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A chi chiedesse poi quale sia l'estensione del territorio italiano d'Assab, dirò che un primo calcolo planimetrico da me eseguito sui documenti i più particolareggiati, relativi al 1870 e 1871, mi ha fornito una cifra di 15 chilom. quadrati circa per la superficie del nostro possedimento, compresevi le due isole di Omm el Bachar e Ras er-Raml superficie pari al più piccolo degli Stati d'Europa,

al Principato di Monaco.

GUIDO CORA.

CRONACA GEOGRAFICA

Africa.

Spedizione Matteucci all'Uadai. Appena tornato dall'Abissinia, il dottor Pellegrino Matteucci si adoprò ad allestire una terza spedizione nell'Africa, scegliendo questa volta per base delle sue operazioni uno degli stati meno conosciuti del Sudan, l'Uadai, sinora esplorato da un solo viaggiatore, dal Nachtigal. Accompagnano il Matteucci Don Giovanni Borghese (figlio del principe Borghese di Roma), alle cui spese, in gran parte, è fatta la spedizione, ed il luogot. di vascello Alfonso Massari, specialmente incaricato della parte scientifica. I viaggiatori giunsero in Egitto nel febbraio 1880 e furono ricevuti molto onorevolmente al Cairo dalla Società geografica Khediviale, che pose a loro disposizione libri, carte ed istrumenti, avendo inoltre il suo presidente, il generale Stone, istruito particolarmente il Massari dei rilievi sin qui eseguiti dagli ufficiali dello Stato Maggiore Egiziano nel Darfur: inoltre furono ricevuti in udienza dal Khedive, per intromissione del Console generale d'Italia in Egitto, comm. De Martino, e ricevettero una lettera di raccomandazione pel sultano dell'Uadai, la quale potrà forse rimuovere gli ostacoli che proibiscono attualmente l'ingresso agli stranieri in quel paese.

Ai 24 di febbraio la spedizione s'imbarcò a Suez per Suakin, d'onde per Berber si recherà a Chartum, ove preparerà la carovana pell'Uadai. Da qui essa cercherà di addentrarsi nel cuore della regione sconosciuta, volgendosi verso il sud-ovest per raggiungere il fiume Binue e il golfo di Guinea, anzichè ritornare pel Bornù e il Fezzan, com'era primo intendimento del Matteucci. Non si può sapere sino a qual punto i viaggiatori potranno giungere e quale sarà l'estensione di paese che sarà loro dato di rivelare alla scienza; ad ogni modo se essi potranno entrare nell'Uadai e determinare la posizione astronomica di Abescr e di qualche altra località, essi avranno per ciò solo reso un grande servizio alla geografia africana, fornendo una base sicura per stabilire la situazione esatta di quel paese, in cui il Nachtigal, com'è noto, non eseguì se non rilevamenti alla bussola.

Conoscendo la fermezza del suo duce, che ha già preso una notevole esperienza dei viaggi africani, noi confidiamo che la nuova spedizione italiana non potrà conseguire se non importanti risultati, offrendo novella prova del continuo progresso che si manifesta in Italia negli studi geografici.

Spedizione Italiana nell'Africa Equatoriale. Continuano i timori e le incertezze sulla sorte dell'ing. Chiarini e del cap. Cecchi, che già da due anni

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lasciarono lo Scioa per recarsi a Kaffa e ai laghi equatoriali. Le ultime notizie giunte alla Società geografica nel febbraio 1880, e che già riferii nel fascicolo X, ci lasciano credere che nel febbraio 1879 i due intrepidi viaggiatori si trovassero a Kaffa, entrambi in buona salute, bene accolti da quel re, ed in procinto di partire alla volta dei laghi equatoriali. D'altra parte monsignor Massaja, che si trova attualmente in Egitto, ove s'incontrò col Matteucci, mostra molta apprensione per la loro sorte, come si rileva dal seguente brano di una lettera del Matteucci stesso: Di Chiarini e di Cecchi ne ha parlato con molta trepidazione: disse che alla sua lealtà faceva dolore di non poter nascondere i serii dubbi sulla incolumità di quelle vite preziose: ne accusa il furore dei mussulmani, che predicano, fra le erranti tribù dei Gallas, la guerra contro tutto quello che ha d'europeo, e lamentava che da due anni nulla aveva potuto sapere delle missioni di Gera e di Kaffa, poichè è impossibile qualunque comunicazione. Le informazioni di Massaja sono però anteriori a quelle di Antinori. Notiamo con piacere che l'egregio deputato maggiore 0. Baratieri, ben conosciuto per le molte sue benemerenze geografiche, fece una interpellanza alla Camera dei Deputati nella seduta del 21 marzo 1880, riguardo ai viaggiatori italiani Cecchi e Chiarini, chiedendo che il governo faccia delle indagini sulla loro sorte. Nella stessa 'occasione fu dal deputato Canzi, cui s'associò il Bonghi, proposta la istituzione di un consolato a Zeila, che dovrebbe servire a tutelare i viaggiatori italiani, che per quella via s'inoltrano tra i Somali e in Abissinia. Del marchese Antinori giunsero due lettere scritte da Let-Marefià, 4 settembre e 20 ottobre 1879. Il venerando e simpatico capo della spedizione godeva buona salute ed annunciava di avere pressochè pronta una terza collezione scientifica. Le ultime notizie del cap. S. Martini rimontano al 20 novembre 1879: nelle lettere scritte in quel giorno dalle rive dell'Hauasc egli annuncia che sino a quel punto la spedizione da lui condotta continuava a procedere benissimo, e che contava di raggiungere in due giorni Farrè, al di là della frontiera dello Scioa. Viaggio di Giulietti nell' Harar. Un'altra intrapresa fortunata, che ci promette dati importanti per la geografia dei paesi Galla e Somali, è il viaggio all'Harar del signor G. M. Giulietti, già membro della terza spedizione di Martini allo Scioa. Il primo cenno di questa nuova esplorazione italiana è contenuto in una lettera diretta dal viaggiatore all'egregio geografo prof. Dalla Vedova, segretario della Società geografica, e che riproduciamo quasi per intiero.

