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vi circolino rumori sinistri, le sarei obbligatissimo se volesse aver la bontà di informare il governo di S. M. che io sono vivo e sano e che, nonostante tutte le perdite sofferte, le mie carte, note ed osservazioni sono al sicuro.

Maggiore SERPA PINTO ».

Il Console portoghese al Capo di Buona Speranza scrisse al governo che appena saputo l'arrivo del maggiore e le difficoltà che lo angustiavano, aveva dato ordine che fosse immediatamente di ogni cosa soccorso. Il valente geografo, sig. F. Jeppe, scrivendo da Pretoria li 14 di febbraio al segretario della Società geografica di Lisbona, aggiunge in un poscritto: Ho il piacere di annunziarvi che è qui arrivato felicemente, li 12 corrente, il vostro egregio esploratore maggior Serpa Pinto. Egli viene da Benguella e Bihé, dopo esser partito da quel luogo li 12 novembre 1877. Noi faremo quanto sta nelle nostre forze per riceverlo col favore che merita. Egli ha in animo di recarsi a Natal e quivi imbarcarsi per Mozambico. Dei 400 uomini che lo accompagnavano quando mosse dalla costa occidentale otto soltanto arrivarono con lui. Non v'è dubbio che le accurate osservazioni del maggior Pinto intorno alle sorgenti ed al corso dello Zambesi saranno di gran pregio pel mondo intiero, e rifletteranno un grande onore alla nobile nazione di esploratori a cui egli appartiene 1».

Da un giornale del Transvaal rileviamo, inoltre, che dopo la partenza da Bihé il maggior Pinto ebbe cura di studiare il sistema fluviale dello Zambesi e del Congo, i cui affluenti superiori scaturiscono da un comune spartiacque. In un certo punto egli vide fiumi scorrere quattro a quattro in differenti direzioni, e colà egli crede d'aver scoperto il ramo principale del Congo. Egli si recò in seguito alla sponda sinistra dello Zambesi a valle sino alla cascata Vittoria, e da questa a Pretoria pel paese di Matabele e la località di Sciosciong. Secondo quanto scrisse l'Jeppe al nostro valente collega il dottor Behm di Gotha, la posizione assegnata da Pinto per la latitudine della cascata Vittoria coincide quasi esattamente con quella di Mohr, mentre nella longitudine (col mezzo delle distanze lunari) differisce di ben 39'. Ecco le due determinazioni:

17° 56' 0"

longitudine est Greenwich 26° 29'
25° 50'

Mohr, latitudine nord 17° 57' 31" Pinto, Però su questi confronti potremo ritornare più tardi, quando i calcoli astronomici del viaggiatore saranno stati riveduti e corretti.

Intanto devo accennare che la cartina unita non deve essere considerata che come uno schizzo approssimativo, destinato soltanto a porre in grado il lettore di farsi un'idea generale dello stato delle nostre cognizioni attuali sulla idrografia dell'Africa meridionale, offrendo un parallelo tra gli itinerarii precedenti di Cameron e Stanley e quello probabile tenuto dal Serpa Pinto in questa nuova epopea geografica, che rimarrà certamente come una delle più importanti fra le pacifiche conquiste della scienza nel continente africano.

Torino, 23 aprile 1879.

GUIDO CORA.

1 a The Financial and Mercantile Gazette, edit. W. ALLEN», vol. III, n. 28, Lisbona, 1 aprile 1879.

2 Transvaal Argus », 15 febbraio 1879 Mittheilungen », vol. 25, 1879, n. IV.

citato nelle << PETERMANN's Geographische

SPEDIZIONE COMMERCIALE IN ABISSINIA

DIRETTA DA P. MATTEUCCI

In continuazione alle notizie date nei fascicoli precedenti1 intorno ai progressi della Spedizione commerciale inviata nell'Abissinia sotto la direzione del dottor Pellegrino Matteucci dalla Società milanese d'esplorazione commerciale in Africa, siamo lieti di riprodurre qui due lettere pubblicate in un eccellente giornale quotidiano della capitale lombarda 2, dalle quali chiaramente si scorge con quanto zelo i singoli membri di quella spedizione attendano al disimpegno delle attribuzioni loro affidate, e nello stesso tempo ci fanno concepire le migliori speranze sui risultati che potrà ottenere quella impresa italiana. Noi speriamo che non solo i nostri commercianti avranno a rallegrarsi del successo della spedizione Matteucci, ma che questa gioverà anche in qualche modo ai progressi della geografia dell'Abissinia, regione tuttora assai imperfettamente nota e che presenta ancora un largo campo per le osservazioni scientifiche.

