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v. 511.

Sed me fata mea et scelus exitiale Lacaenae etc. Ecco il passo che lotta co'versi 565 e seg. L. II. Potrebber per altro in qualche modo difendersi col dire, che non val nulla il testimonio d' uom che dormiva; onde come Palinuro assolvette il Dio Sonno (non me Deus aequore mersit v. .348.) benchè reo di sua morte (Ecce Deus ramum etc. v.853 L. V.), cosi Deifobo ne condanna Elena benchè innocente; che il suo coro in prima notte di Frigie Baccanti l'avrà udito da' maligni, non già veduto, essendo improbabile la sua segreta intelligenza col campo Greco; e che il silenzio d'Enea al racconto d'un fatto, che coll'avvenutogli mal combinava, sarà stato officioso, per non quistionare coll'Ombre.

v. 687.

...tuaque spectata parenti Vicit iter durum pietas! ...vinse la conta al padre Tua pietà l'aspre vie! Più edizioni in vece di spectata portano exspectata; onde avrei detto vinse dal padre attesa; ma con discapito d'eleganza e di forza. v. 736, 737, 738.

Non tamen omne malum miseris, nec funditus omnes Corporeae excedunt pestes; penitusque necesse est Multa diu concreta modis abolescere miris.

Ogn'altra edizione porta inolescere. Nol disapprovo; ma gli antepongo abolescere, 1o pel penitus necesse est, essendo men necessario all'uom che vive contrar macchie, che purgarle contratte a chi vuol passar negli Elisj; 2o per quel modis miris, che meglio si lega colle tre purghe penali immediatamente soggiunte, d'aria che ventili, d'acqua che lavi, di fuoco che bruci.

v. 743, 744, 745.

Donec longa dies,... Concretam exemit labem... Primo, ch' io sappia, questi tre versi gli anticipo, e con ragione. Evidentemente rapportansi al vario tempo di purgazione, secondo

Il numero la qualità delle macchie. Mal dunque li trovo a giacere dopo il passo: exinde per amplum Mittimur Elisium, et pauci laeta arva tenemus. S'aggiunge che a quest'ultimo emistichio pauci laeta arva tenemus ben si connette: Has omnes, ubi mille rotam volvere per annos etc. Pochi stiam qui stabilmente: queste altre anime tutte dopo mille anni, bevuto il Lete, entrano in altri corpi. v. 764.

Quem tibi longaevo serum Lavinia conjux etc. a te longevo Tarda il darà la tua Lavinia Vuol la storia d' Enea ch'egli vivesse con Lavinia soli tre anni, la lasciasse incinta di Silvio. Dunque il longaevo qui varrà giả nume, già in cielo. Io però tengo a te longevo, per non perdere il lusinghevole equivoco di a te già vecchio. Credo che anche Enea gradisse più di campar molto, che di esser presto divinizzato.

v. 795.

jacet extra sidera tellus, Extra anni solisque vias,

A un suol che sfugge il noto polo, e l'orbite ec. Chi non sa, non darsi terra, che in genere non sia soggetta alle stelle? qui dunque si parla di stelle determinate, e queste voglionsi le zodiacali, talchè il senso sia extra sidera quac annuas designant vias solis; cioè al di là della Zona torrida, ossia nella temperata Australe. Io per dare al verso il suo ripieno, senza dir la cosa due volte o dividerla, mi prendo l'arbitrio di far due sensi. Prima colloco questa terra oltre la Linea Equinoziale, poi con Virgilio anche oltre il Tropico di Capricorno. v. 836, 838.

Ille triumphata Capitolia ad alta Corintho etc. Eruet ille Argos, Agamemnoniasque Mycenas, Ipsumque AEaciden genus armipotentis Achillei; Sul prino Ille convengono i Critici, che sia Mummio. Dissentono sul secondo. Chi lo vuole lo stesso Mummio, che abbattè non sola

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NOTE GIUST. ALL'ENEIDE L. VI.

Corinto, ma poi anche Argo e Micene, e pose Pirro alle strette. Chi Paolo Emilio che distrusse il seme degli Eacidi in Perse (di cui cantó Properzio: Et Persen proavi simulantem pectus Achillei) e cosi rovesciò Argo e Micene col renderle infievolite. Io, lasciando che il Caro si decida per Mummio col dire : Pirro debella, stimo meglio conservare al testo la sua più energica ambiguità.

v. 846.

Unus qui nobis cunctando restituis rem, Quel sol, che instauri indugiator lo 'mperio. Dò alla versione alquanto di patina, come per mostra che il verso è oro d'Ennio da Virgilio destramente colto tra il fango.

v. 893.

Sunt geminae Somni portae; quarum altera fertur Cornea, qua veris facilis datur exitus umbris: etc. Agevolmente s'intende, perchè la porta di corno servisse a dar esito all'ombre vere, e quella d'avorio a mandar sopra terra i sogni falsi perchè la prima è diafana, l'altra opaca, vore non a caso introdotta nella versione L'altra d'Indico dente albeggia opaca. Ma ond'è che Anchise, per far uscire d'Inferno i due viaggiatori, presceglie la porta eburnea? Non par che il Poeta tacci cosi il suo racconto di sogno mal combinato? No: mostra soltanto, che nè la Sibilla në Enea erano ombre vere, perchè impacciate di corpo; onde non potendo passare (come la luce per un trasparente) per la porta cornea che stava immota, avean bisogno della mano d'un Mane, che lor disserrasse l'eburnea. Ecco perchè il portaque emittit eburna lo interpreti: l'uscio lor apre eburno.

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