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<«< sul quale nel secolo XVII si eresse l'attuale Duomo nuovo, «< ed il Battisterio relativo sorgente verso l'attuale caffè del Duomo, dovettero essere posteriori alle chiese suburbane «< almeno di un secolo ».

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Mentre il cristianesimo era poco diffuso nelle campagne, i neofiti alla pasqua o alla pentecoste venivano alla cattedrale a ricevere il battesimo d' immersione, e ivi si recavano anche i morti: ma cresciuto colà pure il numero dei fedeli, fu necessario anche colà fondar chiese, battisteri e cimiteri ne' luoghi centrali. « In quelle chiese plebane il prete ordi«natovi dal vescovo (praepositus) celebrava la messa nelle domeniche, faceva l'eucaristia distribuendola ai presenti «come nelle agapi di Roma, e la comunicava agli assenti « per mezzo dei diaconi. Ne' luoghi romiti montani erano sa«< cerdoti vaganti, e celebravano sotto grandi alberi. Que' prepositi delle chiese battesimali o pievi nel sesto secolo pre«sero a chiamarsi arcipreti». Dopo il mille, vie più cresciuta la popolazione cristiana, intorno alle pievi sorsero oratorî, che diventarono parochie delle vicinie. Già dal concilio Agatense nel 506 è permesso di celebrare in quegli oratorî le domeniche per la distanza dalla chiesa battesimale.

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Delle chiese battesimali o pievi bresciane rurali prima del mille mancano certe notizie, e solo da tradizioni e nomi che trovansi in carte antiche si argomenta che già nella diocesi ne esistessero cinquantacinque: di Asola, Bagnolo, Bedizzole, Brandico, Carpenedolo, Canneto, Castenedolo, Castiglione, Corticelle, Dello, Ghedi, Isio, Leno, Manerbio, Medole, Montichiari, Orzivecchi, Oriano, Ospitaletto, Ostiano, Quinzano. Travagliato, Trenzano, Verolavecchia, Visano nella pianura: di Bornato, Coccaglio, Erbusco, Gavardo, Gussago, Nave, Nuvolento, Palazzolo, Provaglio, Rezzato ai colli: di Gargnano, Maderno, Salò, Toscolano, Tremosine nella Riviera benacense: d'Iseo, Pisogne e Sale Marasino nella Riviera d'Iseo di Cemmo, Cividate, Edolo, Rogno in Valcamonica: di Bovegno, Con

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cesio, Inzino, Lumezzane in Valtrompia: di Biù, Idro, Savallo e Vobarno in Valsabbia. E poichè « queste cinquantacinque pievi rappresentano i centri commerciali più notevoli dei tempi romani e dei primi secoli del cristianesimo nella no«stra diocesi, s' argomenta che alcuni paesi, ora primeggianti, « mille anni fa o non esistevano affatto o erano villaggi». Tali erano Chiari, Rovato, Verolanuova, Orzinuovi, Bagolino, Breno, Lovere, Travagliato: cosi Vestone e Bagolino dipendevano da Idro, Gardone da Inzino.

Di tutte le chiese bresciane e de' sacrari primitivi anteriori al mille or solo rimangono, in Brescia la chiesa ristaurata di S. Salvatore, la cripta di S. Filastro, e la chiesetta di S. Maria in Solario; fuori di Brescia la vecchia pieve di S. Siro a Cemmo, la vecchia pieve di S. Pancrazio a Montichiari, S. Ercolano a Maderno. Bene« turbinosa debb' essere « stata la notte medievale, se di tanti edifici sacri de' primi «< secoli cristiani solo rimangono queste misere reliquie. La cripta della vecchia pieve di Cemmo serba tracce di arte « romana della decadenza: i fregi esterni della chiesa sono «<l'opera più rozza del medio evo; e un saggio notevole, la « Cacciata dall' Eden, che sta nel nostro Museo dell' età cristiana, supera in rozzezza la stessa rappresentazione che «< era all'ingresso dell' antico Duomo di Cremona ».

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Le chiese plebane primitive furono la massima parte ricostrutte, ingrandite, mutate affatto: e tuttavia poi molte furono abbandonate per chiese parochiali nuove. « A Cemmo nel 1444 si trasportò la sede della parochia da S. Siro alla << nuova chiesa di S. Stefano; a Montichiari S. Pancrazio fu abbandonata pel nuovo tempio del secolo XVIII, la pieve « antica di Quinzano era in S. Maria; quella di Orzivecchi << nella semidiruta chiesa campestre di S. Lorenzo in via Bi« golio, dove posero piccola casa i frati minori; quella d'Idro

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in S. Maria; quella di Adro in S. Maria nel castello; quella << di Bornato nella chiesetta del cimitero; quella d'Asola in

« S. Maria al cimitero ». Nelle chiese plebane d' Inzino, Rogno, Cividate, Orzivecchi, Savallo, Vobarno, Iseo, Toscolano, Erbusco, Salò e Leno sono evidenti vestigi di opere romane. Si disse plebana una chiesetta a Lograto, le cui reliquie vennero nel 1866 incorporate nella casa Morando: ma debb'essere di pievi posteriori, perchè Lograto non ha titolo arcipresbiterale.