GUIDO CORA.

I. Escursione da Massaua a Keren, nel paese dei Bogos.

Massaua, 26 gennaio 1879.

..... Per non perdere interamente il nostro tempo mentre stiamo aspettando i muli fatti comperare in Adua, non essendovene qui un numero sufficiente, alcuni attendono a lavori ed indagini sul commercio, ecc., altri combinarono di fare una gita tra i Bogos a Keren, ove soggiornarono a lungo Antinori e Beccari nel 1870. Ne torniamo ora, ed approfitto del postale che è in rada per mandarvene le notizie.

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Siccome è l'uso dei paesi arabi o pseudo-arabi che, quando s'intraprende un viaggio, s'abbia a partire nel pomeriggio per andar a mettere il campo a due o tre ore di cammino, così dovemmo anche noi montare solo verso le quattro del 12 corrente i nostri cammelli ed incamminarci per la prima tappa, accompagnati dai nostri amici, che ci seguirono a piedi per un buon tratto di strada. Ci fanno da cammellieri dei Biscierini, che ci seguono a piedi, portano per tutto abbigliamento un paio di sandali, un lenzuolo bianco, o almeno tale

1 V. i fascicoli II (pp. 64-66) e III (pp. 115-116).

+2

« La Perseveranza », Milano, 12 marzo e 16 aprile 1879.

3 V. un cenno sulle esplorazioni di Antinori, Beccari e Issel nel territorio dei Bogos, nel vol. III, 1875-76, pp. 401-408 (fascicolo XI).

G. C.

quando era nuovo, che, ravvolto alla cintura, scende fino alle ginocchia, e che di notte distendono fin sulle spalle e sul capo. Alle braccia superiormente al gomito hanno parecchi anelli di cuoio, con unitovi un sacchetto pure di cuoio, in cui racchiudono un versetto del Corano. Nei capelli portano una lunga stecca, che serve da pettine e da grattatore; i capelli foggiati, come vi ho già scritto, ed unti di burro da sgocciolare sulle spalle. Ognuno porta uno spadone. diritto e più largo di lama verso la punta, coll'impugnatura a croce, oppure una lancia variamente foggiata ed uno scudo tondo di pelle d'ippopotamo: un bastone corto, ma forte e leggermente ricurvo ad un'estremità, serve a battere i cammelli ed a mille altri usi. Una decina di questo tipo ci accompagnarono dapprincipio facendo tra loro un gran cicaleccio; poi a poco a poco alcuni se ne ritornarono, e infine restammo coi due che dovevano guidarci per tutto il viaggio.

Passati dall'isola a Ras Gerara ed attraversata la pianura in direzione di nord, toccammo il grosso villaggio di Omkullo, tutto di capanne di paglia, dove c'è una piccola casa della missione cattolica ora deserta, e dove si sta costruendo un edificio della missione protestante. Fattavi provvista di acqua, proseguimmo onde arrivar a pernottare fra le prime colline. La mattina del lunedì, mentre si preparavano i cammelli, dal posto ove s'era dormito facemmo qualche fucilata alla jena, ma senza frutto; fu solo più tardi che avemmo la soddisfazione di levare dal mondo alcuni di questi antipatici animali. Qui sono frequentissimi ; si spingono la notte fino nei villaggi per razzolarvi da mangiare, ma non c'è da temerne per l'uomo, chè son loro che hanno paura ad attaccarlo. Fermatici un paio d'ore a mezza giornata, camminammo fino a sera attraverso piccole alture; passando poi per una scalea di altipiani solcati solo dal letto di qualche torrente asciutto per ora, ma che durante le pioggie scorre impetuoso. Il suolo è arido e solo popolato da un arbusto a foglie larghe e grigie che qualche volta prende le proporzioni di un albero, da molte gaggie e da sterpi: tutto vi presenta un carattere di sterilità che fa tristezza. Verso sera, entrammo nel cosiddetto deserto, dove cessano gli alberi; il suolo è di sabbia e sparso di ciuffi d'erba. È in mezzo a questo che abbiamo passata la notte; e la mattina, prima che s'alzasse il sole, eravamo alzati noi per dar moto ai nostri cammellieri apati ed indolenti per natura, come tutta questa gente, cui avanza sempre tempo eppure sono noleggiati un tanto fisso per tutta la gita, e non si pensa a dar loro da mangiare.

