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Gedid, lasciando Qarda a levante, Hagiâra a nord-est, i monti Gharibât lungi una mezza giornata a ponente e dirigendosi ad una catena che traversa la via e porta il nome di Bîbân.

Il viaggio attraverso il Serîr el-Maâlâ, ai 23 di marzo, fu reso nuovamente disastroso da un vento impetuoso di ponente con molinelli di sabbia e pioggia di pungenti granelli di ghiaia. Quantunque il vento d'ordinario cresca e diminuisca col sole, non solo li accompagnò quel giorno sino a Rhodua, dove giunsero dopo otto ore, ma continuò a soffiare sino a mezzanotte. Avvicinandosi al termine della pianura, videro a poco a poco spuntar fuori della nebbia giallastra prodotta dal vento una fila di palme e colline vestite di tamarischi, e tosto giunsero ad una sorgente chiamata Bîr el-Uiscqa, che giace all'entrata del palmeto di Rhodua. Andando entro questo bosco, che si estende per varie ore, riuscirono al Qubba del famoso Murâbid Sîdî Mesâ' ud e poco dopo al villaggio stesso. Il 25 di marzo, partiti da Rhodua, percorsero la maggior parte del breve tratto che ora li divideva dalla meta del loro viaggio. Da principio avevano a ponente l'U. Nesciua ed a levante il Bîr esc-Scebâni nascosto da un gruppo di acacie. Il deserto in seguito non era più per nulla interrotto, ed in quella solitudine passarono la notte, poco lungi da un cumulo di pietre che serve ai viandanti di colonna miliare, ed ha nome 'Alem et-Terfâs.

Il giorno dopo avrebbero potuto facilmente raggiungere Murzuq, ma preferirono avvicinarsi soltanto alla città per poter prima annunciare il loro arrivo. E postisi per via, vennero sino a Sciequa, una valletta trasversale volta da levante a ponente, e di là spedirono un messo colla notizia al Borgomastro di Murzuq, Hâgi Brâhîm Ben Alua, al quale il Nachtigal era raccomandato, ed a cui egli aveva scritto per la posta pregandolo di appigionargli un'abitazione. Erano appena in cammino da un'ora il mattino del 27 marzo sul terreno arido e pietroso che circonda la grande oasi di Murzuq, allorchè videro apparire da lungi sul limpido orizzonte la città capitale del Fezzân ed i suoi giardini ed incominciarono a scendere alla volta della medesima.

A breve distanza dalla città uscì incontro al Nachtigal il fratello più giovane di Hâgi Brâhîm, ed alla porta principale che guarda verso levante stava ad attenderlo per dargli il benvenuto in Murzuq Hâgi Brâhîm in persona. Giunti appena a metà della via che dalla porta mena alla cittadella, voltarono a sinistra in una viuzza ed al bel principio della medesima trovarono la casa destinata ad alloggiarlo col suo seguito. L'androne conduceva in un vasto spazio coperto quadrangolare, sul quale davano le porte di due stanze terrene e la scala del piano superiore. Dirimpetto all'androne un corridoio menava al cortile ed al giardino. Il piano superiore si componeva di un salotto, dal quale si usciva sul terrazzo, e di una camera rischiarata da tre finestre, che il Nachtigal ritenne per sè, facendovi disporre il proprio letto.

Nel restituire le visite ai maggiorenti che erano venuti a salutarlo, potè il Nachtigal formarsi a poco a poco un'idea chiara della topografia della città. Partendo dalla porta principale - Bâb el-Kebîr - e seguendo la strada maestra, s'incontra a destra e a sinistra una fila di botteghe con portici sul dinanzi per riparare dal sole i compratori ed i mercatanti, e al di là del Bâzâr la via s'apre in una larga piazza sulla quale ergesi la cittadella (Qasba), un immenso edi

ficio quadrangolare, i cui lati corrispondono alle quattro principali direzioni dell'orizzonte. La strada maestra divide la città in due parti pressochè uguali, intersecate da vie anguste e tortuose.

