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La presente edizione delle Bucoliche di Virgilio è stata da me condotta col metodo tenuto nell'edizione delle Georgiche; del quale avendo io lungamente discorso nella Prefazione di quell'opera, stimo inutile ripetere qui le cose già dette. Soltanto non credo di dover tacere che ho voluto rendere più ricco e più indipendente dai lavori altrui questa edizione delle Bucoliche, la quale, sì per il favore accordato al mio precedente lavoro, sì per il mio lungo studio e il grande amore dell'opera virgiliana, riuscirà, spero, bene accetta agli studiosi. E spero pure che si riconoscerà il molto di mio che ho aggiunto alle illustrazioni già da altri fatte, avendo voluto estendermi assai nelle note d'ordine lessicale e grammaticale, particolarmente in relazione colla sintassi storica; per non dire che molte citazioni ed osservazioni d'ogni genere, le quali il lettore troverà nel mio commento, non sono state attinte da me ad alcun altro lavoro consimile, ma sono il frutto dei miei studî speciali. E se talora ho persino dato luogo nelle mie annotazioni a qualche discussione sul testo, l'ho fatto, ritenendola necessaria alla piena ed esatta intelligenza del concetto virgiliano. Insomma ho voluto fare un commento, che mostrasse bensì lo studio de' migliori commenti delle Bucoliche, ma fosse ad un tempo tale da non apparire una semplice compilazione, per quanto diligente ed utile, ma un'opera che avesse un'impronta sua propria e portasse qualche non ispregevole contributo all' illustrazione del testo. Di guisa che, quale che sia il merito del mio lavoro, non credo di avere soverchia pretesa nutrendo la speranza che esso possa degnamente figurare fra le più accurate e, tenuto conto dell'enorme materiale già raccolto dai filologi che mi hanno preceduto, fra le più originali edizioni delle Bucoliche.

Torino, 10 marzo 1889.

ETTORE STAMPINI.

INTRODUZIONE

Non è mio intendimento, scrivendo questa Introduzione ad una edizione commentata delle Bucoliche di Virgilio (1), di affrontare con nuova ed estesa discussione le varie ed intricate questioni che si riferiscono al lavoro virgiliano. Procurerò invece di mettere specialmente in rilievo ciò che di più importante in alcuni punti dagli odierni studî mi sembra o pienamente assodato o dimostrato assai probabile, senza tuttavia rinunziare ad emettere qua e là quelle ipotesi che le controversie de' critici rendano necessarie.

E primieramente ci si presenta irta di difficoltà la questione della cronologia delle Ecloghe, questione che si connette con un'altra non meno complicata, quella della vita di Virgilio, la quale in alcuni de'suoi più importanti momenti è dalle Ecloghe stesse ritratta. Certo non vi può essere dubbio ragionevole riguardo al tempo in cui il poeta si accinse a coltivare la poesia bucolica. Ce ne dà esplicita attestazione l'autore di un commentario alle Bucoliche ed alle Georgiche, che va sotto il nome di Probo (2), il quale si appoggiava in ciò all'autorità di Asconio

(1) Quanto alla forma latina Vergilius, vedi ciò che ne scrissi nel mio lavoro Le Georgiche di Virgilio commentate. Parte prima, Libri I e II, Torino, 1884, p. XVII segg. Riguardo poi al titolo di Ecloghe, riferisco l'osservazione del FORBIGER (nel vol. III della 4a ediz. delle opere di Virgilio, p. xix, nota 16): Quae tamen inscriptio minus apta non a Vergilio ipso profecta est, sed posterioribus demum temporibus originem debet. Cfr. Weichert. de L. Varii et Cassii Parm. vita et carmm., p. 21 (Veramente avrebbe dovuto citare del W. l'opera Poetarum Latt. Hostii, Laevii, ecc., p. 20 seg., n. 1). Bucolica autem haec carmina ab ipso auctore appellata esse, Servius testatur in prooemio Georgicis praemisso. (2) M. Valerii Probi in Virgilii Bucolica et Georgica commentarius... Edidit HENRICUS KEIL, Halis, 1848. Non si può certamente reputare che

Pediano (1): e tale notizia è pure confermata da Servio (2). Ora, siccome da queste testimonianze si ricava che Virgilio si mise a scrivere a 28 anni, è chiaro che, essendo egli nato il 15 ottobre del 684/70, cominciò le Bucoliche negli ultimi mesi del 712/42. Sappiamo inoltre che il poeta impiegò un triennio attorno alle Bucoliche (3); dunque la composizione delle dieci Ecloghe cade negli anni 712 fine 715 di R. = 42 fine — 39 av. Cr.

Sin qui adunque non s'incontrano difficoltà, o almeno non si dovrebbero incontrare. Ma queste cominciano realmente, quando si voglia determinare il tempo nel quale ciascuna ecloga fu scritta, e però il loro ordine cronologico; poichè è appena d'uopo di ricordare che l'ordine, in cui sono a noi pervenute, non è punto il cronologico, come troviamo pure notato nel così detto commentario di Probo (4). Ora non tutte le ecloghe ci danno indizi sicuri per fissarne la data della composizione. Ne mancano la 2a, la 3a, la 5a e la 7a: per altro osserviamo subito che Virgilio stesso (V, 86 seg.) ci fa sapere di avere scritto

questo sia il genuino commentario dell'insigne grammatico di Berito; ma nulla impedisce di ritenere che del magro commentario a noi pervenuto << guter Kern auf Probus zurückgehen mag », sebbene « durch eine Menge freindartiger schlechter Zutaten fast erstickt ist ». (TeuffelSCHWABE, Röm. Lit. p. 678).

