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stesso ancora mi par che si dovesse dire per Saffo (1). Tarteo da Rubbi, Bacchilide da Gargiulli, Erinna 'da Pagnini: Lucchesini, Goudar, Mattei e Gautier si avventurarono a volar con Pindaro là sulle vette del Parnaso.

Anacreonte, gli meritò di essere annoverato tra gli accademici della Crusca.

Io sognava di portare

Ali indosso e di volare,

E che Amor di piombo avesse
I piè gravi; e pur molesto
Mi seguisse, e raggiungesse.
Or che può voler dir questo?
Vuol dir, credo, che se molti
D'Amor lacci ho sin qui sciolti,
Ora questi sien di tempre

Da restar preso per sempre.

11 Menagio fece ancora conoscere, che pochi uomini erano più dotti di lui nella stessa nostra lingua. Io rapporterò soltanto questo graziosissimo madrigale:

O strana sorte e ria!

E chi lo crederia?
A te pur sola dissi,
A te pur sola scrissi
L'amoroso mio affanno;
A tutt' altri 'l celai:

E pur tutti lo sanno,

Tu sola non lo sai.

Se costoro avessero scritto in tempi a noi più vicini, avrebbero forse trionfato del medesimo de Rogati.

(1) Potrei darne molti esempj se non offendessi la propostami brevità. Chi legge il de Rogati può cantarlo. Perdonerà quindi il mio lettore se in questo luogo gli presenterò la sua versione dell'ode di Saffo alla favorita, della quale abbiamo di sopra parlato. Questa composizione che Belle Arti.

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Volgiamo lo sguardo ai latini. Plauto fu tradotto da Guazzesi e da Lacermi, Terenzio da Forteguerri, Virgilio

merita di essere letta replicatamente, gli farà conoscere il suo estro, il suo valore ed il suo genio poetico.

SAFFO ALL'AMATA.

ODE II.

Contento al par de'numi

Parmi colui che siede
Incontro a' tuoi bei lumi
Felice spettator;

Che sparse le tue gote
Talor d'un riso vede;
Ch'ode le dolci note
Dal labbro tuo talor.
Al riso, ai detti usati

Il cor che s' innamora,
Fra gli spirti agitati
Non osa palpitar.

Veggo il tuo vago aspetto;

E a le mie fauci allora
Non somministra il petto
Voce per favellar.
Tenta la lingua invano
D'articolar parola,

Corre un ardore insano
Di vena in vena al cor.
Un denso velo il giorno
A le mie luci invola;
Odo confuso intorno,
Ma non so qual rumor.

dal Caro (1, Tibullo, Catullo e Properzio da Bassoni, Conti, Broglio, Peruzzi e Mattei. Orazio ( ed io parlo dei migliori ) è degno di esser letto nelle odi del Salvelli, nelle satire ed epistole del Pallavicini e nella poetica del Metastasio. Ovidio, il migliore di ogni altro poeta per il maneggio degli affetti, per le grazie e per gli amori, è stato tradotto da molti. Io ho a caro l'Anguillara per le metamorfosi, Pompei per le eroidi, Cartari per i fasti, Ventura per le tristezze e dal Ponto, Vernice per l'arte di amare, Ingegnieri per il rimedio di amore, e diversi anonimi per i suoi lascivi libri degli amori. Il Marchetti, senza uscire dall' Italia, ci diede il Lucrezio da porre a fronte all'eneide del Caro. Non cede in nulla ai più famosi traduttori, checchè ne dicano alcuni scrupolosi sofisti (2). Taccio per brevità di altri traduttori (3) di opere antiche e moderne per

(1) Superò egli tutti i traduttori dell' eneide, e non vi è stato sin'ora chi lo abbia uguagliato. Lo affermano gli stessi esteri poeti. Per la georgica lo preferisco a Soave, come a Lori per la buccolica.

(2) Tito Lucrezio Caro adottò i sentimenti di Aristippo e di Epicuro, negando la provvidenza e riponendo tutta la felicità nei piaceri de'sensi. Volle egli perpetuare le dottrine de'suoi maestri, e scrisse sulla natura delle cose, attribuendo al movimento degli atomi tutti gli effetti della natura. La sua opera è (come dice egli stesso) seducente e

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capace di scuotere il giogo dei pregiudizii. Questo argomento empio, scellerato e difficile da lui scelto e messo in versi, fu ottimamente tradotto da Alessandro Marchetti.