La parte verso mezzogiorno contiene circa 300 case, e quella verso settentrione circa 280, ossia ambedue insieme poco meno di 600, cosicchè, supponendo che ogni casa alberghi in media sei persone, la popolazione della città sarebbe di 3600 anime.

Al di là della zona di sabbia, che circonda la città, incominciano i giardini che sono in generale diligentemente coltivati.

Quello di Hâgi Brâhîm era assai vasto, ed oltre all'avere un ricinto esterno, era diviso internamente in varie sezioni, ciascuna contenente un ramo speciale di coltivazione, gli alberi da frutta, gli ortaggi e simili. Le palme dattilifere erano sparse per l'intiero giardino ed alla loro ombra si allargavano i campi di grano, di legumi e di trifoglio, e crescevano stentatamente alcune ficaie, dei meli, dei mandorli e l'unica pianta di limone in Murzuq. Gli altri giardini non erano così estesi nè così ricchi di piante, ma servivano nonostante a ricreare l'occhio colla loro verzura, quantunque spessissimo appannata da un alto strato di polvere. Intanto il soggiorno nella città per l'uniformità degli oggetti che continuamente cadevano sotto lo sguardo e la monotonia della vita giornaliera, era divenuto col tempo insopportabile. Ed essendo ormai certo, dalle informazioni prese, che forse sarebbe passato un anno, prima che si presentasse un'occasione favorevole per continuare il viaggio sino al Bornû, il Nachtigal decise di fare nel frattempo un escursione nel Tibesti, celebre per l'altezza dei suoi monti e per la meravigliosa bellezza delle sue terme.

Quasi tutti quelli che lo avevano preceduto per quella via, aveano desiderato di esplorare quel paese ancora affatto sconosciuto, malgrado la sua vicinanza, ma poi s'erano ritratti dall'impresa, messi in pensiero dalla fama di traditori, in cui i Tubu erano generalmente tenuti. Nachtigal era nonostante risoluto di tentarla, ed a questo scopo fece scrivere una lettera ufficiale a Hâgi Giâber in Gatrûn, che secondo l'opinione di tutti teneva le chiavi di quell'alpestre regione. Costui non si mostrò alieno dall'assumere una certa responsabilità della buona riuscita, e promise di fare accompagnare il viaggiatore da persone del paese che gli servissero di guida e di scudo.

Mentre queste trattative erano in corso, il Nachtigal preparava il bisognevole, ed in breve ebbe ogni cosa in pronto per la partenza.

(Sard continuato).

GUIDO CORA, Cosmos, vol. 5o, 1878-79, fasc. XI.

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MATERIALI PER L'ALTIMETRIA ITALIANA

REGIONE VENETO-ORIENTALE

SERIE

Raccolta di 97 quote d'altezza rilevate mediante il barometro

nei bacini del Tagliamento, del Corno-Stella, del Livenza e del Piave nell'anno 1878.

I.

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Negli anni decorsi i lettori del Cosmos di GUIDO CORA avranno potuto osservare alcune tabelle contenenti delle quote d'altezza, da me rilevate nei bacini del Tagliamento, dell'Isonzo, del Livenza, del Piave e del Gail, durante il quadriennio che corre tra il 1874 e il 1877. Tali notizie, publicate nel Volume IV, anno 1877, fasc. VII-VIII e nel vol. V, anno 1878, fasc. III, contenevano ben 368 (e veramente 370) determinazioni d'altezza, quasi tutte concernenti la regione friulana e quindi venivano a costituire una mole non indifferente di dati, tale non solo da superare quanto altri avevano prima di me fatto per lo stesso territorio: ma altresì da farmi concepire la speranza di poter dare mano, in capo a qualche tempo, a una vera e completa descrizione altimetrica del Friuli. Difatti, qualora mi fosse stato concesso di proseguire con quella stessa alacrità, mantenuta specialmente negli anni 1876 e 1877, l'incominciato lavoro ancora per forse altri due o tre anni, io sarei stato nel caso di percorrere tutta questa regione, si può dire, palmo palmo e determinare l'altezza di una quantità grande di punti, che sommati con quelli determinati da altri, avrebbero formato una specie di rete altimetrica attraverso i bacini costituenti questa parte della Venezia orientale. Fissate così, col barometro a mercurio, qualche cosa più di un migliaio di quote, una serie di successive escursioni fatte con maggiore rapidità e servendomi solo dell'aneroide o del livello del viaggiatore, avrebbero forse permesso di rilevare la plastica conformazione del terreno, in modo che riprodotta graficamente con curve sopra una carta a piccola scala, la morfologia verticale della regione sarebbe riuscita con sufficiente approssimazione al vero.

