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LETTERA

Dell' Autore delle Riflessioni sulle monete ad un Legislatore della Repubblica Cisalpina.

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Brescia 28 febbrajo 1798 v. s.

Voi dunque siete state nominato tra i membri componenti la commissione regolatrice degli oggetti economici della repubblica. Nella novità di questa grande creazione non vi è sfuggita dagli occhi nemmeno la sistemazione delle monete. Voi ricercate a me qualche idea, che possa esser utile alle vostre ispezioni, essendovi noto che io ho pubblicato un opuscolo su tale argomento. Ma riflettete, ch'io fui tratto in questo arringo più dalla necessità che dalla volontà. Scrissi per arrestare una rovinosa riformazione monetaria, di cui la mia patria era minacciata. Una particolare occasione non potè formarmi economista; nè io mai ne assunsi il pallio. Tuttavia se vi basta che io applichi in qualche modo i miei principj alle attuali

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circostanze, quali si presentano agli occhi miei, non rifiuto di soddisfarvi. Possano le mie cure cospirar colle vostre in promovere il pubblico bene!

Io mi lusingo di aver dimostrato e col raziocinio e coi fatti nel citato scritto, che l'opinione ha e deve necessariamente avere una sostanziale influenza nel valore e nel corso delle monete.

Basti per compendio d'ogni argomento il riflettere, che la stessa introduzione de'metalli coniati per rappresentare il valore di tutte le cose altro non è che opinione, ma opinione utilissima che lega insieme il commercio di tutte le nazioni del globo.

I preziosi metalli sono soltanto beni di convenzione. Non servono per se stessi nè ai bisogni nè agli agi della vita, ma solo ai capricci del lusso.

Il rame e il ferro son necessarj alle arti utili assai più dell'oro e dell' argento. Eppure questi ultimi ottengono un prezzo infinitamente superiore ai primi. E perchè ciò? Perchè l'opinione di tutte le nazioni sociali è volontariamente convenuta in questo universale e provvido passo.

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L'opinione, avendo gettate annose radici viene a stabilire nel commercio usi e metodi da lei dipendenti, i quali non si possono alterare senza che ne risenta pregiudizio il commercio medesimo.

L'innovazione mette in mala fede, fa nascere il sospetto, e produce per lo meno un temporaneo arrenamento all' attività de' commerciali rapporti. L'innovazione somministra agli accorti speculatori un facile mezzo, onde trarre profitti indebiti dagl' incauti, che non hanno l'abilità di rilevar prontamente ogni connessione del cangiamento.

Dai premessi principj risulta all' evidenza, che qualunque mutazione nelle valute non può non apportare o in poca o in molta parte un' alterazione pregiudiziale al com

mercio.

Emerge quindi la necessità in ogni ristaurazione monetaria di allontanarsi il meno che sia possibile dai metodi che sono

in corso.

Io dunque crederei opportuno, che si ritenessero nella massima parte le specie che si sono coniate sino al presente nella zecca di Milano in quanto all' impasto ed al peso, e ciò per le seguenti riflessioni:

I. Per non confondere le idee del popolo e non danneggiare il commercio, per le ragioni dette di sopra.

II. Perchè il regolamento e la istituzion della zecca fattasi in Milano l'anno 1778 si operò con utili e ragionati principj.

III. Perchè la moneta della mentovata città, divenuta ora metropoli della repubblica, più agevolmente può ragguagliarsi alla moneta delle altre città secondarie, come vedremo.

È impossibile formar moneta senza mistura di lega. Voi lo vedrete dimostrato dagli esperimenti degli accademici Parigini nel mio libro accennati. Si è detto che lo zecchino Veneto non ne conteneva. Se fosse stato vero si sarebbe in breve tempo spezzato e disciolto. Convengo però che ne contenga meno d'ogni altra moneta, e quindi più d'ogni altra moneta risulta arrendevole e men consistente.

È costume de' zecchieri nella composizione delle paste di ragguagliare l'ingrediente lega a un tanto per marco, che equivale a ott' once, e ch'è il maggior peso di quantità dalle zecche adottato. Il buono e il

peggio delle monete si calcola dunque dalla maggiore o minor quantità di lega, ch' entra in ogni marco di pasta d'oro o d'argento.

Dopo lo zecchino Veneto le monete d'oro più pure sono il gigliato di Firenze e l'ongaro Romano, i quali non contengono che quattro caratti di lega per ogni marco. Le doppie poi, di qualunque genere o ne, contengono per lo meno 500 caratti di lega per ciaschedun marco.

Tra le monete nobili d'argento la più pura è la Genovina, la quale non oltrepassa i 48 caratti di lega per ogni marco; il più impuro è il ducato Veneto, il quale giunge

sino a 200.

Dalla maggiore o minor impurità delle monete procede la maggiore o minor utilità della zecca.

È non solo ragionevole, ma necessario, che la zecca approfitti. Ma l'utilità deve essere discreta, per essere veracemente utilità in tutti i rapporti.

È giusto che la zecca aggiunga al valor dell' intrinseco le spese del conio, e inoltre anche un tenue diritto di monetaggio. Ciò

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