Procedemmo tutta la mattinata nel deserto, finchè ci avvicinammo alle prime alture, e volgendoci ad ovest, entrammo in una vallata. Era mezzogiorno, quando scorgemmo un poco d'acqua limpida e corrente, e non potete credere con quanto piacere la si contempli, la si saluti, e ci si precipiti a gustarne, anche se sia calda e di gusto poco gradito, quando da qualche giorno non se ne è vista: a Massaua se ne ebbe sempre di peggiore. A questa sorgente incontrammo una carovana di una trentina di cammelli da carico, e dopo un paio d'ore ripartimmo insieme, prendendo per via il letto del torrente. La valle è ricca di folta vegetazione; or s'allarga, ora si ristringe in vere gole rocciose ed anguste, e nulla più. Le montagne che ne circondano hanno aspetto vulcanico, non sono grandiose, e sono popolate di acacie, che soffrono per le lunghe siccità. La sera mettemmo

GUIDO CORA, Cosmos, vol. 5o, 1878, fasc. V.

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il campo presso il torrente. Mercoledì appena entrati in una di quelle gole fummo scossi da un subitaneo rumore, un insieme di acutissime strida, nuove affatto pei nostri orecchi. Il fiume aveva pochi metri di larghezza, e solo vi scorreva un filo d'acqua, che qua e là si perdeva nelle sabbie: le pareti del burrone si elevavano a scaglioni l'un sull'altro e quasi verticali, ed uno stuolo di scimmie stava tranquillamente dissetandosi, quando il nostro arrivo le disturbò e diedersi a fuggire saltando di roccia in roccia su pel burrone, finchè si raccolsero sul ciglio a contemplare il nostro passaggio.

Fú una scena abbastanza nuova per noi da compensarci della monotonia del viaggio nei primi due giorni. In quella giornata ci aspettava un'altra scena nuova e tutt'altro che ridicola: fu l'incontro di alcuni soldati prigionieri che da Keren si trasferivano a Massaua per essere giudicati: erano assicurati ciascuno ad un tronco di legno biforcato ad un'estremità e lungo un paio di metri, facendo passare il collo nella biforcazione, e legandovelo ben stretto con corde: l'altra estremità del tronco era legata ad un cammello, che portava un altro prigioniero con ferri alle mani ed ai piedi: si alternano così le tappe tra quelli a cavallo ed a piedi. Spettacolo che fa pietà, perchè bisogna anche aver visto come sono logori, come li trattano, e con cosa si nutriscono: è un sistema che vedesi sulle illustrazioni delle esplorazioni africane, ma ignoravo che fosse tuttora in vigore presso S. A. il Vicerè d'Egitto.

Solo verso le otto di sera arrivammo alla tappa nella foresta dove i cammellieri pretendono comparisca qualche volta anche il re degli animali, e quindi per precauzione raccolsero tutti i cammelli in un circolo, attorno al quale si tennero vivi tutta quanta la notte sei grandi fuochi. È vero che il leone non ci fece intendere neppure la sua voce, ma la tema d'una visita sua ci procurò un bellissimo spettacolo notturno colla vista del campo nel letto del torrente circondato da foreste, con quei gruppi caratteristici di cammelli e cammellieri illuminati dai fuochi. Il mattino partimmo assai per tempo, e andammo spingendoci in vallate d'aspetto mano mano più alpestre: le montagne all' intorno sono coperte da fichi, acacie, euforbie, enormi baobab carichi, in questa stagione, di frutti ripieni d' un umor bianco acidulo gradito al palato, e di semi come nocciuoli. Attraversiamo un colle, la cui salita è molto erta, specialmente pei cammelli, e percorrendo i meandri d'una lunga vallata raggiungiamo verso il tocco un esteso altipiano, dove ci fermiamo per riposare e mangiare. Fino a qui la caccia su cui avevamo contato pei pasti nostri non fu molto abbondante, e le provviste erano ridotte al punto da prescrivere la razione, ottimo metodo per stare sani di stomaco: ma inoltrandoci, seguendo il letto quasi piano del torrente fiancheggiato da folta vegetazione e abbondante di pozzi d'acqua verdognola, incominciammo a trovare delle pernici. Era divertimento e necessità, che ci obbligavano a cacciare: scendiamo quindi da cammello, e proseguiamo seguendo a piedi la caravana in mezzo al paradiso dei cacciatori, tanta era l'abbondanza di selvaggina. In un'ora abbiamo tanto ammazzato che tralasciammo, perchè completamente stufi di una carneficina che diventava inutile: uno dei nostri cammelli era tutto pavesato della cacciagione: due gazzelle, pernici, francolini, faraone, e molti uccelletti dai colori vivi e lucenti, presi solo pel gusto di vederli da vicino. Speravamo far così il nostro ingresso trionfale in Keren,

