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minacce, le finte irritazioni, le false ritrosie? E perchè mai, sdegnatosi più volte al punto di minacciare la morte dell'irrequieto" servitore si lasciò altrettante volte placare senza farsi troppo pregare? Perchè non si contentava di chiudergli la bocca a furia di danaro e d'altri doni? Aveva paura, pensa il Luzio, di quella penna maledica. Eppure si distaccò da Pietro, per sempre, proprio quando la potenza di lui era in sul crescere, e 66 rifiutò assolutamente di riconciliarsi, malgrado le scuse e le preghiere! „

Brutta storia, pure piena di contrasti, di sorprese, di stranezze: storia non di due uomini soli; ma di tutto un popolo corrotto, che della sua corruzione si compiace e vi diguazza in mezzo, che ammira l'ingegno al pari della malizia, si diletta così dell'arte vera come delle mostruosità e delle deformità. E in questa brutta storia chi fa la figura peggiore non è quello, che maneggia la penna come altri maneggiano i veleni e il pugnale. Una volta almeno l'Aretino scrisse, non per seguire una nobile ispirazione, no, perchè fu pregato dall'arcivescovo Cornaro, degno d'essere obedito; ma, a ogni modo, come meglio potè e seppe, per deplorare l'eccidio della comune patria e il sacco di Roma. Che se è difficile discerner qualche lampo di sentimento vero nella canzone, un calore non interamente artificiale si sente nella lettera, che l'accompagnava al Gonzaga: "Et se ci è qualche vocabolo che non sia petrarchevole non è perch' io non conosca messer Sovente et ser Unquanco et don Quinci et maestro Quindi, forse quanto gli altri poeti quae pars est. Ma la passione che diede quella bona robba di Monna Laura a ser Petrarcha fu più dolce che questa che ci dà Roma coda mundi per gratia de li Spagnoli et dei Tedeschi, che perdio

bisogneria che per isfogarsi le parole fosseno spiedi et archibusi!,

L'elegia testè menzionata di Arrigo da Settimello, composta intorno al 1193, contiene alcune delle più antiche testimonianze letterarie della diffusione del ciclo brettone in Italia. L'infelice Arrigo, oppresso dalle sventure, si paragona all' infelicissimo Tristano. Abbandonato da tutti, esclama: "Prima il vecchio Arturo tornerà ai Britanni, che il falso amico arrechi aiuto nelle disgrazie,; vedendosi privo d'ogni cosa, riflette amaramente: "Anche se fossi Arturo, tale sarò quale sarò giudicato,. Queste ed altre allusioni raccolse già il Graf; ora il Rajna, studiando accuratamente, secondo il solito suo, molti documenti, scopre tracce molto più antiche della divulgazione de' romanzi della Tavola rotonda al di qua delle Alpi. Nell'ultimo quarto del secolo XII gli Artù sono numerosissimi, da Pavia a Venezia, da Ravenna ad Altopascio: se si considera che nelle carte i nomi "designano di regola persone adulte,, si deve ammettere che il nome di Artù era notissimo verso la metà del secolo. Lo s'incontra, del resto, anche prima, nel 1138, nel 1122; e perchè il favoloso re non potè esser conosciuto allora in Italia per mezzo di libri come la Historia Britonum di Goffredo di Monmouth "posteriori di più decennii,, s'ha da conchiudere che ci fu portato" su labbra giullaresche,, dalla Francia. Ecco in qual modo un'indagine, la quale a' più può parere oziosa, o cominciata per mera curiosità di erudito a spasso, mena a determinare un fatto letterario di grande importanza: quando il nome apparisce le prime volte, accade "l'espansione romanza

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della materia di Brettagna Oltre Artù, si trova Galvano nel 1158, Gradalis (si ricordi la coppa, nella quale, secondo la leggenda, fu raccolto il sangue di Gesù sul Calvario, la coppa miracolosa ricercata per tanto tempo da Percival, il Graal o Grail o Grëal, dai nostri antichi chiamato San Gradale) nel 1193, Isotta o Isottina intorno al 1202.