È poi certo che tal genere di lavori, eseguiti cogli scarsi mezzi, dei quali per solito può disporre un privato (poichè in tutta la serie delle mie determinazioni e meno l'uso di alcuni strumenti, non ebbi sussidi di sorta da nessuno), non si possono nemmeno dalla lunga paragonare ai grandi rilievi geodetici, eseguiti

1 V. le due prime Serie nel volume. IV, 1877, fascicoli VII-VIII (pp. 241-287) e nel vol. V, 1878-79, fascicolo III (pp. 89-115).

dai corpi ufficiali. Ma, anzitutto è da riflettere che questi grandi lavori si compiono con una lentezza, paragonabile solo alla squisita delicatezza delle operazioni, che richieggono, e che di solito il gran pubblico o non ne conosce i risultati o li conosce molto tardi e di rado ne può approfittare per la forma e pel prezzo delle carte che li rappresentano. Sicchè, in mancanza di meglio, e in attesa che anche la regione veneto-orientale venisse una buona volta rilevata e rappresentata altimetricamente, con tutti i mezzi che la scienza adesso suggerisce, mi sorrideva l'idea di potere, proseguendo alacremente nel lavoro incominciato, in seguito a qualche anno offrire ai miei concittadini e ai cultori degli studi geografici un primo schizzo altimetrico del mio Friuli.

Senonchè una grave malattia sopravvenutami nella primavera del 1878 ed altre disgrazie famigliari, mi obbligarono a procedere più lentamente e con maggiore cautela in un genere di lavoro, il quale, oltre esigere una non comunissima coltura, richiede l'impiego di una certa forza fisica e lo esporsi talvolta a cause di malattie assai pericolose. Fu per questo motivo che, cominciato nel 1878 il lavoro altimetrico a stagione inoltrata, esso non potè offrirmi più di 97 nuovi dati e la maggior parte fra essi concernenti punti posti ad un livello non molto elevato, contrariamente a quello che era succeduto l'anno prima, nel quale erano state numerose le determinazioni eseguite anche a rilevanti altezze.

Ciò non tolse che delle 97 determinazioni, oltre due terze parti, cioè ben 64, concernessero punti nuovi non determinati anteriormente nè da me nè da altri. Esse però, per la maggior parte, comprendono luoghi abitati, i quali per essere più facilmente accessibili, erano stati da me trascurati negli anni anteriori e rimessi per le ultime escursioni.

Dando poi adesso alla luce i risultati di tale lavoro, mi attengo alla forma più succinta adottata nella seconda serie già pubblicata (Cosmos Vol V, anno 1878, fasc. III) per le ragioni ivi appunto esposte, riservandomi poi di produrre in questa stessa introduzione alcune volte gli elementi primi, da cui ricavai il dato altimetrico che publico, e ciò per quelle poche località che o per singolare elevatezza, o per importante postura, o per misure controverse, che le riguardano, possono essere tali da attrarre l'attenzione dei dotti e da indurli quindi a ripetere o per controlleria o per esperirvi altre formole ipsometriche, la operazione da me eseguita.

Intanto faccio, al solito, precedere brevi cenni sugli strumenti da me adoperati, sul metodo e sulle formole preferite e sulle stazioni di base, di cui mi sono servito nelle livellazioni del 1878.

II.