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Harar, 3 novembre 1879. Se avessi un po' più di tempo a mia disposizione, vorrei farle un po' di geografia della strada percorsa per arrivare sin qui; ma disgraziatamente un corriere che parte oggi stesso mi costringe ad esser breve... Per venire all'Harar ho dovuto litigare con Abubaker, che infine si arrese a certe buone ragioni e mi fornì della guida (Aban) che mi abbisognava, e che non volle permettermi che prendessi io stesso, forse per farmela pagare il doppio, come fece. Con questa, due domestici (un Somalo ed un Abissino) e tre muli, ho fatto in otto giorni e mezzo 320 chilometri circa di strada tutt'altro che piana. C'era di che non addormentarsi.

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Dapprima gli Isa, che già avevo provati a Gialelo-Abassiun, poi i Gadobursi, sui quali avevo raccomandazione speciale del Pascià di far fuoco alla prima occasione; poi gli Ittu, che ad ogni tratto scorazzano sul territorio di Gildessa

e di Garaslè e si vendicano sulle carovane del perduto dominio di Harar e delle ruberie dei Somali. Da tutto questo, continui, ma fortunatamente falsi allarmi diurni e notturni. Aggiunga i litigi continuati fra i due domestici, che finirono. colla fuga dell'Abissino, spogliato un'ora dopo a Biacaboba dagli Isa, che lo piantarono nudo e legato in mezzo ad un torrente, e vedrà che ho avuto delle buone ragioni per perdere l'abitudine di dormire.

Ho seguito la rotta di (Zeila) Waiabotto, Mandâa, Ensa, Láas Mâal, Sonnuedo, Laâs-Vardig, Biacaboba, Melan, Cotte, Garaslè, Gildessa, Sekserbei, Belova Ego, Nole, Harar. Al ritorno devierò a Laâs-Vardig per la strada di Abassiun, per verificare meglio il corso di certi torrenti, che credo scolino nella pianura di Mandâa riunendosi a Waiabotto. Non posso ancora dirle nulla dei dintorni di Harar, perchè qui sono tenuto quasi come prigioniero, non potendo uscire dalla città senza la scorta di quattro bascibozuc a cavallo. Domani farò una prima gita; poi Raduan Pascià vuole ch'io vada con lui a visitare certe sorgenti di Mosè (cosa c'entri Mosè all'Harar non so capire) per vedere di derivarne le acque in città. Come vede, mi pigliano per un ingegnere... '.

Viaggio di Zweifel e Moustier alle sorgenti del Niger. - Un fatto di molta importanza per l'idrografia dell'Africa occidentale si è l'esplorazione delle sorgenti del Niger, di cui non si conosceva ancora l'esatta posizione, quantunque il viaggiatore inglese Laing nel 1822 avesse avuto dagl'indigeni delle informazioni molto approssimate al vero, indicando che al monte Loma trovavasi la sorgente del ramo principale del fiume. La scoperta delle sorgenti del Niger si deve ai sigg. Zweifel e Moustier, agenti della casa Verminck di Marsiglia.

I sigg. Zweifel e Moustier partirono da Sierra Leone alla fine di giugno 1879, esplorando il bacino delle due Scarsie, visitarono il paese di Lokko, e giunsero il 25 luglio a Bumba capoluogo del paese di Limbah. Questi viaggiatori seguirono un itinerario affatto diverso da quello tenuto nel 1869 da Winwood Reade, e non fu poca fatica la loro il dover attraversare numerosi corsi d'acqua sia a guado come a nuoto, oppure viaggiare a piedi, con un calore torrido in pianure affatto scoperte; parecchi uomini della loro scorta caddero ammalati per la strada. Dieci anni fa, questa regione era coperta da foreste foltissime, oggi, invece, che il commercio in Europa sulle materie oleose si è ingrandito d'assai, i negri si sono dedicati alla coltura dell'arachide e del palmizio, le di cui noci forniscono il così detto olio di palma.