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« Lo spopolamento bresciano giunse al colmo nel secolo X, quando dal fondo dell' anarchia feudale sorsero le plebi <«invocate pure dal clero e dai signori a ristaurare le poche « rocche rimaste dai tempi de' Goti, e ad alzare nuove rocche «<e torri e mura, segnatamente a difendere le chiese, e le «< cose preziose in quelle adunate, contro le incursioni degli Ungheri e dei Saraceni». Succedettero poi le crociate, il risveglio delle industrie, l'aumento delle popolazioni, e quindi la necessità di oratorî nuove chiese. Si eressero allora il S. Apollonio nel plebato di Edolo, il S. Britio di Monno sul passo del Morteröl, il S. Filastro di Tavernole nella pieve di Bovegno, e sorsero le prime chiese di Bagolino, « di Sab«bio sul colle, di Botticino sul dosso, il S. Giorgio di Zone << sul monte Gölem, il S. Giorgio di Orzinuovi, la chiesetta « di S. Maria a Chiari, il S. Giorgio parochiale primitiva di Lovere, il S. Stefano sul colle di Rovato, parochia primitiva « di quel paese, e altre simili chiese, nelle quali si conce« dette di battezzare anche senza immersione. Così vennero « a mano a mano costituendosi le chiese parochiali nelle vi«< cinie ».

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Queste chiese battesimali e cimiteriali, che raccolsero l'eredità degli antichi sacrari e sacerdozi gentili e i loro patrimonî, cui amministrarono per corporazioni elette a voto generale dei fedeli, divennero centro d'istruzione e beneficenza, e, collocate lungo le grandi vie commerciali, si aggiunsero ospizi pei pellegrini ai Luoghi santi. Una di tali vie nella nostra diocesi era pel Tonale, su cui sorse un antico ospizio;

e prima del 1200 scendendo da esso i pellegrini trovavano gli ospitali di Edolo, di Cemmo, di Cividate, di Pisogne, d'Iseo, d'Ospitaletto, le cui distanze corrispondono a quelle delle stazioni lungo le vie militari romane. I papi e i vescovi ordinavano poi di continuo ai preti di tenere scuole per tutti i fedeli che vogliano mandarvi i loro fanciulli. Furono per ciò le pievi altrettanti « focolari nei quali serbaronsi le fa«< ville del fuoco sacro della civiltà antica, e si propagarono <«<i fuochi della civiltà moderna: per loro si collegano le due tradizioni: senza di loro e senza le tradizioni dei Benedet«< tini sarebbe impenetrabile l'oscurità del medio evo. Indi « l'alta importanza di raccogliere studiosamente ogni fram«mento medievale delle chiese plebane.

La elezione della presidenza e di due consiglieri è differita ad altra adunanza, non essendo i ventinove soci presenti numero bastevole a render legali le deliberazioni.

ADUNANZA DEL 20 GENNAIO.

Per l'assenza del presidente, presiede il vicepresidente sig. conte cav. Francesco Bettoni Cazzago.

L'Ateneo delibera innanzi tutto che sia fatta conoscere all'illustre suo meritissimo presidente cav. Gabriele Rosa, insieme co' vivi sentimenti di stima e di riconoscenza, la parte presa dal sodalizio al suo gravissimo recente lutto per la morte dell' egregio fratello: e rieleggendolo presidente pel prossimo biennio, confida' che l'affetto, a tante prove mostrato, non gli permetterà di sottrarsi al voto unanime de' colleghi.

Il vicepresidente sig. conte cav. Francesco Bettoni Cazzago legge uno scritto del socio sig. comm. avv. Carlo Negroni: Sui LESSI DOLENTI della Divina Commedia

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« Fra i versi della Divina Commedia, che hanno lezione più varia e più disputata, uno se ne incontra notevolissimo « nel XXI dell' Inferno. La pena dei barattieri si è di stare « sommersi in una fossa di pegola spessa, la quale ivi bolle, «< non per fuoco, ma per arte divina. E se alcuno di quei « dannati, per avere un po' di refrigerio al bollore che lo tormenta, ne mette fuori il capo od altra parte della per« sona, i demonii, che vi sono a guardia, lo arroncigliano « con certi raffi onde sono armati; e trattolo su, gli strap« pano le carni di dosso, e cogli unghioni lo scuojano, e colle «<zanne lo straziano e ne fanno governo crudelissimo. Di che << tra i peccatori e i loro custodi infernali si fa continua gara «< di furberie, cercando i primi di uscire senza essere veduti e presi, e gli altri di pigliarli ad ogni modo per isfogare <«< il feroce loro talento. Il principe di questi demonii ne manda poi una diecina ad accompagnare Dante e Virgilio lungo « la riva del fossato. Ma a Dante la compagnia dispiace, e « non è senza grande sospetto; tanto più che essi mostravano certi visi da far venire a un galantuomo i brividi; onde « vólto a Virgilio gli dice:

Se tu se' si accorto come suoli,

Non vedi tu, ch' ei digrignan li denti,
E con le ciglia ne minaccian duoli?
◄ Ed egli a me: non vo' che tu paventi;
Lasciali dirignar pure a lor senno;

Ch' ei fanno ciò per li LESSI dolenti. «< Cosi ha la maggior parte dei codici e delle edizioni; cosi « l' Aldina del 1502, cosi la volgata, così le quattro edizioni « citate dalla Crusca; così pure la bodoniana del 1795, che « è senza contrasto la più bella deile edizioni del secolo « scorso, e fu curata dal canonico veronese mons. Gian Ja« copo Dionisi, il più diligente e dotto dantista del suo tempo; « così la stampa berlinese dataci da Carlo Witte, onore e lume << dei dantofili di Germania; e così la fiorentina del prof.

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