(3) Tutte quasi le opere de'francesi, inglesi, tedeschi, portoghesi e spagnuoli, sono state tradotte in italiano da'nostri migliori poeti. L'Italia in questo ramo di letteratura è forse la più ricca di tutte le altre nazioni. Non basterebbe un volume, se mi accingessi a dare i nomi solamente

rammentarci che nell' istesso secolo in cui ritrovossi l'uso

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de' più famosi traduttori. La brevità di una nota mi permette soltanto di far menzione della famosa lettera di Eloisa ad Abelardo, scritta da Pope ed eccellentemente tradotta dal siciliano abate de Luca. lo ne darò altrove alcuni pezzi, avendo egli superato di molto tutti i traduttori, per dir meglio i parafrasisti di questa bellissima e patetica Eroide. La famosa epistola ad Urania, attribuita al sig. di Voltaire e che fu volgarizzata da un anonimo, supera senza dubbio alcuno il suo originale, per la sua bellezza, per la sua armonia e per la sua fedeltà. Ella è altrettanto degna, quanto la versione della tragedia del Maometto del sig. di Voltaire fatta dal celebre abate Melchiorre Cesarotti.

È un lodevolissimo costume di tutto il settentrione, di• ce Metastasio, (Lett. a Leop. suo fratello, T. I.) il can

• tare dentro i tempj non solo le lodi degli eroi del cristianesimo, ma i più venerabili misterj di nostra fede, tradotti « in loro lingua. » Non si può credere quanto interessi il popolo quell'aver parte in qualche modo nella sacra liturgia, e quanto più facilmente riscaldi gli animi, e li suggetti il vero, rivestito di espressione e di armonia maestosa. Il Miserere, quel salmo che è la sostanza di un cuor contrito ed umiliato, che conosce, che confessa, che detesta il suo fallo e ne implora il perdono, se si cantasse tradotto come usava saggiamente monsignor Ippoliti vescovo di Cortona nella sua diocesi, (Mattei, Lett. allo stesso) quale bene e qual profitto non produrrebbe sopra tutti coloro che non comprendono il latino? Ma si vuole oggi sentire. O dulcis pax, o clara fax, in me in te, nos, vos etc. Rapporta a questo proprosito il sig. Mattei, (Lettera come sopra) che un maestro di cappella gli fece osservare un giorno la prima parte di un mottetto che terminava con questi versi:

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"Ne cadam sicut redit

« In volutabrum suş. »

della stampa, i portoghesi scuoprirono l' Indie e gli spagnuoli, sotto la scorta di Cristoforo Colombo valicando l'oceano, si aprirono l' adito ad un nuovo mondo. La scoperta delle due Indie, il prospetto di nuove terre, di nuovi uomini, di nuovi mari, di nuovi climi, di un mondo insomma affatto nuovo, dovè far nascere nuove idee, nuove cognizioni, e produrre molti vantaggi alla nautica, alla fisica, alla medicina, alla storia naturale, a tutte le scienze infine ed a tutte le belle arti.

Una regina di Svezia celebre per il suo spirito, per le sue cognizioni e pel suo affetto ai letterati, dopo la metà del secolo XVII, stabilitasi in Roma promosse la poesia, e concorse alla perfezione ed al gusto dell' italiana letteratura. Da lei riconosce l'origine la famosa accademia degli Arcadi (1).

I romanzi (2) rinati dall' antico per lo spirito di ca

pregandolo di trovargli una rima in us per la seconda parte. Ei gli suggeri questo verso della poetica di Orazio

Parturient montes nascetur ridiculus mus. » Il maestro ne restò contentissimo, lo ringraziò e parti.

(1) Cristina di Svezia radunò in Roma una privata accademia dei migliori ingegni che vi erano in quell'alma città, e diede un forte eccitamento a quella turba poetica di calcare le onorate vie degli antichi. A lei sono gli arcadi debitori di una perpetua gratitudine. Quest'adunanza è consagrata a Cristo Bambino, e leva per suo stemma un organetto, un flauto ed alcune fronde di pino e di alloro

(2) Tutti i popoli orientali nutrivano il più grande amore pei romanzi. (Vesio, Orig. delle fav. romanz.) ce ne rapporta diversi esempj. I Greci loro veri eredi li coltivarono con amore. Se crediamo a Fozio (Bib. Cap. CLXVI.) un certo Antonio Diogene diede gli amori ed i viaggi di Dinia e di Dercille, primo romanzo greco. Il migliore però di tutti si è quello di Dafni e Cloe di Longo soprannominato Sofi

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