Dopo un breve riposo a Bumba, gli esploratori continuarono la loro strada. Da Sagala, volevano dirigersi sul monte Loma, ma udendo che la guerra e la miseria desolavano il Koranko, che dovevano attraversare, seguirono invece la strada solita e si spinsero su Falabah. Questa grande città venne già visitata da Laing e Winwood Reade. Il 18 agosto i sigg. Zweifel e Moustier ebbero la visita dei Koranko; interrogati, questi risposero ai viaggiatori che le sorgenti della Grande acqua sono situate all'est, più lungi del monte Loma, e più lungi anche di un'altra montagna; è fra questi due monti che dovrebbe passare il Giolibâ. Queste sorgenti si comporrebbero di tre altre distinte, dalle quali nascono corsi d'acqua, che formano un piccolo lago, da cui esce definitivamente

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« Bollettino della Società Geografica Italiana », gennaio 1880, p. 55.

il Niger. Sikoa, re di Falabah, diede ai viaggiatori preziosissimi ragguagli, e promise loro che sarebbe stato facile l'andare a Faramah, ma che era impossibile di discendere al Buré, perchè i Sangara, essendo in guerra, avrebbero loro impedito il cammino. In quanto a rimontare alle sorgenti, secondo lui, la cosa era facile. Loro promise una guida e delle raccomandazioni presso i Koranko. Il viaggio fu pericoloso e faticoso. Si diressero dapprima verso il Loma, seguendo il versante meridionale delle montagne, ove riconobbero le sorgenti della Rokelle, fiume di Sierra Leone, e della Karamanka. Poi varcando la catena camminarono dall'ovest all'est, ed attraversarono numerosi affluenti del Niger. Alle difficoltà del viaggio bisogna pure aggiungere la mancanza assoluta di sicurezza. Ad ogni istante erano sul punto di essere presi da qualche banda di predatori che saccheggiavano la sponda destra del fiume. D'altra parte la fame regnava nel paese, e nel settembre cadevano pioggie torrenziali da bagnare fino alle ossa i poveri viaggiatori; in altri momenti invece erano bruciati da un sole ardente che faceva salire la temperatura a 50° o 60° centigradi. Malgrado tutti questi ostacoli, i sigg. Zweifel e Moustier raggiunsero la meta nei primi giorni di ottobre. Giunsero a Kulakoiat-Forria, villaggio sui confini del Koranko, del Kissi e del Kono, a sei chilometri dal quale trovasi la sorgente del Giolibâ. È questa sorgente che forma un corso d'acqua chiamato Tembi dagl'indigeni, che per la sua lunghezza e pel suo volume d'acqua dev'essere considerato come il vero Niger.

Dalle osservazioni dei due viaggiatori risulta che il Giolibâ o Niger è formato da tre corsi d'acqua: il Tamincono, il Falico ed il Tembi, quest'ultimo essendo il braccio principale dell'alto fiume, mentre il primo non è che un affluente del Falico. I calcoli dei due viaggiatori fornirono loro le determinazioni geografiche seguenti (delle quali però non conosciamo ancora il vero valore): la sorgente del Falico debb'essere posta a 8° 45′ di latit. nord ed a 12° 45' di longit. ovest del meridiano di Parigi, e la sorgente del Tembi a 8° 36' di latitudine nord ed a 12° 53' di long. ovest. I due corsi d'acqua, il Tembi ed il Falico scorrono quasi parallelamente dal sud al nord sino a Lia, nel Sangara, ove si confondono e formano definitivamente il Gioliba o Niger. Le montagne che formano il margine occidentale di questa parte dell'altipiano dei Mandingo non sembrano molto elevate, giacchè, secondo Zweifel e Moustier, il punto culminante della catena del Loma, cioè il monte Ienkina, raggiunge appena 3500 piedi (probabilmente piedi inglesi, cioè circa 1070 metri): più al sud, nella parte della catena del Loma che si confonde colla catena detta di Kong, il monte Duru, sulla frontiera del Koranko e del Kono, s'innalzerebbe a 4000 piedi (circa 1220 metri). Queste cifre non differiscono molto da quelle osservate più al sud da Anderson, nel 1868, durante il suo viaggio a Musardu, tra i Mandingo.

Lo scopo principale della spedizione essendo stato raggiunto, e visto il loro stato di fatica, il 1° ottobre i viaggiatori si decisero a ritornare a Sierra Leone, d'onde spedirono i primi rapporti sul loro viaggio, che abbiamo qui condensato.

GUIDO CORA.

(Chiuso il 27 marzo 1880)

GUIDO CORA, Gerente responsabile.

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