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figurò all'esposizione di Parigi, come carta geognostica e mineraria ad un tempo.

Quanto a Roma e dintorni venne iniziato lo studio dettagliato sulle mappe al 25.000, ma non si potè avanzare gran tratto, stante la breve stagione dell'anno in cui si può battere la campagna. Per ora non comprende che una zona assai limitata lungo le sponde del Tevere sotto Roma fino ad Ostia e Maccarese.

Oltre a questi lavori principali e per se stessi di lunga lena dovevasi contemporaneamente por mano ad alcuni altri consigliati in parte da precedenti impegni e in parte dalla menzionata circostanza dell'esposizione di Parigi.

Primo fu la compilazione di una carta generale d'Italia in piccola scala, che era un lavoro opportunissimo sia per mostrare assieme riuniti gli studi già fatti dai varii geologi, le loro concordanze in certi tratti e le sconcordanze in altri, le lacune principali ed infine anche come carta di coordinamento dei futuri studi e lavori. Radunando il più completamente possibile tutti gli studi che si poterono conoscere, coordinandoli nel miglior modo e procurando anche speciali ricognizioni specialmente nell'Italia meridionale (Leccese, Basilicata, Calabrie e Sicilia) dove vi erano più lacune, si potè avere l'Italia completa con le isole. Una copia alla scala del 600.000 venne allestita per l'esposizione di Parigi, dove attrasse assai l'attenzione dei conoscitori, che per la prima volta trovarono in tal modo l'Italia intera geologicamente rappresentata.

Dopo spedita a Parigi quella copia assai frettolosamente preparata per l'occasione, s'incominciò a prepararne un'altra alquanto più accurata. Si sarebbe voluto usare la scala del 500.000; ma non esistendo ancora una buona carta italiana a simile scala, si dovette adottarne una prossima che è del 555.000. Su questa vennero introdotti alcuni miglioramenti, giovandosi degli studi fatti nelle varie parti d'Italia dai più valenti geologi, come Gastaldi, Curioni, Stoppani, Taramelli, Lotti, De Stefani, Scarabelli, Capellini, Ponzi, Tenore, Lovisato, Gemellaro, Seguenza ed altri.

Unitamente ai sopradescritti saggi principali, l'Uffizio del Comitato potè mandare all'esposizione:

1o Una carta geologica speciale al 25.000 con profili dello Stretto di Messina, allo scopo principale di rischiarar la questione della possibilità o meno di un passaggio sottomarino per ferrovia di congiunzione della Sicilia al continente.

2° Un' Etna in rilievo (modello in zinco ramato alla scala del 50.000 dell'Istituto Topografico) colorato a vernice, dove sono distinte le varie formazioni geologiche e segnatamente le varie eruzioni di lave dalle più antiche conosciute alle più moderne, secolo per secolo.

Altri lavori, come materiale preparatorio ed utile per l'avvenire, furono i seguenti:

1° Carta della Lombardia del geologo G. Curioni - alla scala del 172.800, accompagnata da due volumi di testo: l'uno di descrizione geologica e l'altro dei minerali utili.

2o La carta geologica delle Alpi occidentali del geologo prof. G. Gastaldi. Questa carta era colorita a mano e comprendeva circa 16 fogli della carta al 50.000 dell'antico Stato Maggiore Sardo, illustrata da una collezione di rocce.

3o Carta di parte della Liguria del prof. Mayer di Zurigo, che da più anni destina una stagione allo studio di quella zona del nostro Appennino. La carta comprendeva 4 fogli della carta dello Stato Maggiore (Genova, Roccaverano, Novi, Acqui) e può collegarsi alla precedente del Gastaldi.

4° Carta della Toscana, dai Monti Pisani fino al Grossetano, sulla mappa austriaca dell'86.400 (n. 8 fogli). Il lavoro venne eseguito parte dal sig. Lotti, geologo operatore addetto al Comitato, parte dal prof. De Stefani di Siena. Adempiutosi all'obbligo urgente dell' esposizione, si ridussero gli studii straordinari, limitandoli all'ultimazione di qualche tratto della Toscana, Basilicata e Calabria, che occorrevano per colmare alcune lacune nella carta generale a piccola scala.

