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trovate mentre le ha soltanto supposte, e, non di rado, per esse trascura o non cura abbastanza pure quel tanto, che nelle condizioni presenti degli studi è consentito, di esattezza storica.

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Cominciando da quelli, che si possono chiamare peccati di omissione, talora, per esempio, a proposito di Buoso da Doara, si contenta di quanto il buon Arrivabene aveva messo insieme, compresa la citazione del Pipino; talora non aggiunge sillaba a' cenni tramandati da' commentatori del Trecento e dal Villani, per esempio, a proposito di Gianni del Soldanieri del quale parecchie notizie fornivano le Consulte fiorentine nella parte edita prima del volume VI della Storia della Letteratura italiana; o di Tegghiaio Aldobrandi, del quale era da ricordare che fu podestà di Arezzo nel 1256; talora afferma che "poco o nulla sappiamo , per esempio, di Bonifazio messo tra i golosi del Purgatorio del quale, (se è, e pare dimostrato, e il Del Lungo ne è certo, Bonifazio, arcivescovo di Ravenna dal 1271 al 1294, qui acquisivit et auxit ed augmentavit multa bona et jurisdictionem et honores dicte ecclesie, scrive un contemporaneo quasi prenunziando il dantesco “Che pasturò col rocco molte genti, „ e un altro; magnus prolocutor et partem ecclesiasticam firmiter tenens), molto sappiamo dalle raccolte del Fantuzzi e del Tarlazzi e da cronisti romagnoli; talora si duole che “nulla ci è noto, anche se una qualche notizia abbiamo, per esempio, di Cianfa, Dominus Cianfa de Donatis, uno del Consiglio del Capitano per il Sesto di Porta San Pietro nel 1282, nominato in grazia della moglie Clara nel testamento di Corso Donati,- o di Guido del Duca, pel quale avrebbe potuto consultare la raccolta del Fantuzzi e quel Girolamo Rossi, cui il Foscolo

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dette lode di egregio scrittore. "Poco, ci è noto, è vero, di Ubaldino della Pila e di messer Marchese; ma quel "poco, non si restringe pel primo a una novella del Sacchetti, nè, pel secondo, a un aneddoto raccontato da Benvenuto da Imola, purchè si abbia la pazienza di sfogliare le Delizie degli Eruditi toscani e Tolomeo da Lucca per l'uno, il Cantinelli e il Fantuzzi per l'altro. Se la cessione, che gli Ubaldini fecero ai Neri di Firenze, nel 1306, del castello di Montaccenico, fondato dal cardinale Ottaviano morto, si badi bene, nel 1272-" forse... influì a far condannare il cardinale all'inferno „; ben potè "influire a far condannare al Purgatorio Ubaldino della Pila l'essere egli stato del Consiglio generale fiorentino nel 1260, all'indomani di Montaperti, essendo podestà Guido Novello: egli fu il primo de' consiglieri nominati nell'atto, col quale fu designato un sindaco a trattar la lega tra i ghibellini di Firenze e il Comune di Siena, testimoni un altro personaggio dantesco, Guido Bonatti, e uno rammentato con onore nella Commedia, Lizio da Valbona. Se dobbiamo riconoscere di sapere poco, di messer Marchesino degli Orgogliosi di Forlì - ossia che fu ribelle alla potestà ecclesiastica con gli Ordelaffi e con Mainardo da Susinana, e che andò podestà a Faenza nel 1296, non ci è permesso dire di saper poco di Ranieri dei Calboli, del cui nome e delle cui imprese son piene le cronache di Romagna negli ultimi trent'anni del secolo XIII (').

