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Pediano (1) e tale notizia è pure confermata da Servio (2). Ora, siccome da queste testimonianze si ricava che Virgilio si mise a scrivere a 28 anni, è chiaro che, essendo egli nato il 15 ottobre del 684/70, cominciò le Bucoliche negli ultimi mesi del 712/42. Sappiamo inoltre che il poeta impiegò un triennio attorno alle Bucoliche (3); dunque la composizione delle dieci Ecloghe cade negli anni 712 fine 715 di R. 42 fine39 av. Cr.

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Sin qui adunque non s'incontrano difficoltà, o almeno non si dovrebbero incontrare. Ma queste cominciano realmente, quando si voglia determinare il tempo nel quale ciascuna ecloga fu scritta, e però il loro ordine cronologico; poichè è appena d'uopo di ricordare che l'ordine, in cui sono a noi pervenute, non è punto il cronologico, come troviamo pure notato nel così detto commentario di Probo (4). Ora non tutte le ecloghe ci dànno indizi sicuri per fissarne la data della composizione. Ne mancano la 2, la 3a, la 5a e la 7a: per altro osserviamo subito che Virgilio stesso (V, 86 seg.) ci fa sapere di avere scritto

questo sia il genuino commentario dell'insigne grammatico di Berito; ma nulla impedisce di ritenere che del magro commentario a noi pervenuto << guter Kern auf Probus zurückgehen mag », sebbene « durch eine Menge freindartiger schlechter Zutaten fast erstickt ist ». (TEUFFELSCHWABE, Röm. Lit. p. 678).

(1) P. 1, 12: Scripsit Bucolica annos natus VIII et XX, Theocritum secutus. P. 7, 7: cum certum sit eum, ut Asconins Pedianus dicit, XXVIII annos natum Bucolica edidisse (dove edidisse si deve evidentemente ritenere come equivalente a scripsisse).

(2) Nel Proem. delle Buc., III, p. 3, 26 (ediz. THILO): sane sciendum Vergilium XXVIII annorum scripsisse bucolica. Cfr. a Georg., Iv, 564. (3) Cfr. la vita di V. attribuita a Donato, di fonte Svetoniana, nello Svetonio di REIFF., p. 60, 5: bucolica triennio... perfecit; Servio nella vita premessa al comm. dell'Eneide, I, p. 2, 7 Th.: tunc ei proposuit Pollio ut carmen bucolicum scriberet, quod eum constat triennio scripsisse et emendasse.

(4) P. 6, 9 K.: Bucolica scripsit, sed non eodem ordine edidit, quo scripsit. Cfr. anche Servio nel Proem. cit. delle Buc., p. 3, 15 Th.: de eclogis multi dubitant, quae licet decem sint, incertum tamen est, quo ordine scriptae sint.

la 2* e la 3* prima della 5*. Per vedere quindi qualche cosa di probabile, se non di certo, in quest' arruffata questione, è mestieri avere presenti alcuni fatti della vita del poeta.

È noto che, dopo la battaglia di Filippi (a. 712/42), Ottaviano, ritornato in Italia, dovette soddisfare alle promesse date ai soldati, che lo avevano aiutato ad assassinare la repubblica, con larghi doni, e particolarmente, mancando di danari, con distribuzioni di terre (1), impigliandosi in enormi difficolta, si per le giuste querele e gli sdegni di coloro che erano barbaramente spogliati di ogni bene, sì per le ingorde brame dei soldati che, rotta ogni disciplina, alla parte loro assegnata aggiungevano di proprio impulso, e senza riguardo ai capi, usurpazioni e spogliazioni d'ogni genere (2). Sentirono duramente peso di tale soldatesco dispotismo gli abitanti del Cremonese e successivamente del Mantovano; ed il povero poeta rimase privo del suo fondo. Era in quel tempo governatore della Gallia Cisalpina C. Asinio Pollione, il quale, dopo essersi adoperato con fortuna nelle guerre civili a favore di C. Giulio Cesare, era passato alla parte di Antonio (3), allora triumviro con Ottaviano e Lepido, ed era già stato designato console. Era Pollione

il

(1) Dione Cassio, Hist. Rom., XLVIII, 6, notava, parlando di Ottaviano e di Antonio, che Ἦν... ἐν τῇ κληρουχίᾳ ἀμφοτέροις ἡ πλείστη τῆς δυνάμεως ἐλπίς (An. 713).