Durante poi l'ultima stagione morta, in cui non si può nella Sicilia battere utilmente la campagna, i tre giovani geologi che vi erano applicati (Baldacci, Mazzetti, Travaglia) vennero delegati a studiare la formazione terziaria solfifera della Romagna e specialmente la sua parte paleontologica, sotto la speciale tutela del prof. Meneghini di Pisa e del prof. Capellini di Bologna.

III.

Le raccolte principali di roccie e fossili che già si tengono sono essenzialmente quelle della Lombardia avute dal Curioni, quelle delle Alpi occidentali ed Apennino ligure avute dai geologi Gastaldi, Gerlach e Mayer, quelle della Toscana dai geologi Lotti e De Stefani, di Basilicata dal De Giorgi, quelle di Calabria dal Lovisato, quelle della provincia di Roma, la raccolta metodica delle roccie della grande galleria del Gottardo, senza contare poi quelle di Sicilia dei geologi del Comitato ed altre di minore importanza. Al fine del 1876 la collezione già contava oltre 11.000 pezzi, a cui ne vennero nel frattempo aggiunti circa 3000, facendo così un totale di 14.000 circa.

La biblioteca dell'uffizio si accrebbe nel biennio di 1000 volumi circa e di un centinaio di carte geologiche; dessa comprende attualmente circa 3000 dei primi e 250 delle seconde. L'Uffizio provvede a due pubblicazioni: il Bollettino del Comitato geologico e le Memorie.

Il Bollettino è un periodico in 8° incominciato nel 1870, che esce a puntate bimensili, formando ogni anno un volume di circa 35 fogli di stampa. Esso è ora entrato nel suo decimo anno ed è destinato ad esibire lo stato di avanzamento della geologia, tanto dell'Italia che di altri paesi.

Le Memorie sono in 4° grande con corredo di carte geologiche, sezioni, vedute e tavole di fossili. Esse sono degli scritti originali per servire alla descrizione della carta geologica d'Italia. Sin'ora non ne sono pubblicati che tre volumi (il 3° non ancora completo) contenenti alcune memorie del Gastaldi (Alpi occidentali), ingegnere Mottura (formazione solfifera di Sicilia), Cocchi (isola d'Elba), d'Ancona (paleontologia pliocenica), W. Fuchs (Ischia), Giordano (Gottardo), De Stefani (Monte Pisano), Doelter (isola Ponza), ecc.

Trattandosi ora di determinare i lavori dell'avvenire, non si farà che proseguire il programma iniziato, del quale per la brevità del tempo non si potè compiere ancora che piccola parte. Quanto alla Sicilia, vennero già date le disposizioni per la campagna ora incipiente; cioè dapprima una revisione ad alcune parti dei 7 fogli (al 50.000) già rilevati in tutto o in parte nello scorso anno, quindi attaccare i due fogli di Adernò e Rammacca che restano all'est, mentre altri lavorerà a 2 fogli nell'ovest, ed il Di Stefano al foglio di Ciminna al nord, dove sono le solfare di Lercara. Il sistema sarà quello già adottato e dalla esperienza sancito, cioè fare le minute di campagna al 25.000, indi restringere il lavoro nei fogli al 50.000.

Per le Alpi Apuane si attende fra breve dall'Istituto topografico la carta al 25.000 e vi si potranno subito applicare due dei geologi che sono ora a disposizione dell'Uffizio, salvo ad accrescervi il personale, quando sarà in maggior

numero.

Fra gli utili studi di dettaglio sul genere di quello delle Alpi Apuane, ve n'è uno di speciale importanza, benchè di lena assai minore, ed è quello dell'isola d'Elba. Quest'isola, che è un punto di collegamento fra la regione media toscana e la Corsica, molto c'interessa per certi suoi fenomeni geologici, e per le sue ricche miniere ferrifere. Però anche qui si ha il fatto, che manca una carta dell'isola in grande scala e con curve. Si fecero perciò vive istanze al Ministero della Guerra onde voglia ordinarla ed alla scala almeno del 25.000. Se non sarà possibile ottenerla pel 1879, si ha speranza di averla almeno nell'anno successivo.