(1) P. 1, 12: Scripsit Bucolica annos natus VIII et XX, Theocritum secutus. P. 7, 7: cum certum sit eum, ut Asconins Pedianus dicit, XXVIII annos natum Bucolica edidisse (dove edidisse si deve evidentemente ritenere come equivalente a scripsisse).

(2) Nel Proem. delle Buc., III, p. 3, 26 (ediz. THILO): sane sciendum Vergilium XXVIII annorum scripsisse bucolica. Cfr. a Georg., IV, 564. (3) Cfr. la vita di V. attribuita a Donato, di fonte Svetoniana, nello Svetonio di REIFF., p. 60, 5: bucolica triennio... perfecit; Servio nella vita premessa al comm. dell'Eneide, I, p. 2, 7 Th.: tunc ei proposuit Pollio ut carmen bucolicum scriberet, quod eum constat triennio scripsisse et emendasse.

(4) P. 6, 9 K.: Bucolica scripsit, sed non eodem ordine edidit, quo scripsit. Cfr. anche Servio nel Proem. cit. delle Buc., p. 3, 15 Th.: de eclogis multi dubitant, quae licet decem sint, incertum tamen est, quo ordine scriptae sint.

la 2a e la 3a prima della 5a. Per vedere quindi qualche cosa di probabile, se non di certo, in quest' arruffata questione, è mestieri avere presenti alcuni fatti della vita del poeta.

È noto che, dopo la battaglia di Filippi (a. 712/42), Ottaviano, ritornato in Italia, dovette soddisfare alle promesse date ai soldati, che lo avevano aiutato ad assassinare la repubblica, con larghi doni, e particolarmente, mancando di danari, con distribuzioni di terre (1), impigliandosi in enormi difficolta, si per le giuste querele e gli sdegni di coloro che erano barbaramente spogliati di ogni bene, sì per le ingorde brame dei soldati che, rotta ogni disciplina, alla parte loro assegnata aggiungevano di proprio impulso, e senza riguardo ai capi, usurpazioni e spogliazioni d'ogni genere (2). Sentirono duramente il peso di tale soldatesco dispotismo gli abitanti del Cremonese e successivamente del Mantovano; ed il povero poeta rimase privo del suo fondo. Era in quel tempo governatore della Gallia Cisalpina C. Asinio Pollione, il quale, dopo essersi adoperato con fortuna nelle guerre civili a favore di C. Giulio Cesare, era passato alla parte di Antonio (3), allora triumviro con Ottaviano e Lepido, ed era già stato designato console. Era Pollione

(1) Dione Cassio, Hist. Rom., XLVIII, 6, notava, parlando di Ottaviano e di Antonio, che Ἦν... ἐν τῇ κληρουχίᾳ ἀμφοτέροις ἡ πλείστη τῆς δυνάμεως ἐλπίς (An. 713).

(2) Credo opportuno, a schiarimento di ciò che qui io dico e che dirò in appresso, di riferire i seguenti luoghi di Appiano, Bell. civ., i quali riguardano gli avvenimenti di cui si tratta. V, 12: συνιόντες ἀνὰ μέρος ἐς τὴν Ῥώμην οἵ τε νέοι καὶ γέροντες, ἢ αἱ γυναῖκες ἅμα τοῖς παιδίοις, ἐς τὴν ἀγορὰν, ἢ τὰ ἱερά, ἐθρήνουν· οὐδὲν μὲν ἀδικῆσαι λέγοντες, Ἰταλιῶται δὲ ὄντες ἀνίστασθαι γῆς τε καὶ ἑστίας, οἷα δορίληπτοι . . . . . 13. Ὁ δὲ Καῖσαρ ταῖς πόλεσιν ἐξελογεῖτο τὴν ἀνάγκην, καὶ ἐδόκουν οὐδ ̓ ὡς ἀρκέσειν...... ἀλλ ̓ ὁ στρατὸς καὶ τοῖς γείτοσιν ἐπέβαινε σὺν ὕβρει, πλέονά τε τῶν δεδομένων σφίσι περισπόμενοι, καὶ τὸ ἄμεινον ἐκλεγόμενοι· οὐδὲ, ἐπιπλήσσοντος αὐτοῖς καὶ δωρουμένου πολλὰ ἄλλα τοῦ Καίσαρος, ἐπαύοντο· ἐπεὶ καὶ τῶν ἀρχόντων, ὡς δεομένων σφῶν ἐς τὸ ἐγκρατὲς τῆς ἀρχῆς, κατεφρόνουν..... 15. Ὁ δὲ Καίσαρ οὐκ ἠγνόει μὲν ἀδικουμένους, ἀμήχανα δ ̓ ἦν αὐτῷ. Οὔτε γὰρ ἀργύριον ἦν ἐς τιμὴν τῆς γῆς δίδοσθαι τοῖς γεωργοῖς κ. τ. α.

(3) App., B. C., III, 97.

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