Istrumenti. Durante il 1878 feci uso, per molte osservazioni, del solito barometro Fortin, n. 981, avente per correzione + mm. 0.49 e ciò come negli anni anteriori. Però per quasi due terzi delle stesse, cioè per 59 determinazioni, e parzialmente per un'altra (Enemonzo, casa Sovrano, v. n. 34) feci uso di un Fortin, pure di fabbrica Duroni, in tutto identico al n. 981; ma portante invece il n. 1430 e la correzione mm. 0.43, determinata dall'illustre P. Denza a Moncalieri. Il Fortin 1430, come il 981 appartengono entrambi all'Istituto tecnico di

Udine, ed entrambi si mostrarono perfettamente costruiti, nè mi diedero occasione di osservare differenze nella correzione, allorchè, e ciò accadeva con sufficiente frequenza, io aveva occasione di paragonarli coi barometri delle stazioni di base. Solo finita la campagna altimetrica, il n. 1430, per negligenza altrui, cadde e si ruppe, e siccome poi gli venne rimesso il tubo di vetro e venne riempiuto di mercurio, il barometro, che sotto tal numero adesso trovasi nell'Istituto tecnico di Udine, sarà affetto da una correzione diversa da quella più sopra indicata.

Quale strumento di controllo adoperai e spesso con buoni, talvolta con discreti risultati, un aneroide portante il n. 751, di fabbrica Troughton et Simms di Londra e di proprietà del signor Federico Cantarutti, strumento già da me qualche volta usato nel 1877 e descritto nella introduzione della Serie II. Oltre ad esso mi servii di nuovo di un mio aneroide, già molte volte adoperato nel 1874 e che poi essendosi guastato per una caduta, era stato accomodato a Londra. Siccome esso non venne descritto nei precedenti miei, lavori pubblicati nel Cosmos ma sì in Rilievi altimetrici mediante il barometro nei bacini del Tagliamento e del Piave (1874), credo opportuno di dire che tale strumento, di fabbrica inglese, da me comperato dal signor G. Bianco, ottico in Torino, al prezzo di lire 100, è molto diligentemente costruito con cassetta in ottone del diametro di sette centimetri e dell'altezza di centimetri 2.6. Non reca termometro nè marche di sorta e in origine era destinato per misure non superiori ai 2500 m. dal mare senonchè dopo subito il guasto surricordato, non merita fede nel caso di misure oltrepassanti i 1700 o 1800 m. dal mare.

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Nel 1878, come nei due anni precedenti, feci uso di un eccellente termometro di fabbrica Bardelli in Torino, che porta la correzione di 0.3.

Talvolta, per controllo mediante il confronto con punti noti, mi servii del così detto livello del viaggiatore. Quello che io ho adoperato, fu comperato da Alemanno a Torino, al prezzo di lire 20 e porta inciso appunto il nome di quello stabilimento. Esso consta di un semplice tubo da cannocchiale ordinario della lunghezza di 11 centimetri e del diametro di 15 millimetri circa; al di sopra del tubo è fissata una livelletta a bolla d'aria, in modo che, quando questa è centrata, l'asse del tubo è orizzontale. Nell'interno del tubo trovasi uno specchio metallico che ne chiude per metà l'apertura e che per riflessione manda all'occhio dell'osservatore l'immagine della bolla. Lo specchio ha poi un'inclinazione tale all'asse, che a bolla centrata, l'immagine di questa vien divisa per metà da un filo micrometrico. Soddisfatta adunque questa condizione, l'osservatore che guarda lungo l'asse del tubo, sarà certo che la visuale è orizzontale. È evidente che non si può fare se non assegnamento scarso sui dati che può offrire un istrumento simile a questo, per le molte cause d'errore che presenta, massime se i punti confrontati sono fra loro alquanto discosti. Ad ogni modo, in qualche cosa può servire utilmente, allorchè uno si accontenti di larghe approssimazioni e sia giusto apprezzatore del valore dei dati che da tale strumento si possono ricavare.

1 Annali dell'Istituto tecnico di Udine. Anno VIII, 1875. Tip. Seitz. Udine.

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