Billeder på siden
PDF
ePub

e con

rotazione o vicenda di riproduzione sumo; e dove questa sia libera e nella sua proporzione, la società si trova nel miglior punto della sua esistenza. Tutto ciò dunque che si oppone a questo gran principio diventa un principio distruttore, totalmente contrario a quello di conservazione e miglioramento. Dove manca il consumo deve mancare la riproduzione, e con essa la ricchezza e la popolazione e tutti gli altri vantaggi dello stato. Ma per farci un'idea chiara dei tristi effetti che devono produrre la mancanza di libertà e le imposte sul commercio, andiamo per poco all' origine della cosa; e come abbiamo veduto quali sarebbero gli effetti della mancanza di libertà e delle irregolari imposizioni in uno stato ne' semplici rapporti con se stesso, vediamo ora quali essi potrebbero essere nei rapporti di commercio con altre nazioni. Immaginiamo dunque che alcune nazioni vivessero nel libero concambio delle loro derrate, merci e manifatture, e che niun vincolo nell' interno o nell' esterno costringesse la loro libertà; il loro stato costante sarebbe quello di un' agricoltura ben'intesa e diligente, di un'industria

attiva sugli oggetti modificabili dall'arte, e d'un metodico cambio per i varj prodotti d'avanzo. Sussisterebbe dunque un commercio libero fra esse, e ciascuna si sforzerebbe con industria e fatica a moltiplicar le riproduzioni, come mezzo di altri acquisti soddisfacenti i proprj comodi e piaceri.

- delle

Ne nascerebbero in conseguenza varj effetti felici. La moltiplicità de' cambj porterebbe quella giusta proporzione dei prezzi, che solo può rendere più comune l'uso cose; il commercio essendo libero escluderebbe il monopolio; le derrate da cedersi non potrebbero esportarsi mai al segno da farne penuria nell' interno; i cittadini eserciterebbero liberamente il loro dritto di proprietà non ceduto nella riunione sociale, e le nazioni fra loro si stimerebbero vere amiche ed ausiliatrici.

Facciamo che a questo stato di libertà succeda una coazione o diretta o indiretta ; ecco un ostacolo alla libertà, un inearimento ne' prezzi, un'occasione ai monopolj ed alle frodi, una mancanza di consumo e per conseguenza dell' annua riproduzione. Ecco dell'annua dunque mancati per molti de comodi, de'

piaceri e de' favori della società; ecco introdotto un lusso ed una distinzione necessariamente infelice. Gli oggetti di commercio, che prima s'introducevano per tutti o pel maggior numero, ora pel necessario incarimento entreranno per pochi e saranno pagati oltre al prezzo giusto o necessario. Ristringendosi il consumo e la riproduzione, la popolazione dovrà mancare; ma prima che questo effetto si produca, cioè che l'esistenza della specie si metta a livello con quella dei generi necessarj, un tal passaggio dovrà essere alla società assai fastidioso. Molte persone e molte famiglie dovranno soffrire la miseria e tutto ciò che l'accompagna, e quando questa malattia s'introduce nei corpi sociali vi s'intrinseca per modo, che è troppo difficile il liberarneli. Da tali divieti nacque per lo più che le nazioni divennero emule e nemiche, ed i sentimenti di sordido interesse presero il luogo di quelli di umanità, che restò oppressa dai pregiudizj dell' avidità e dell' avarizia. Nacquero quindi le guerre scandalose ed inumane, e per esse le nuove imposte vennero ad impoverire i vinti ed i vincitori. Se si

riflettesse però quanto è meschino il risultato che dà anche il commercio più esteso in paragone delle riproduzioni, e se si volesse capire quanto il guadagno di pochi costi ad un'intiera nazione, le idee di commercio prenderebbero un aspetto del tutto indifferente. Nella storia del commercio, e specialmente moderno, entrano quasi sempre come principali attori l'avarizia lorda ed il cieco e sanguinario orgoglio: scotimenti triviali e vili, e che perciò dalle più alte sfere si comunicano alle più basse, fino a diventar sentimenti nazionali. Se si facesse però un calcolo comparativo di quanto gli stabilimenti commerciali sono costati alle nazioni in perdita di cittadini, in istraor dinarie moltiplicate imposizioni, in debito nazionale sempre vorace; e se sotto la stessa rubrica si disponessero ancora le partite di quanto per questo si sono ritardati i progressi dell' agricoltura, della civilizzazione e delle leggi ragionevoli, si troverebbe la somma delle perdite effettive infinitamente superiore a quella de' pretesi guadagni; e tutto questo si vedrà esser nato principalmente da divieti, da pretensioni esclusive,

da monopolj superiori, ed in sostanza dall' aver voluto escludere quella libertà ch'è una legge naturale del commercio, e che dobbiamo credere autenticata da quei rapporti generali da nazioni a nazioni, che sono pure un' espressione dei diritti della natura o dell' uomo.

Ma lasciando questo articolo, sul quale ogni piccola riflessione su i fatti è dimostrativa della verità, torno al mio oggetto particolare facendo riflettere, che nel modo ostativo alla libertà che si costituisce per mezzo delle imposte, e nell' ingiustizia che esso contiene non è l'elemento il più malefico quello della semplice imposizione, nè quello che più rincarisce i generi e le cose tutte commerciabili; poichè a ciò concorrono ancora tutte le condizioni necessarie a mantenere le imposte medesime. L'amministrazione, la percezione, la custodia si devono considerare come una parte dell' imposizione; e sotto questo punto di veduta se ne può conoscere l'esorbitanza. Ma ne parleremo in altro luogo, per mostrare quanta parte v'abbiano l'illusione e l'ingiustizia in simili stabilimenti.

« ForrigeFortsæt »