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(1) Il nome di Raniero de' Calboli s'incontra le prime volte in documenti del 1247 e del 1249. Fu podestà di Faenza nel 47, di Parma nel 52, di Ravenna nel 65. Ribellatosi a Forlì nel 76, con i signori di Perteseda e con l'amico suo Lizio di Valbona il buon Licio, di Dante, anch'esso sconosciuto, sinora, ai commentatori occupò borghi e castelli. Civitella gli fu ritolta, poco dopo, da Guido di Montefeltro (nella zuffa perì Arrigo figliuolo di Lizio). Aiutato da' bolognesi, fortificò Calboli e vi sostenne assedio da' forlivesi, i

Meno spiegabili delle omissioni - non dirò: meno scusabili sono le inesattezze. Domanda il Bartoli: "Se fosse vero quello che racconta Benvenuto: Audivi quod iste dominus Venedicus concepit grave odium contra Dantem et procuravit aliquando ledere eum, chi oserebbe dar torto al fratello di Ghisolabella? Di che? domando io. Di aver odiato Dante per l'accusa di lenocinio? Che cosa ne potè sapere Venedico, morto prima del 1300, prima che fosse composto il canto

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quali, portatevi sette macchine, giorno e notte jaculabantur lapides magn's destruendo muros et homines occidendo, e, avuto il borgo, lo distrussero. Nel 79 egli e Lizio erano in Imola, presenti alla dichiarazione della pace conchiusa tra gli Accarisi e i Manfredi. Essendo stato ucciso (1285) da illis de Calbulis Aldobrandino degli Orgogliosi, potente in Forlì, ne seguì fiera inimicizia delle due famiglie, composta di lì a due anni da Malatesta, "il mastin vecchio da Verucchio, il quale s'occupò anche di pacificare i Calboli con i conti di Castrocaro, non perchè fosse, a un tratto, divenuto diverso da quel di prima; ma perchè gli premeva di raccoglier tutte le forze romagnole contro il rettore pontificio. Nel 91 Raniero fu di coloro, che garantirono la promessa data da' Polentani di liberare Stefano Colonna già rettor di Romagna, loro prigioniero, e di compensarlo de' danni sofferti: testimone con altri il dottore in legge, Lapo Saltarelli fiorentino. Nel 92, essendo egli podestà di Faenza, con faentini, con Maghinardo da Susinana, " il demonio de' Pagani,, con forlivesi, i quali l'aspettavano nel borgo Schiavonia, assalì in Forlì le genti di Ildebrando da Romena, allora conte di Romagna per il papa, col quale stavano i fratelli di lui Aghinolfo e Alessandro accusati da mastro Adamo nella bolgia de' falsatori e frate Alberico de' Manfredi. Siamo, come si vede, tra vecchie conoscenze dantesche. Ildebrandino dovè fuggire; Aghinolfo e suo figlio Alberto, presi, furono condotti a Faenza. Nel 94 i Calboli, alla loro volta, furono espulsi da Forlì, et ex eis plurimi vulnerati, e imprigionato Fulcherio, che poi doveva diventare cacciatore "de' lupi fiorentini,, vender la loro carne" viva, „, ucciderli “ come antica belva, allora Fulcherio riebbe la libertà per intercessione di Maghinardo. Nel 96 Raniero, Maghinardo, Malatesta da Verucchio, Guido Galasso e Corrado di Montefeltro, furono citati alla presenza di Bonifazio VIII, risoluto, diceva, a pacificare la Romagna: a quanto pare, nessuno obbedì. Il 15 luglio dello stesso anno, mentre i forlivesi e Maghinardo, non piú amico, assediavano Castronuovo, castello de' Calboli, Raniero riescì a penetrare in Forlì; ma, sopraggiunti, reduci dall'assedio, Scarpetta degli Ordelaffi e i forlivesi, perdè la vita combattendo. Nella mischia perì anche suo fratello Giovanni. Benvenuto da Imola -0 piuttosto un trascrittore del suo commento credette, i commentatori posteriori han ripetuto che Giovanni uccise Raniero. Or va e fidati de' com

