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Il Dizionario geografico conterrà da 5 o 6 a 20 o 30 nomi per ogni distretto delle Indie inglesi. Questi nomi includeranno quelli: a) delle Presidenze e Provincie; b) di tutti i commissariati divisionali delle entrate; c) dei commissariati distrettuali; d) di tutti i sotto-distretti; e) delle unità amministrative separate, come i taluki od altre circoscrizioni rurali; f) degli stati indigeni, o territorii stranieri; g) dei monti o giogaie notevoli; h) dei maggiori fiumi, laghi, paludi o canali; i) di tutti i municipii o città ed aggregati rurali; k) delle città commerciali e manufatturiere; 1) dei luoghi d'interesse storico, campi di battaglie, antiche fortezze, teatri di grandi riunioni religiose e piani d'interesse architettonico. Oltracciò tutti i siti occupati militarmente, i porti, le baie, i capi, i fari, le isole, ecc.

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Esplorazioni al di là delle frontiere. Durante l'anno 1876 il Mullah», uno degli esploratori indigeni addetti al dipartimento delle levate trigonometriche, fece una ricognizione dell' Indo da Amb, dove quel fiume scende nella pianura al disopra di Attock, sino alla sua confluenza col fiume Gilghit. Tutte le altre parti del corso dell'Indo, dalla sua sorgente nell'altipiano del Tibet sino alla foce sono state da lungo tempo determinate; solo questo tratto manca sulle carte od è appena accennato approssimativamente. Il fiume percorre quivi una distanza di 354 chilometri, discendendo da un'altezza di circa 1520 metri a quella di soli 366 sul livello del mare. Il suo corso serpeggia tra i monti che lo serrano, le cime de' quali raramente si abbassano al disotto di 4570 metri di altezza e raggiungono la massima elevazione nel famoso colosso di Nanga Parbat, alto 7114 metri. Nessun viaggiatore europeo o scientifico è mai penetrato in questa gola, difficile d'accesso ed abitata da tribù indipendenti e gelose l'una dell'altra. Il Mullah la percorse, costeggiando l'Indo, nella doppia veste di mercatante e di esploratore, e quindi in conformità delle istruzioni ricevute si recò a Iassin, risalendo la valle del Ghilghit. Da Iassin andò a Mastug per le valli del Ghizar e di Sar Laspur e potè riconoscere che la strada meridionale tra Mastug e Iassin non procede in linea retta, come generalmente si supponeva, ma piega da sud-ovest a nord-nord-est nel giungere a Sar Laspur, che è situato a qualche distanza al sud in una valle parallela a quella di Citral. Da Mastug il Mullah, seguendo la strada da Gellalabad a Sarhodd-i-Uakhan, si avanzò verso il passo di Baroghil sino alla confluenza del fiume Ghazan coll'Iarkhun, e quindi prese la strada settentrionale tra Mastug e Iassin. Questa strada risale la valle di Ghazan, varca il passo di Tui o Mosciabar, che si suppone esser alto almeno 4880 metri, e, dopo aver traversato un ghiacciaio con profondi crepacci per un tratto di circa 13 chilometri, raggiunge il punto dove il fiume Tui sgorga già gonfio dal ghiacciaio; la strada costeggia poscia il detto fiume sino alla sua confluenza coll'Uarciagam alcuni chilometri al disopra di Iassin.

Tornando a Sar Laspur, il Mullah percorse quindi la strada al sud-ovest, rimontando la valle che mena al passo di Tal. Questo passo è situato in cima ad un altipiano della catena che unisce i monti al confine occidentale della valle dell'Indo con quelli al confine orientale della valle di Citral, alla quale i nativi dànno generalmente il nome di Kohistan. Varcato l'altipiano di Tal, il Mullah entrò nella valle di Pangikora e discese sino a Dodbah, al confluente del fiume Din col Pangikora. Non avendo potuto seguire il corso del Pangikora sino al

l'incontro del fiume Suat, recossi a Miankalai per la strada battuta dall'. Havildar, e quindi a Nauagai e Pasciat nella valle di Kunar: finalmente tornato di nuovo a Nauagai, scese di là al forte di Abazai nell'India inglese.

Le esplorazioni del Mullah hanno così accresciuto notevolmente le nozioni che si avevano della geografia delle interessanti regioni situate al di là della frontiera settentrionale oltre l'Indo.