Circa alla Toscana, non restando che pochi tratti nei fogli di Arezzo e di Orvieto, ai quali stava lavorando il prof. De Stefani, tale lavoro sarà probabilmente ultimato nel corso del corrente anno.

Quanto alle parti meridionali della penisola, si cercherà di completare lo studio di certe parti di quelle poco conosciute regioni ed in ispecie quella del monte Gargano e di parte del Salernitano e Lagonegrese, che quasi mai furono visitate, ed il prof. Lovisato, testè trasferito da Catanzaro all'Università di Sassari, farà nell'estate qualche escursione ai monti calabresi, per compiervi quanto è

ancora necessario.

Si può chiedere quando probabilmente sarà compiuta la gran carta al 50.000. Supposto che si lavori con una dozzina almeno di operatori, si può contare che fra tre anni sian finite le zone minerarie interessanti (da rilevare al 25.000) ed in una quindicina il rimanente. È però un calcolo assai incerto e che molto anche dipende dal grado di esattezza che si vorrà conseguire, esattezza che è molto importante per certe località e meno in altre.

VI.

STUDII MESSICANI'

(Con una Carta, v. Tav. VII 2).

Ascensione del Citlaltepetl o Picco d'Orizaba

fatta nel 1877 dagl'Ingegneri Matteo Plowes, Enrico Rodriguez e Pietro Vigil.

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Avendo il signor Richardson, segretario della Legazione Americana in Messico, determinato di tentare l'ascensione del Picco di Orizaba in compagnia del signor Eustachio Morphy e desiderando utilizzare il suo viaggio con alcune osservazioni scientifiche, fece istanza al Ministero di Fomento della Repubblica, affinchè nominasse d'ufficio una commissione, incaricata di accompagnarlo per questo scopo nella sua gita. Il ministro attuale, signor generale Vincenzo Riva Palacio, accolse con piacere la proposta e chiamati a sè gl'ingegneri Matteo Plowes, Enrico Rodriguez e Pietro Vigil, giovani esperti ed ardimentosi, affidò a loro il compito di piantare la prima bandiera della scienza messicana sulla cima nevosa del Citlaltepetl.

Dopo aver radunati e rettificati gli strumenti necessarii, la piccola comitiva partì li 5 di febbraio 1877 per la pittoresca città di San Andrés Chalchicomula, situata nella valle dello stesso nome sul versante occidentale del vulcano di Orizaba, la quale per la sua posizione era il sito che meglio adattavasi a servire di prima stazione nelle esplorazioni ch'erano in procinto d'imprendere. In San Andrés furono colmati di cortesie dalle autorità, che si offrirono di provveder loro tutto ciò di cui potessero aver bisogno, ma l'impresa sembrò, alle persone che aveano esperienza del paese, assai arrischiata nella stagione invernale e soprattutto in quell'anno ch'era stata rigorosissima, di tal che le nevi erano scese 224 metri più giù del limite normale delle nevi perpetue.

1 V. i paragrafi precedenti nel vol. IV, 1877. pp. 288-300 (n.1 VII-VIII); e nel vol. V, 1878, pp. 50-63 (n. II) con 2 carte.

2 La carta unita è ridotta dalla carta messicana alla scala di 1:50.000, che accompagna la relazione originale della Commissione esploratrice del Citlaltepetl: questa riduzione fu ottenuta col sistema fotografico del prof. Carlevaris di Torino: alla riuscita contribuirono specialmente le cure dello stabilimento litografico dei Fratelli Doyen di Torino. È questo uno dei pochi saggi alquanto soddisfacenti ottenuti da stabilimenti privati in Italia, e che vogliamo sperare sarà foriero di altre prove, anche migliori, di un procedimento litografico venuto già molto in uso in parecchi Stati, specialmente negli Stati Uniti d'America, in Germania, in Austria, in Francia. La perfettibilità di tale sistema è destinata a produrre una benefica rivoluzione nell'esecuzione delle carte geografiche, che potrebbero venire fissate sulle pietre litografiche e sulle lastre metalliche con grande risparmio di spesa e di tempo.