ma i nostri cammellieri s'erano sbagliati dicendoci che vi saremmo arrivati prima di sera. Attraversammo un' estesa pianura, passammo delle alture, girammo una catena di monti per passare su un altro altipiano, e finalmente nel buio scorgiamo alcuni lumi delle case dei coltivatori che stanno fuori del villaggio. Non pratici dei luoghi ignoriamo a qual porta bussare per trovar un ricovero, e alla fine ci decidiamo di andare direttamente alla missione, confidando nella carità cristiana di quei padri. Ci viene indicato dai cammellieri un lume come quello del convento, e ci dirigiamo verso di esso: attraversiamo una specie di accampamento di capanne, ed entriamo nella missione.

Qui non v'è l'uso d' ospitare i cosiddetti pellegrini, e quindi ci limitiamo a chiedere di poter restare nel cortile fino all' indomani, che ci saremmo procurato un alloggio. Abbiamo potuto capire che in fin dei conti si disturbava, e non eravamo i benvenuti; ma si decisero a darci una stanza vuota e delle stuoie assicurandoci che null'altro potevano offrirci. Dopo la presentazione però al capo della missione di una lettera di monsignor Simeoni, ci fecero le scuse dell'alloggio poco conveniente, promettendone un altro per l'indomani, e ci mandarono in abbondanza pane, cacio, tecc (bevanda fermentata di acqua, miele e certe radici aromatiche), tanto da saziare la fame, che non era pochina. Sono questi missionari lazzaristi, alcuni francesi, altri tedeschi: l'istituzione però è tutta francese. Ci diedero una cordialissima ospitalità, e uno di loro, che mi piace ricordarvi, il padre Picard, simpatica persona che vive qui da 14 anni, ci portò a girare dappertutto. Visitammo il governatore, un negro del Sudan che fece la campagna del Messico nella legione straniera, e una diecina di europei, la più parte greci, uno italiano ed uno francese, che si applicarono alla coltivazione del tabacco, industria che da alcuni anni fiorisce in questo paese. Dovunque al solo titolo di viaggiatori bianchi ebbimo accoglienza fraterna ed entusiastica: tutti ci volevano, tutti ci offrivano qualche cosa, tutti ci rimproveravano d'essere discesi alla missione anzichè a casa loro: e lo comprenderete facilmente pensando che la loro esistenza in questo angolo deserto della terra non è certo allegra e svariata, e l'arrivo d'un forestiero è fatto più unico che raro. Tutti vivono in capanne di paglia come quelle dei nativi, fatte solo con maggior arte. Monsignor Constant, per esempio, un francese che militò nel 59 in Italia, ha un cascinale veramente bello ed originale: al di fuori tutto in paglia, all'interno tappezzato fino il soffitto e il pavimento con stuoie; per porte, dei telai di legno che girano su cardini pure di legno e coperti di stuoie. L'aspetto di Keren è arido in questa stagione, ma la dicono e deve essere freschissima nella stagione delle pioggie: è a circa 1500 metri sul mare; vi sta una guarnigione egiziana, che tiene sull' altura un forte sufficiente contro gli attacchi possibili in questi luoghi. Il complesso del paesaggio non è molto pittoresco, essendo le montagne all' intorno piuttosto basse e di forma arrotondata.

Ci siamo fermati tre giorni, e il quarto riprendemmo la strada già fatta, e di cui non s'era visto l'ultimo tratto, perchè era notte. È veramente stupendo: alberi giganteschi, liane, che si intrecciano in mille scherzi, scendono e rimontano; boscaglie foltisssime, animate da migliaia di uccelletti variopinti, da gazzelle, cignali, scimmie, e chi sa quanti altri animali.

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