Durante il 1877 il colonnello Mac-Gregor ed il capitano Lockwood fecero una importante ricognizione del deserto di Balucistan. Partiti da Guadar e Pasni sulla costa di Mekran, tosto le vie battute dai due ufficiali si riunirono estendendosi verso Kahak. Dopo aver costeggiato il territorio di Kuhak dal lato di oriente seguirono il corso del fiume Maskel (non Maskid) e trovarono che piega prima verso levante e poi verso nord-ovest scaricandosi in una palude o hamun, chiamata Maskel Hamun e situata a circa 28° 15' di lat. nord. Procedettero quindi verso settentrione sino a circa 29° 13′ e voltisi verso nord-ovest, recaronsi a Scià Godar, costeggiando una giogaia che distendesi dall'est all'ovest, il cui versante meridionale converge nel Kindi o Talab Hamun all'ovest del Maskel Hamun, mentre il settentrionale segue la direzione di God-i-Zirreh, un deserto solato che occupa il centro di un avvallamento tra la giogaia sopradetta ed il fiume Helmund. Scià Godar, termine del viaggio, è situato sulla sponda occidentale di un canale che scaricasi nel God-i-Zirreh. Nel tornare indietro, il colonnello Mac Gregor traversò diversi fiumi che scorrono verso sud-est e fan capo alle paludi di Kindi e Maskel; volto quindi il viso ad oriente, procedette tra due lunghe file di colli di sabbia al sud della palude di Lora e tornò in India per Sohrab, ed il passo di Gundava. Il capitano Lockwood prese una strada diversa. Visitò Ciageh sull' hamun dove il fiume Lora deposita le sue acque, ed il centro del quale trovasi a circa 29° 20' lat. nord e 64° 40' long. est. Sembra che sia chiuso da tre lati da colline di sabbia. Costeggiando il lato meridionale della palude recossi a Nuski e tornò in India per Mustang ed il passo di Bolan. Il risultato di questa esplorazione si è di colmare una vasta lacuna nel deserto di Balucistan al sud dell'Helmund inferiore e di determinare approssimativamente la posizione dell'avvallamento, nel quale il fiume Lora va a scaricarsi. Un altro importante risultato è quello di porgere un po' più di luce sulla quistione del confine settentrionale del Balucistan. La carta del Khan di Khelat, pubblicata dall'Ufficio geodetico di Calcutta, modifica il confine medesimo da quello tracciato sulla carta del Turkistan del colonnello Walker, facendolo piegare verso est-nord-est da Kuh Malik-i-Siiah; segue poscia la sponda meridionale o sinistra dell'Helmund senza attraversarlo, ed in ultimo traversa il deserto dirigendosi verso Quetta. Le frontiere settentrionale e nord-ovest non sono mai state determinate e debbono quindi considerarsi come approssimazioni.

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La carta dell'Afghanistan, principiata nel 1875, è ora compiuta. Questo importante lavoro, compilato dal maggior Wilson, racchiude le regioni da Herat all'Indo, e dall'Oxus alla costa di Mekran. È distribuito in 20 fogli sulla scala di 8 miglia al pollice (1:506.928).

VIAGGIO DI GIOVANNI BRANCHI ALLE FIGI

(1874)

Cenni preliminari.

Fra i pochi italiani che nella nostra epoca visitarono con qualche frutto i lontani arcipelaghi che stanno ad oriente dell'Australia e della Papuasia va citato l'avv. Giovanni Branchi, che, occupando la carica di R. vice-console a Melbourne, fece dal settembre al dicembre 1874 un interessante viaggio nell'arcipelago delle Figi o Viti, visitando le isole Kandavu, Ovalau, Wakaya e Makongai, Koro, la baia Savu-Savu di Vanua Levu, e la parte sud-est dell'isola Viti Levu. In quest'ultimo tratto il suo viaggio presenta un carattere di grande importanza, avendo risalito il Wai Ndina dalla confluenza nel fiume Rewa sin presso alle sorgenti, cioè al villaggio di Namusi, esplorando con molto frutto quella pittoresca vallata, ancora imperfettamente conosciuta. Di questo suo viaggio fece il Branchi soggetto di un rapporto al Ministero degli Affari Esteri (1875) ', nonchè di un piacevolissimo volume, pubblicato a Firenze lo scorso anno, il quale contiene inoltre il racconto della sua prima traversata da Suez a Melbourne, d'una gita in Tasmania (1871), ed alcune pregevoli considerazioni sui Chinesi in Australia e sul sistema coloniale inglese.

