vorrà pretenderlo, e farà buon viso, spero, a qualche appunto. L'interpretazione della risposta di Dante a Cavalcante, nel canto X dell'Inferno:

Da me stesso non vegno;

Colui, che attende là, per qui mi mena,

Forse, cui Guido vostro ebbe a disdegno,

ha dato molto da fare recentemente a parecchi, i cui pareri non occorre riferire. Il Casini propone una

interpretazione tutta sua." Si potrebbe intendere, egli scrive, che Dante volesse dire: "Io non vengo per mio merito, per merito acquistatomi colle opere dell'ingegno (Cfr. la frase Da me stesso non vegno con una simile nel Purg. I, 52); ma mi mena per qui, mi trae per l'inferno la volontà di Colui che attende là, di Dio che aspetta me purificato nel cielo; il quale Dio forse il vostro Guido non adorò debitamente Questa spiegazione, però, non rimove le maggiori difficoltà e ad esse, cred' io, ne aggiunge qualche altra. Prima di tutto, bisognerebbe supporre che Dante, il quale non tralasciò di notare, nel canto X appunto, che Virgilio, per farsi ascoltare da lui con maggiore attenzione, o, come direbbe il Buti," per maggior demostrazione d'alcuna special verità, „ drizzò il dito,

avesse levato la mano o gli occhi verso il cielo, per chiarire col gesto il significato della frase: Colui che attende là, e del gesto non si fosse curato, poi, di far menzione. Inoltre, siamo pur sempre innanzi alla questione, che non si è potuta decidere finora, e forse non sarà mai decisa con validi argomenti, in uno o in altro senso: Guido Cavalcanti fu irreligioso, o incredulo, o indifferente? Questione ingarbugliata anche più da quel forse, che mal si concilia con quanto sappiamo della lunga, viva, intima amicizia di Guido e di Dante. Se si confidarono i loro amori, è presumibile non avessero mai discorso, nelle loro amichevoli conversazioni, delle loro opinioni religiose? L'intimità fu tale, che ben potè Guido, una volta, rimproverare l'amico suo con parole e con tono, che solo una grande familiarità può permettere a chi le dice, e solo una sincera affezione può far ascoltare docilmente da quello, cui son dirette. È vero che Dante credeva il Cavalcanti innamorato ancora di

madonna Vanna quando il cuore di esso non mirava più la beltade di quella Primavera gentile; ma non so se il silenzio di Guido in quella occasione, silenzio facilmente spiegabile, possa addursi a prova del freddo riserbo, della ritenutezza eccessiva con cui egli, a dare retta a qualche critico, avrebbe costantemente corrisposto alle schiette e ingenue confidenze dell'amico. Quando nella Vita Nuova, a proposito di rimatori, leggiamo:" E questo mio primo amico ed io ne sapemo bene di quelli, che così rimano stoltamente,; non possiamo non pensare a lunghi e fidati colloqui de' due poeti. Con tutto ciò, Dante non avrebbe saputo, con certezza, se Guido adorava Dio debitamente, oppur no!

La spiegazione del Casini non toglie valore nemmeno all'osservazione del Finzi sul significato e l'uso della parola disdegno, sempre, eccetto nel caso di Capaneo, adoperata da Dante riferendola dal maggiore al minore; - troppo rimpiccolisce Iddio, presentandocelo quasi în atto di aspettar pazientemente e pur con vivo desiderio che il viaggio di lui pe' tre mondi si compisse; fa cadere il poeta in una grave inesattezza, perchè non è punto vero che Dio stesse ad aspettarlo; infine, dà alla frase Colui... per qui mi mena un significato non conforme a quello datole d'ordinario nella Commedia. Dante, se non ricordo. male, intese sempre riferirla a persona o forza, che gli fosse vicina, presente; che realmente lo accompagnasse e reggesse; non a persona o forza lontana, che indirettamente gli facesse da guida o da stimolo. Si ricordino i versi: "Qual fortuna o destino Anzi l'ultimo dì quaggiù ti mena? — Per dar lui esperienza piena A me, che morto son, convien menarlo Per l'inferno quaggiù di giro in giro Costui per la

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profonda Notte menato m'ha de' veri morti Con questa vera carne ch'il seconda Nel passo controverso, colui, che attende Dante, non può, a parer mio, non essere quello stesso, che lo mena per l'inferno; ma il disdegno non si riferisce a lui. Quando il Rajna propose di riferire il cui a Dio, fu risposto che Virgilio non conduce Dante sino a Dio; ma solo sino a Beatrice: verissimo; eppure non venne a nessuno in mente, che io sappia, di trarre dall'osservazione giustissima la conseguenza logica, necessaria, naturale, cioè che a Beatrice allude Dante, proprio a lei, e al disdegno di lei per Guido. Non vo per qui per merito mio egli dice, son condotto da colui, che attende là, a tale, che, se di me ha avuto pietà e m'ha mandato aiuto, del vostro Guido non volle curarsi! La trasposizione del secondo verso (il complemento oggetto prima del verbo) non è punto insolita; nè è strano intender cui per a colui il quale (il pronome relativo soggetto) a colei la quale. Altri esempi di cui usato in tal modo non credo ce ne sieno nella Divina Commedia; nè ora ho tempo di ricercarne altrove; ma mi giova ricordarne uno analogo della Vita Nuova: "Mostrasi sì piacente a chi la mira,, uno del Fior di virtù: "Io dirò oggimai a cui dirà che tu non hai lingua, ch'egli s'inganna „; e uno del Corbaccio: Siccome sovente avviene a chi sogna „. Questa interpretazione (1) è confermata dal forse del secondo verso, intorno al quale s'è tanto, e tanto vanamente disputato. Per coglierne il significato vero,

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(1) Troppo lungo sarebbe enumerare gli articoli di giornali o di riviste. che da questo mio scrittarello presero le mosse per discutere intorno al disdegno di Guido, dirò solo che l'opinione mia non è punto cambiata e più ci penso più mi pare giusta.

importa volger l'attenzione alle parole di Dante a Brunetto Latini:

Ciò che narrate di mio corso scrivo,
E serbolo a chiosar con altro testo,
A donna, che saprà, se a lei arrivo.

Il forse del canto X e il se a lei arrivo del XV si equivalgono; manifestano tutt'e due il timore, il dubbio. di non pervenire a Beatrice; timore e dubbio espressi dal poeta, quando più quando men chiaramente, così prima della sua entrata nella città di Dite, come dopo, e fino nel Purgatorio. Insomma, i due versi, se non m'inganno, s'hanno da intendere a questo modo: "Colui che attende là, mi mena, per qui, forse, a persona, la quale ebbe a disdegno Guido vostro, (a Beatrice). E perchè la discesa di Beatrice all'inferno e l'invio di Virgilio a soccorso di Dante son già fatti passati, s'intende ora benissimo l'ebbe, che a ragione parve a qualche critico inesplicabile, sinchè le parole Guido vostro furon credute soggetto di esso.

Alle relazioni di Dante con Guido ci riconduce l'episodio di Forese. I versi:

Se ti riduci a mente

Qual fosti meco e quale io teco fui,

Ancor fia grave il memorar presente;

sono spiegati dal Casini come segue: "Se tu richiami alla tua memoria la stretta amicizia che ci congiunse nella gioventù e nelle consuetudini di vita viziosa che avemmo insieme, ti sarà grave anche in questo luogo di penitenza il triste ricordo: a Dante come a Forese doveva increscere la rimembranza di un periodo della loro vita, in cui seguendo le false imagini di bene s'erano abbandonati al vizio: a Dante doveva increscere

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