(2) Credo opportuno, a schiarimento di ciò che qui io dico e che dirò in appresso, di riferire i seguenti luoghi di Appiano, Bell. civ., i quali riguardano gli avvenimenti di cui si tratta. V, 12: συνιόντες ἀνὰ μέρος ἐς τὴν Ῥώμην οἵ τε νέοι καὶ γέροντες, ἢ αἱ γυναῖκες ἅμα τοῖς παιδίοις, ἐς τὴν ἀγορὰν, ἢ τὰ ἱερά, ἐθρήνουν· οὐδὲν μὲν ἀδικῆσαι λέγοντες, Ἰταλιῶται δὲ ὄντες ἀνίστασθαι γῆς τε καὶ ἑστίας, οἷα δορίληπτοι ..... 13. Ὁ δὲ Καῖσαρ ταῖς πόλεσιν ἐξελογεῖτο τὴν ἀνάγκην, καὶ ἐδόκουν οὐδ ̓ ὡς ἀρκέσειν... ἀλλ ̓ ὁ στρατὸς καὶ τοῖς γείτοσιν ἐπέβαινε σὺν ὕβρει, πλέονά τε τῶν δεδομένων σφίσι περισπόμενοι, καὶ τὸ ἄμεινον ἐκλεγόμενοι· οὐδὲ, ἐπιπλήσσοντος αὐτοῖς καὶ δωρουμένου πολλὰ ἄλλα τοῦ Καίσαρος, ἐπαύοντο· ἐπεὶ καὶ τῶν ἀρχόντων, ὡς δεομένων σφῶν ἐς τὸ ἐγκρατὲς τῆς ἀρχῆς, κατεφρόνουν . . . . . 15. Ὁ δὲ Καῖσαρ οὐκ ἠγνόει μὲν ἀδικουμένους, ἀμήχανα δ ̓ ἦν αὐτῷ. Οὔτε γὰρ ἀργύριον ἦν ἐς τιμὴν τῆς γῆς δίδοσθαι τοῖς γεωργοῖς κ. τ. α.

(3) App., B. C., III, 97.

uomo di larga coltura letteraria, oratore valente, amante della poesia, critico acuto, atto insomma ad apprezzare degnamente chiunque sapesse nell'arte dei versi elevarsi dalla mediocrità. E Virgilio era appunto nel caso di destare vivo interesse in siffatto uomo; imperocchè da una parte il suo nome da parecchio tempo gli doveva essere favorevolmente noto per alcuni lavori poetici, fra i quali era notevole un poemetto intitolato Culex (1), e dall'altra, dimorando Pollione sin dall'a. 711/43 nella Gallia Cisalpina come luogotenente di Antonio, il poeta doveva essergli stato presentato. E qui noto come, checchè si voglia dire dell'amore che il poeta avrebbe concepito per quel servo di nome Alessandro, che ei conobbe alla mensa di Pollione, e che, dopo averlo da questo avuto in dono, cantò nell'ecloga 2a sotto il nome di Alessi (2), il fatto solo del dono di cotesto schiavo a Virgilio denota come questi avesse già stretta amichevole relazione con Pollione, il quale anzi, riconoscendo forse nei versi del poeta una spiccata disposizione a sentire e ritrarre la vita in ciò che essa ha di più schietto e di più naturale, una tendenza a rappresentare la libera e semplice vita pastorale e campagnola, lo aveva esortato a coltivare la poesia bucolica (3) andando sulle orme del greco Teocrito.

(1) Il poemetto, che con questo nome è giunto sino a noi, non deve essere di Virgilio, ma, come si congettura, un lavoro fatto da qualche imitatore parecchi anni dopo la morte del poeta e sostituito al poemetto genuino, dallo stesso Virgilio forse distrutto. Cfr. TEUFFEL-SCHWABE, R. L., p. 465 seg.

(2) Cfr. la Vita donatiana (p. 57, 1 R.): maxime dilexit... Alexandrum, quem secunda bucolicorum ecloga Alexin appellat, donatum sibi ab Asinio Pollione; inoltre Serv., ad Ecl., II, 1 e 15 e gli Scolii Bernesi (ediz. HAGEN) nel proem. all'Ecl. cit.; Apuleio, Apol., 10. Marziale invece confonde Pollione con Mecenate (cfr. VIII, 56, 9 segg.: Risit Tuscus eques... et nostrum, dixit, Alexin ames; di più V, 16, 12; VI, 68, 6; VII, 29, 7; VIII, 73, 10); sed is, osserva il RIBBECK (Proleg., p. 3), cum Maecenatem pro Pollione nominet, vagos se magis rumores quam historiae fidem sequi fassus.

(3) Lo dice esplicitamente Virgilio nell'Ecl. VIII, v. 11 seg., ove scrive a Pollione: accipe iussis | carmina coepta tuis. Cfr. Servio nella vita cit. premessa all'Eneide, 1, p. 2, 7 Th.

Pertanto, quando Virgilio fu travolto nella sciagura dei Cremonesi e dei Mantovani, non si può dubitare che già avesse dato qualche saggio di poesia bucolica: si deve anzi supporre che già avesse scritto la seconda e la terza ecloga, delle quali la seconda canta l'amore di Coridone per Alessi (il giovane schiavo regalato al poeta da Pollione); e la terza, oltre a menzionare con tono d'ammirazione i nova carmina (1) che Pollione componeva, dimostra come al governatore della Cisalpina tornassero graditi i versi del poeta, il quale fa dire a Menalca (v. 84): << Pollio amat nostram, quamvis est rustica, musam ».

