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cioè

Souchay in un giusto e diligente confronto da lui fatto di tre principali poeti elegiaci latini, di Ovidio, di Properzio e di Tibullo, non teme di dare a quest' ultimo la preferenza sopra gli altri due (1).

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Sesto Aurelio Properzio fiorì di mezzo a Tibullo e ad Ovidio, e nacque nell' Umbria, ove non v'ha città che nol voglia suo. Nelle sue elegie si propose di imitare Callimaco e superò Catullo e Tibullo nella vivacità della fantasia, e nella forza dell' espressione, rimanendo però inferiore al primo nella grazia, ed al secondo nella facilità e nel l'affetto. Si è osservato che Properzio ha voluto coll'elegia tentare i varj generi poetici, e che ora tien del lirico, ora del giocoso, ora del drammatico, or del satirico.

Venendo ora alla traduzione che pubblichiamo, avvertiremo soltanto che ci siamo proposti di dare le poesie di Catullo, Tibullo e Properzio espurgate ad uso delle scuole, in cui non solamente si ommisero gl' interi componimenti, che trattassero materie sconce, ma anche quei brani che in un carme, casto in tutto il restante, avessero una qualche allusione lubrica o pericolosa. Per ciò poi che riguarda il merito del volgarizzamento dobbiamo prevenire, che ci parve di dovere scegliere quello di Raffaele Pastore, come il più adatto alla intelligenza dei giovanetti, a'quali consacriamo questa nostra edizione. Nè avremmo potuto dar la preferenza alla versione, che di Catullo pubblicò il Subleyras, perchè essa non è espurgata, od a quella di Properzio del Vismara, che, oltre al contenere tutto ciò che, come licenzioso, dee essere sottratto allo sguardo de'gio

(1) Tiraboschi, Storia della Letteratura italiana 9 tom. I, cap. 1, 12. -- Mém. de l'Acad. des Inscript., tom. VII, pag. 352.

vani, ha non rade volte per una rima storpiato il testo, od il concetto. A modo d'esempio nell' Elegia XV del libro II, Properzio dice a Cinzia, che le squarciava la veste, ed il Vismara traduce: Farò quell' abito - Di squarci adorno. E chi non vede che qui la rima ha costretto il poeta ad adornare di squarci un abito, mentre, in vere di esserne adorno, ne è deformato ? Nè ci piacciono quelle terzine libere che il Vismara ha introdotte; poichè dall' Alighieri infino al cav. Monti le terzine furon sempre intrecciate le une con le altre in guisa che il secondo verso della prima sia rimato col primo e col terzo della seconda.

Il Vismara si fa lecito di parafrasare in alcuni luoghi il testo, e con ciò gli toglie, almeno in parte, la bellezza. Rechiamone un solo esempio tolto dall' Elegia V del lib. II, la quale contiene un'invettiva contro la licenza di Cinzia. « Seriverò, le dice il poeta, quello che la lunga età non può cancellare; e quantunque tu disprezzi le voci della fama, pure questo solo verso ti farà impallidire: Cynthia forma potens, Cynthia forma levis ». Il traduttore, lungi dal traslatare quest'ultimo verso con energia, lo indebolisce parafrasandolo :

Cinzia di fuor bellissima

A chi quel volto vede;
Cinzia bugiarda maschera,
A chi a quel volto crede.

;

Talvolta lo stile di questa versione è ricercato, e talvolta basso. La voce puella è pressocchè sempre tradotta con la parola ormai vieta di Madonna e nell' Elégia XXI del lib. II, si sostituisce al suus pulcher amator la volgare espressione: quel tuo bel mobile.

Noi siamo d'avviso che chi traduce per le scuo

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le debba essere traduttore fedele come il Salvini, e non parafraste leggiadro; poichè dee delineare correttamente il primo contorno e conservare il particolar carattere dell' autore dietro al quale va lavorando, onde i giovani sieno come condotti per mano a conoscerne il senso e le bellezze. In tal guisa ha adoperato il Pastore, che per ciò è stato introdotto e letto nelle scuole.

C. VALERII

CATVL LI

POEMATA

m

POESIE

DI

C. VALERIO CATVLLO

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