XVIII dell'Inferno? (') Se Iacopo della Lana avesse ascritto Pier da Medicina alla famiglia Cattani, come il Bartoli crede a torto, s'intenderebbe; non s'intende che il dotto uomo, alla notizia con poca attenzione desunta dal commento di Iacopo, aggiunga di suo; "I Cattani fiorentini erano di parte Ghibellina, pure avendo innanzi il libro del Gozzadini su le torri Bolognesi nel quale Piero è ascritto alla famiglia Biancucci - pur sapendo che cattani o catanei fu uffizio e titolo, così in Toscana come altrove, prima di esser cognome: del resto, i Cattani nominati dal Villani non erano fiorentini veri, ma da Castiglione e da Cersino. Nè s'intende perchè racconti: "Tebaldello dei Zambrasi consegnò la città di Faenza, sua patria, ai guelfi italiani e francesi di papa Martino IV, condotti da Giovanni d'Appia Come c'entrano Giovanni, papa Martino, i francesi? Tebaldello aprì Faenza ai Geremei bolognesi nel novembre del 1280;

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menti, anche antichi! Spirito irrequieto, avverso a Guido da Montefeltro, avverso agli Orgogliosi, avverso agli Ordelaffi, quando alleato quando nemico di Maghinardo, più che ambizioso, il prode romagnolo potè parere a Dante invidioso. Ma l'incontro del poeta con lui non fu imaginato solo per oltraggiare Fulchiero; nè Raniero fu glorificato solo perchè guelfo: egli, Maghinardo, lo stesso Malatesta eran guelfi, i quali, quando capitava, menavano di santa ragione le mani contro le masnade, onorevoli o no, della Chiesa. Quanto alla scelta di uno di Bertinoro per rendere più acre e velenoso il rimprovero alla tralignata Romagna,, sono parole del Bartoli che ho da dire? A

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rampognar la Romagna ci voleva un romagnolo. E chi sa? Fra tanti criteri soggettivi, il poeta volle seguire, una volta, un criterio, dirò, topografico; dall'alto del bellissimo colle di Bertinoro, più gran parte della bella regione

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non è fuggito via „

Tra ' Po e 'l monte e la marina e 'l Reno...`

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si vede la

(1) Una inesattezza d'altro genere: Dante non avrebbe chiamate bilance le anime, o le spalle che sieno degli ipocriti, se non fosse stato per la rima. L'interpretazione, che è facile dimostrare errata, non ha nemmeno il merito della novità, perchè la dette già Benvenuto, al quale quella parve pulcram metaphoram.

Martino IV salì al papato nel febbraio del 1281; Giovanni d'Appia non fu a Faenza prima del giugno seguente, nè ebbe ragione di spargervi sangue. Il Bartoli s'è attenuto al Villani, scrittore lontano e male informato, quantunque il Valgimigli, da lui citato, avesse già determinata la data vera del tradimento con la scorta del cronista faentino Pietro Cantinelli, spettatore, forse, della sanguinosa vendetta, che Tebaldello si prese della beffa fattagli dai Lambertazzi. Anche della beffa il Bartoli ha un cenno; ma segue il tardo commento di Benvenuto invece del serventese composto subito dopo il fatto, pieno di nomi e di particolari:

e Tibaldello gli hanno ordinato,
quando sarà la sera addormentato,
doverli torre un bon porco castrato
dentro la stalla:

a desinar sel cossen sen' tardanza

e sì se lo manzòno in gran risaglia,
non si pensar com la i sarà bruscaglia
quel desinare.

Quando Tibaldello possè spiare...

di questa cosa curar non paria,
anzi s'allegra con lor per la via,
ma di curto gli ordinerà una tela
com'odoriti... (1)

Della parte assegnata a Paolo Malatesta nell'episodio di Francesca da Rimini il Bartoli giudica: "I seduttore è annullato di fronte alla sedotta. La grande anima irosa dell'Alighieri si è vendicata d'un guelfo Nero. Chi parla di seduttore e di sedotta?

(1) Del serventese ha procurato una nuova edizione F. PELLEGRINI negli Atti della R. Deput. di St. patria per la Romagna.

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