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Da ciò mi pare che si possa inferire che la terza ecloga sia stata preceduta dalla seconda (2), nella quale il poeta chiaramente provava di aver messo in pratica il consiglio datogli da Pollione. Di fatto Virgilio riprendendo, nell'amore di Coridone per Alessi, il tema svolto da Teocrito nell' idillio XXIII di un ἀνὴρ πολύφιλτρος che απηνέος ἤρατ ̓ ἐφάβω (ν. 1) - cosa che diede probabilmente occasione agli allegoristi di inventare un amore di Virgilio per il servo di Pollione vi inserì anche parte del soggetto dell'idillio III, dove Teocrito introduce un capraio che cerca di guadagnarsi l'amore di Amarillide con promesse di doni, e parte dell'idillio XI, nel quale Polifemo si duole delle ripulse di Galatea, cui cerca di piegare a più miti consigli col ricordarle le sue ricchezze, la sua perizia nel canto e via dicendo. Del resto ricordisi ciò che sopra si è detto, cioè che la quinta ecloga fa menzione della seconda e della terza: ora, sebbene del tempo in cui fu dettata la quinta manchi un certissimo indizio, si può nondimeno congetturare dal contenuto, destituito di ogni allusione a persone e fatti aventi relazione colla vita del poeta, che anche la quinta è anteriore alla per

(1) Sul significato di questa espressione cfr. la mia nota al v. 86 dell'Ecloga.

(2) È quindi giustissima l'osservazione del KOLSTER in Vergils Eklogen in ihrer strophischen Gliederung nachgewiesen, Leipz., 1882, p. 31: « Es ist diese Ekloge die erste, in welcher sich der Einfluss des Asinius Pollio auf den Vergil zu erkennen giebt. »

dita dei beni patita nel 713 dal poeta, come per altro rispetto sembra confermato dal fatto che quest'ecloga è accennata nella nona (1), la quale, come dimostreremo fra poco, deve cadere nel 714, ed ha relazione strettissima coi casi occorsi al poeta nella distribuzione del territorio mantovano ai soldati dei triumviri. Certo io non accetto l'idea di quei curiosissimi, come li chiama il Ribbeck (2), allegoristi, che nel Dafni dell'ecloga V pretendono avere il poeta voluto allegoricamente rappresentare C. Giulio Cesare, tanto più che lo stesso Servio lo dà tutt'altro che come cosa sicura, anzi accenna a diverse altre interpretazioni allegoriche dell'ecloga (3). Penso invece che il poeta volesse in apposita ecloga rappresentare più spiccatamente le tradizioni della vita e della poesia pastorale greca, di cui Dafni è appunto l'eroe leggendario, e al quale Teocrito aveva riservato « une place d'honneur » nelle sue composizioni (4). E vedo con piacere come quest'idea non sia affatto nuova, chè, contro l'affermazione di molti filologi e commentatori di Virgilio, l'hanno sostenuta, non è molto, combattendo gli allegoristi, il Kolster (5), il Krause (6) ed il Feilchenfeld (7) con argomenti che, mi pare, non ammettono replica (8). Finalmente, quanto

(1) Cfr. i vv. 19 e 20 con Ecl., V, 40.

(2) Proleg., p. 2.

(3) Ad Ecl. V, 20: multi dicunt, simpliciter hoc loco defleri Daphnim... alii dicunt significari C. Iulium Caesarem... alii... Quintilium Varum... tamen « crudeli funere » ad quemvis potest referri. Cfr. inoltre Filargir. allo stesso passo (nel Servio di LION, II, p. 326): alii luctum Salonini, nonnulli Flacci fratris eius putant. Anche nella Vita donatiana è detto che il poeta pianse in Dafni la morte del fratello Flacco (p. 58, 1 R.). Cfr. anche gli Scolii Bernesi ad Ecl., V. Proem., e v. 20.

(4) JULES GIRARD, La Pastorale dans Théocrite in Etudes sur la Poésie Grecque, Paris, 1884, p. 276. Cfr. KOLSTER, Op. cit., p. 78. (5) Op. e pag. cit. e seg.

(6) Quibus temporibus quoque ordine Vergilius Eclogas scripserit, Berl. 1884, p. 43 segg.

(7) De Vergilii Bucolicon temporibus, Lips., 1886, p. 17 seg.

(8) Non so davvero capire come possa anche il GÜTHLING nel sommario di quest'ecloga (vedi la sua edizione Teubneriana, 1886, p. xviii (affermare che in essa Virgilio esaltò Cesare nella ricorrenza del suo natalizio nel

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