Mi è parso di fare cosa utile e retta, attirando l'attenzione dei cultori delle scienze geografiche ed etnologiche su quest'opera importante, ed a tal'uopo ho riportato in gran parte, nelle pagine seguenti, la parte relativa alle isole Figi, che accompagnerò da carte illustrative 3.

Vogliamo sperare intanto che il racconto di questo viaggio invoglierà altri italiani a recarsi nelle lontane plaghe del Pacifico, ove rimane ancora un così largo campo d'esplorazioni e studii scientifici.

Accennerò ancora che alcune delle isole Figi furono visitate da altri italiani, e così nel 1872 Enrico Besana pare toccasse l'arcipelago nel suo viaggio dalle isole dei Navigatori alla Nuova Zelanda, e nell'anno seguente la R. fregata

1 Inserto nel fascicolo del luglio 1875 (pp. 3-45) del Bollettino Consolare », sotto il titolo "Le Isole Figi nella seconda metà del 1874 ».

2 Pubblicato dai Successori Le Monnier.

Le carte relative al viaggio di G. Branchi alle Figi verranno pubblicate nei successivi fascicoli.

4 Ho scritto che mi pare che il Besana visitasse le Figi, perchè nella commemorazione di quel viaggiatore fatta dall'ing. G. Adamoli, nella seduta del 23 febbraio 1877 della Società Geografica Italiana, è detto che Enrico Besana s'imbarca ad Honolulù« alla volta della Nuova Zelanda, dove giunge dopo aver toccato l'arcipelago dei Navigatori, ed il porto Pongo-Pongo, recentemente acquistato dagli Stati Uniti, nell'isola Tùitùa, una delle Figi» (« Bollettino della Soc. Geogr. Ital., genn.-febb. 1877, p. 46) mentre è notorio che l'isola Tutuila (e non Tùitua) forma appunto parte dell'arcipelago Samoa o dei Navigatori. D'altra parte l'aver parlato delle Figi, mi fa supporre che in qualche modo, anche usando una dizione scorretta, l'Adamoli abbia voluto indicare che il Besana abbia toccato le Figi.

« Garibaldi, avendo a bordo S. A. R. il Principe Tomaso Duca di Genova, visitava l'isola Matuku, eseguendovi alcuni rilievi idrografici nella parte occidentale. Ora, dopo l'annessione all'Inghilterra, si è anche stabilita una agenzia consolare italiana nel capoluogo Levuka 1, la quale verrà a facilitare l'accesso agli italiani in quell'arcipelago.

GUIDO CORA.

I. Generalità. Da Sydney a Levuka.

L'arcipelago delle Viti, o, come dicesi oggi per corruzione, delle Figi è situato nella parte meridionale dell'Oceano Pacifico fra i paralleli 15° e 20° di latitudine sud e fra il 177° di long. est e il meridiano massimo di Greenwich. Sono più di 100 isole perdute nel più gran mare della terra, diverse di grandezza, ma quasi tutte montuose, fertili e pittoresche. Delle 100, forse la metà, cioè le più vaste, sono abitate, le altre più piccole fino alle dimensioni di poco più di grandi scogli, nol sono, perchè non necessarie al mantenimento della scarsa popolazione che appena giunge al numero di 100.000 anime. Due sole, Viti Levu e Vanua Levu, sono fra le più grandi dell'intiero Pacifico, avendo ciascuna una circonferenza di 250 miglia. Il clima dell'arcipelago è decisivamente tropicale. Situato fra i paralleli 15° e 20° di lat. sud, non ha naturalmente vere e propizie stagioni come le zone temperate. Nonostante i 20 gradi di distanza dall'equatore fanno sì che una certa differenza vi sia fra il febbraio e l'agosto, segnando il primo il massimo calore e il secondo il minimo. Fortunatamente gli alisei colle loro nubi, mentre temperano durante quasi tutto l'anno i calori d'un sole quasi perpendicolare, portano poi alle montagne una continua provvista d'acqua che in ruscelli e cascate scende in gran copia da ogni recesso ed in ogni vallata. Chi potrà enumerare l'immensa varietà delle piante e delle tinte, la pompa della vegetazione che cresce a vista d'occhio e sì folta che l'una pianta soffoca l'altra, la quantità di frutti di ogni genere che la natura ha donato in tanta esuberanza a questi paesi? Grazie a questi doni della natura il Figiano può soddisfare il suo appetito stendendo semplicemente la mano alla pianta più vicina, può dormire sotto un albero anche in tempo d'inverno e temperare con bagni deliziosi i calori della state. I Figiani perciò non lavorano che quando vi sono obbligati, sebbene non ignorino le arti che sono la conseguenza della vita civile e specialmente la prima industria che è l'agricoltura. Nulla infatti di più elegante, di più ingegnoso di quelle balze ridotte in terrazzi, comunicanti l'uno coll'altro e dove per mezzo d'una ben regolata differenza di livello l'acqua scende a grado a grado, inaffiando così le mille e mille piante dispostevi in bell'ordine. Disgraziatamente il terreno è troppo fertile e le piante tutte

L'Agenzia Consolare di Levuka, sotto la dipendenza del R. Console di Melbourne, fu istituita con Decreto Ministeriale del 12 settembre 1877.