L'opuscolo del Rajna, ottimo esempio di erudizione scelta e sobria, non mai abbastanza lodato in tempi in cui, sotto la penna de' principianti, i nani diventano giganti, e le minuzie gonfiate hircinis follibus riempiono grandi volumi, — è il quinto de' contributi alla storia dell'epopea e del romanzo medievale, i quali, quando saran finiti e riuniti, faranno buona compagnia alle Fonti dell' Orlando Furioso e alle Origini dell' Epopea francese.

II.

F. ROEDIGER. Contrasti antichi: Cristo e Satana. Firenze, alla Libreria Dante.

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In questo importante volumetto (XIV della buona. collezione di Operette inedite o rare) sono stampati e dottamente illustrati quattro contrasti. Il primo, intitolato Piaito ch'ebbi Dio con l'inimico, risale, a giudizio del Roediger, al secolo XIII e anche piú indietro, se, come par probabile, il testo italiano non è altro che un volgarizzamento d'un originale latino o francese,. È in prosa, si può leggere in dieci codici, e sembra inedito. Il demonio vi sostiene, con molte ragioni, che Cristo gli ha fatto ingiuria e torto, togliendogli l'omo, allega a favor suo la legge civile, la naturale, la divina; nega di aver guadagnato l'umanità per inganno (a ogni modo, se inganno fu il suo, l'adoperò contro Eva sciente e volente, et scienti et volenti non infertur dolus); invoca il diritto di prescrizione; " pone e protesta, che, se Cristo per inganno liberò l'uomo, “ nè dè nè può valere, perch'egli non lo pocte connoscere; chè se lo avesse connosciuto, non l'arebbe perseguitato nè facto uccidere, chè si monstrò homo ed era Dio ecc. E Cristo ribatte ad una ad una le asserzioni di Satana, dicendo, tra l'altro,

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non senza ironia: "Frate, chi inganna l'ingannatore si fa pura iustitia: io t'ò ingannato con pura iustitia. L'arte si inganna con l'arte... Et ogni omo dò aiutare lo ingannato ed essere contra lo ingannatore „. — Il secondo testo, non ignoto agli studiosi, perchè ne aveva già discorso il D'Ancona, giudicandolo esattamente" un rozzo composto del dramma dei Profeti di Cristo, e della liberazione delle anime dal Limbo,, è il Contrasto di Balzabù e Satanasso, contenuto nel codice riccardiano 1700. In esso la disputa legale è preceduta da altri fatti: Satanasso raccomanda a Belzabù (che ha "ordinato co' giudei per metter Christo al fondo,) di esser cauto, di far le cose con ingiegni,,, perchè, se Gesú fosse figliuolo di Dio, darebbe loro molto tormento e duolo „. Belzabù reca dalla terra la lieta novella che Gesù è uomo veramente; poi si avvia per andare a prendere "quell'anima „: allora Adamo ricorda ciò, che predisse l'angelo a Set, quando questi andò al " Paradiso per aver del legnio che chi n'avessi non morebbe mai „; Isaia, Geremia, Zaccaria, Simeone rammentano le loro profezie; Giovanni Battista, dopo aver raccontato che egli battezzò Gesù, conchiude:

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Veramente ora vi rallegrate,

ché oggi son le scritture consumate.

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Torna Belzabù, gridando: " Tosto le porti fate forte serrare..., chè Yesù viene pel linbo spogliare!, Satanasso lo rimprovera; ma, ecco, tuona la voce di Cristo, che comanda di aprire le porte,

sicché dentro ci possa sedere

questo re di gloria al suo piaciere.

Cristo entra a forza nell'inferno: dopo un breve colloquio fra lui e Adamo, comincia la disputa con Sa

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