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propria; nondimeno, le sue novelle piacciono, per il calore dell'esposizione quando esposizione c'è, per la naturalezza o per il brio del dialogo, per la distribuzione armonica delle parti. Ma da chi sperano lette le novelle loro il signor Mazzullo e il signor Ricchiardi? Scene siciliane, o calabresi, ne ricordiamo oramai tante! Hanno essi il vigore del Verga, o l'abilità del Capuana? Hanno almeno la vena abbondante del Misasi? Se non altro, scrivono secondo grammatica? No, no, pur troppo. Il signor Ricchiardi ha supposto, io penso, di poter emulare o superare il Verga, il quale suole tradurre in forme italiane, senza troppo alterarlo, il dialetto siciliano, ha supposto, dico, di poterlo emulare o superare, mescolando frasi italiane con frasi dialettali. S'ingannava; il suo miscuglio è grottesco. D'altra parte, contadini, che esclamano: "Oh se saprò adeguare al misfatto la mia vendetta! non sono nè contadini nè calabresi. Nessuna popolana di Rionero in Vulture si sognerebbe di sentenziare: " Il suo amore non avrà forza mai di rinunciare a tutto pur di appagare il cuore!, I siciliani del signor Mazzullo escono le tabacchiere per annasare tabacco; sono tra loro disaccordi sotto molti punti di vista; hanno orologi a pendolo, di cui lo squillo argentino fa avvertire un quarto d'ora dopo mezzanotte e salotti addetti ai concilii di famiglia in casi gravi; danno esempi, che servono per sempre di arra sicura ai mariti della fedeltà delle mogli e dell'accertamento della prole.

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I lettori, a queste novità sbalorditoie, anteporranno gli studi d'interno del Castelnuovo o i paesaggi e i contadini abruzzesi del Ciàmpoli.

Il Castelnuovo, del quale non leggevo libri da parecchi anni, mi pare abbia fatto progressi notevoli,

benchè la sua forma sia sempre piuttosto languida e monotona, e le proporzioni e l'intonazione dei suoi racconti non sempre si adattino agli argomenti. In Fuori di tempo e fuori di posto, per esempio, tira troppo in lungo il crudele inganno di un professore dell' Università di Padova, il quale, già maturo d'anni, credette di poter essere amato da una bella signora e, disingannato, morì di crepacuore. E dire che, cominciando la lettura, si spera di ridere allegramente! Meglio rispondono alle qualità del suo ingegno affetti semplici, scene intime: il diario della signorina Elena

che invece di partire per Tiflis, dove suo fratello l'aspetta, resta a Venezia e sposa il professor Verdani è scritto con semplicità e con un certo humour ben convenienti alle confessioni e alle osservazioni di una fanciulla d'indole dolce e riflessiva.

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Nelle novelle del Ciàmpoli ritrovo parecchi personaggi, che non rivedevo da un pezzo, le gole, le valli, le forre tante volte descritte da lui e sempre qualcosa nuove,; ritrovo il popolo abruzzese, fiero e buono, laborioso e ingenuo, ancora credente, ancora idealista. Ma quanta ignoranza e miseria, quante colpe e delitti e vendette! Altro non aggiungo, perchè del Ciàmpoli discorsi, lungamente, altra volta.

XI.

AGOSTINO BARTOLINI, Studi danteschi. Vol. I, Inferno;
Siena, Tip. arc. editrice San Bernardino.

Qualche osservazione giusta, che s'incontra qua e là, ma di rado, non basta a compensare i difetti di questi studi. I quali, destinati tutti, o quasi tutti, alla lettura pubblica, son pieni di divagazioni e di amplificazioni rettoriche. Larghissima parte vi è data a quella estetica rudimentale, o, piuttosto, rettorica flaccida e ventosa, che si riduce a esclamazioni e ad apostrofi, e si affatica e si accalora a vedere in un terzetto, in un verso, in una frase, in una parola, ciò, che non vi è. L'autore essendo ammiratore, sì, di Dante, ma anche prelato cattolico, ammira sinchè può senza venir meno all'ossequio per le “sante chiavi „; ma se il poeta deplora e flagella i vizi dei papi e la decadenza del papato, gli dà torto, sempre torto, inesorabilmente, come a fuorviato " dalla passione, „ a male ispirato" da ragioni personali, se mai, per mezzo di stiracchiamenti o di tagli, gli fa dire tutt'altro da quello, che ha scritto.

A. dar saggio del metodo estetico del Bartolini basterebbe il suo commento al verso

E mantovani per patria amendui,

nel quale ogni altro lettore non cercherebbe arcano significato: "Nel verso pieno d'armonia imitativa, che nota la patria de' genitori di Virgilio, è tutta la mestizia del mondo domestico, è tutta la soavità grave dell'affetto pel luogo nativo, è il gemito di figlio, è il compiacimento di cittadino, è il lamento dell'elegia, è la nota librata della lirica plaudente, è il passaggio pallido delle ombre antiche verso le quali ti spinge l'impeto della tenerezza, è il tratto vivace di pennello che fa innanzi allo sguardo il nido diletto, i ricordi dell'infanzia, le gioie degli studî severi, le speranze della gloria che si congiungono alle blandizie de' materni sorrisi. E mantovani per patria amendui! „ Oh, se amendui fossero stati milanesi o padovani, il verso non avrebbe contenuto tante e sì belle cose? Il poeta accenna a colui, che viene forse di Croazia a vedere "la Veronica nostra,, ; il critico spiega: "Con quelle parole: la Veronica nostra Dante dice la nostra Roma, perchè Roma ed il centro della vera credenza, Roma ed il luogo ove è a cercarsi la sembianza di Cristo nel suo vicario sono una sola cosa „. Signore, or fu siffatta la sembianza vostra? Nella bol

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gia degl' indovini il poeta pone Guido Bonatti, che si trovò con Guido Novello a Montaperti; il critico tiene non essere cosa strana, nè sdicevole il pensare che il severissimo Alighieri in quel suo riciso accennamento dell'astrologo forlivese, avesse voluto richiamare a mente uno di que' fatti della patria sua che gli destavano nell'animo grande dolore: la sconfitta de' Guelfi a Montaperti „. Eppure, lo nomina soltanto! Se, dopo l'" accennamento,,, deve porsi un punto e virgola, sola spiegazione razionale è quella di Benvenuto. Nella riviera del sangue il poeta vede una fronte dal pelo nero, la fronte di Azzolino; il critico

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