Nel suo rapporto al Ministero degli Affari Esteri (« Bollettino Consolare, luglio 1875, p. 3), il Branchi parla di oltre 150 isole. Il compianto Meinicke (nella sua stupenda monografia «Die Inseln des Stillen Oceans », vol. II, p. 2), calcola il numero delle isole dell'arcipelago Viti da 200 a 230.

di cui si cibano i Figiani, salvo un picciol numero, esigono così poca coltura, che alcuni giorni di lavoro bastano per la provvista dell'intiero anno. Il resto del tempo lo passano in cicalecci, spedizioni e visite da un villaggio all'altro. A differenza delle popolazioni dell'Australia e anche di quelle di alcuni arcipelaghi del Pacifico, i Figiani hanno vere e proprie case costruite come le nostre, di pareti quadrangolari e provviste di un tetto obliquo. L'intelaiatura interna, se si pensa che essi non usano chiodi o istrumenti di ferro di alcuna sorta, è ingegnosissima. Le giunture sono tenute insieme per mezzo di corde che gli indigeni fanno col mallo della noce di coco ed il tetto è coperto da uno strato assai spesso di certa erba, che somiglia alla nostra canna palustre e che, appunto perchè grassa, resiste meglio di ogni altra alle intemperie. Ordinariamente lo scompartimento della casa consiste soltanto nella variazione del livello del pavimento tra una metà e l'altra, la parte più bassa serve agli usi domestici, come pel focolare, pel forno ecc., e l'altra è destinata a sedervi durante il giorno e dormirvi la notte.

I Figiani sono etnograficamente parenti dei Papuani della Nuova Guinea e più ancora degli isolani delle Salomone e delle Nuove Ebridi. In altre parole appartengono a quella divisione etnografica del Pacifico, che in contrapposizione alle razze Micronesica e Polinesica vien detta Melanesica, e ne ha tutti i distintivi (statura piccola, capelli cresputi, bocca grande, denti apparenti più del necessario, naso schiacciato e simili).

Una cinta alla vita scendente al disotto dei fianchi è l'unica concessione che uomini e donne abbiano creduto dover fare alla modestia. Questa semplice cintura varia però quasi all'infinito. Incominciando dalla foglia della banana, che costituisce il vestiario più comune e meno costoso, tanto il sulu (cintura da uomo) quanto il liku (da donna) possono esser fatti o di alghe marine, o di cotonati europei o di tapa, specie di tessuto indigeno fabbricato collo strato interno della corteccia dei gelsi.

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Partito da Sydney a bordo della City of Melbourne, il sig. Giovanni Branchi giungeva in vista dell'isola di Kandavu, una delle Figi, all'alba del 5 settembre 1874. Fattosi giorno e rimessa in moto la macchina (chè in quei luoghi bisogna nella notte tenersi lontani da terra, a causa dei numerosi scogli madreporici che circondano le isole e qualche volta si estendono in mare a grandi distanze) volsero la prua verso un'apertura nella lunga striscia biancastra prodotta dal frangersi delle onde contro gli scogli, la quale segnava l'ingresso della baia di Naloa. Le notizie portate dall'unico battello che esistesse nella baia, uscito ad incontrarli, erano assai scoraggianti. Mezzo per continuare il viaggio sino a Levuka non ve n'era alcuno, a meno che i passeggeri non volessero arrischiarsi in una piroga degli indigeni (imbarcazione non troppo sicura per un viaggio di 120 miglia di mare aperto) e bisognava perciò aspettare. a Naloa che un bastimento arrivasse. Nel villaggio però non vi era che un solo albergo sprovvisto di tetto, e per di più le provvigioni erano così scarse che difficilmente avrebbero potuto bastare ad otto o dieci persone di buon appetito.

1 N'galoa delle carte idrografiche inglesi.

GUIDO CORA, Cosmos, vol. 5o, 1878-79, fasc. IX.

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