Alla riduzione fotolitografica della carta del picco d'Orizaba feci soltanto poche correzioni ed aggiunte, per rendere vieppiù chiaro il lavoro stesso. GUIDO CORA.

Però non potendo i signori Richardson e Morphy disporre di molto tempo per questa ascensione e volendo farla a ogni modo, si videro costretti a muovere pel vulcano prima che le nevi si fossero sciolte intieramente ed in opposizione ai consigli delle guide, delle quali tre sole si lasciarono indurre dalla liberalità degli esploratori a seguirli, mentre le altre due, delle cinque che avevano assoldate, si trassero indietro e dovettero essere sostituite da indigeni poco pratici incaricati del trasporto degli strumenti e delle provvigioni.

Il signor Richardson ed il suo compagno partirono alcuni giorni innanzi e gli altri si posero in cammino li 10 di febbraio alle otto della mattina sul dorso di alcune cavalcature che il sindaco di San Andrés aveva loro procurate e che dovevano condurli sino all'ultimo luogo, a cui le medesime potessero accedere. La strada in principio era larga, perchè mena a diverse fattorie (ranchos) delle vicinanze, ma a cinque chilometri da San Andrés cangiasi in un ripido sentiero che si dirige alla fattoria di Santa Cruz ultimo limite della vegetazione.

Alle 4 pom. i viaggiatori trovavansi a 3500 metri al disopra del livello del mare. La temperatura era discesa notevolmente, ed il termometro centigrado segnava 5 all'ombra. Soffiava un vento gagliardo da S-O. e la vegetazione non consisteva più che in alcune piante di gramigna sparse qua e là a grandi distanze. Il sentiero diveniva ad ogni passo più angusto e più scosceso e tosto furono costretti a scendere dalle loro cavalcature, per continuare il viaggio a piedi. All'imbrunire varcavano il passo situato tra il Picco e la montagna adiacente, la Sierra Negra.

Avendo oltrepassato il limite di 4000 metri, l'aneroide non dava più alcuna indicazione. Il termometro marcava 3°, temperatura assai bassa appetto di quella di 19°, che lo strumento indicava al mattino in San Andrés. Il punto, a cui gli esploratori erano giunti, chiamasi Malpais, senza dubbio per i precipizi da cui è circondato. L'elevazione a quel punto eguaglia quasi quella del Monte Bianco e nonostante la cima del picco era ancora distante circa 1400 metri misurati sulla perpendicolare.

D

A 2 chilometri dal passo di Malpais trovasi una caverna naturale, rifugio indispensabile pel viaggiatore. Quivi si diresse la comitiva e vi fu accolta con grandi dimostrazioni di gioia dai signori Richardson e Morphy, che vi si trovavano già vestiti del pittoresco abbigliamento delle montagne e disposti a proseguire la difficile ascensione alla mattina vegnente.

Giammai gli esploratori aveano passata la notte in siti così elevati e la loro curiosità era ad ogni passo sorpresa dall'aspetto che quivi presenta la natura, intieramente diverso da quello delle basse regioni. Al tramontare del sole cessano le forti correnti che durante il giorno si sollevano dalle pianure verso le alte regioni dell'aria e regnava per conseguenza la maggiore tranquillità. Alla debole luce delle stelle, che mantiene a quell'altezza colla riflessione della neve un chiarore costante, potevano scorgere la candida cima del vulcano avvolta in un nugolo di vapori.

I signori Richardson e Morphy s'incamminarono alle due del mattino accompagnati dai voti dei compagni pel felice esito della spedizione. Al far del giorno la temperatura era di 0° centesimali, e l'ipsometro segnava 190° 77 Fahr. per la

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